VI.
- Messer Floriano, saltò
a dire tutto ad un tratto il feudatario di Nicastro col suo più gotico cipiglio
da medio evo, - scendete dal signor Guardiano del Lazzaretto, declinategli
sillaba per sillaba il mio nome, cognome, titoli, qualità e privilegi,
acciocchè ci sia apparecchiata una dimora confacente al nostro decoro.
Il maggiordomo teologo
uscì gravemente dalla stanza, ove ebbe a tornare dopo brev'ora rovesciando a
piedi del padrone filosofo due smilzi materassi e quattro queruli cavalletti.
- Cos'è questo
sbaraglio? chiese l'ingenuo viaggiatore di Sardegna che nel frattempo s'era
svagato a contare i travicelli e le ragnatele del soffitto, i mattoni del
pavimento, i vetri delle finestre, e i chiodi delle muraglie con pochissimo
conforto della sua grand'anima virtuosa.
- Ecco il letto di Sua
Eccellenza... ed il mio: rispose con cristiana rassegnazione Floriano,
frapponendo come sapeva meglio alle due clausole della risposta, e collo
svagarsi della voce e coll'umiltà del gesto e col chinar delle palpebre
quell'infinita distanza che Dio pose fra uno stemma di barone e uno
smoccolatoio di sacristia.
- Capisco un pochino!
brontolò il Barone - converrà farsi Ateniesi ad Atene, come voleva Anacarsi, e
perciò Lazzari al Lazzaretto. D'altronde la virtù è un gran conforto; nè
dormendo con santa pazienza sopra un materasso, invidierò punto le rose di
Sibari e i profondi piumini di Nicastro. Ciò nondimeno la pazienza non impone
di mettersi a mucchio col servidorame!... - Signor Floriano; aggiunse meno
sommessamente; stendete il mio letto qui fra la porta e la finestra; il vostro
potrete acconciarlo sul corritoio, e tenetevi pronto ad ogni mia chiamata.
- Obbedisco; rispose il
fedel servitore persuadendo i cavalletti a voler prestare il loro uffizio sotto
il materasso del padrone. - E tuttavia, riprese con un sospiro, la persona più
sventurata che respirò sotto questo tetto non è per certo la persona di Vostra
Eccellenza!
- Lo credo bene! disse
Sua Eccellenza con un sorriso di compiacenza. - La virtù ha le gambe lunghe, e
galoppa un buon tratto innanzi della fortuna.
- Per arrivar dove?
chiese sottilmente il sagrestano.
- Per arrivare... per
arrivare.., oh bella! per arrivare dove arrivano tutti, rispose il Barone.
Bel costrutto d'essere
virtuosi! avrebbe sclamato un papagallo. Non così Floriano, che avrebbe
ingoiato un epigramma a rischio di creparne, anzichè sputarlo in viso alla
morale.
- Le disgrazie,
soggiunse egli stendendo le lenzuola; sono come il lievito nel pane, fanno
crescere la virtù.
- Dov'abita virtù non possono
essere vere disgrazie; rimbeccò trionfalmente il Barone.
- Saranno dunque false,
continuò Floriano, ma sempre degne di compassione. Dabbasso, per esempio, in
una stanzaccia da mettervi a maturare le sorbe, vidi quelle due signore venute
da Cagliari, delle quali credo non sian mai vissute dopo Giobbe più infelici
creature. Si figuri che, a quanto ne disse il guardiano, la guerra delle Indie
le ha fatte orfane, la febbre gialla vedove, un naufragio povere, e l'avarizia
del Capitano nude affatto fin dell'ultimo quattrinello!
- Esse sopportano con
filosofica giovalità le dure percosse del destino; rispose il Barone avviato ad
uscire dalla stanza - andrò a consolarle com'è mio dovere.
- Perdoni! tocca al
limosiniere; oppose Floriano sbarrandogli l'uscita.
- Gran babbione che sei
divenuto poichè perdemmo di vista il campanile di Nicastro! ribattè il Barone.
Vorresti trattare due nobili dame come le fossero cenciose di Campidano?...
Alessandro tenne ben altri modi colla sventurata famiglia di Dario!... Ti ripeto
che andrò io stesso.
E in ciò dire, rimosso
d'un gesto lo zelante limosiniere, s'avviò pel corritoio, scardassando il pizzo
dei manichetti.
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