XII.
Pertanto appena arrivato
a Cadice il Governatore lo volle a sè, e diessi a palpeggiarlo in sì curiosa maniera,
che i sessantaquattro quarti del Barone di Nicastro si levarono a romore. E
l'andava bofonchiando, che non la ci stava per nulla di abburattarlo a quel
modo, e ch'egli era stato assassinato lungo la via da una banda di Carlisti,
che dalla porta di città a quella dell'Albergo un centinaio di accattoni aveva
compito l'opera, che una comitiva di dodici hidalgos appositamente
soldata faceva malleveria della sua nobile persona, e che alla fin fine poi
egli era padrone di correre le cinque parti del mondo in traccia della virtù, e
di viaggiare la Spagna
con un passaporto della Regina, senzachè i grilli d'un Governatore...
- Alto là, signor mio,
gli diè sulla voce il Magistrato, - Ella ha forse dimenticato che vi sono due
Spagne...
- Misericordia! sclamò il
Barone.
- Sì certo; riprese il
Governatore. - La Spagna
della Regina, dei Capitani Generali e dei Ministri, e la Spagna delle Cortes, dei
Governatori e dei pronunciamientos. Ora Vostra Eccellenza, ha viaggiato
con un passaporto della Regina la
Spagna della Regina; e un dispaccio telegrafico della
Presidenza del Parlamento ci ordina di farle viaggiare per comando delle Cortes
la Spagna
delle Cortes.
- Uno e uno che fan due;
contò sulle dita il Barone.
- Commise una grave
imprudenza la Signoria
Vostra, continuò il Governatore, fomentando la guerra civile
col prodigar denari ad una masnada di banditi.
- Ma se le dico che mi
hanno svaligiato! gridò Don Camillo.
- Non si tratta di ciò;
soggiunse l'altro. - Si tratta che il supremo magistrato della nazione chiama
Vostra Eccellenza a Madrid per fornire i necessarii schiarimenti su
quell'accidente malaugurato.
- Ma per carità! esclamò
ancora il Barone - se io devo condurre a Madrid a tutte mie spese i miei dodici
hidalgos, certo che sarò mangiato per via!
- Non abbia timore;
disse gravemente il Governatore; il popolo Spagnuolo è assai frugale.
- E tuttavia...
soggiunse il Barone.
- Tuttavia, s'affrettò
ad aggiungere l'altro con somma gentilezza, se le tornasse più comoda una
scorta di guardie nazionali, tutto sarà disposto in maniera ch'ella arrivi sano
e salvo alla sbarra delle Cortes.
Infatti quattr'ore dopo
il Barone di Nicastro uscì dalla stessa porta di Cadice che l'aveva veduto
entrare il mattino, e fra un debito rastrello di picche e di baionette riprese
a piccole giornate la via di Madrid. Giunto nonpertanto a Granata, trovarono
che vi si era fatto un pronunciamiento contro il pronunciamiento;
che la guarnigione e i sobborghi aveano rialzato lo stendardo dei Ministri, e
che la città s'era messa in arme per difendere la bandiera del Parlamento. Le
guardie nazionali di Cadice furono le mal capitate; si sparò loro addosso
d'ogni parte, cinque o sei rimasero morte, tre furono trattenute per ostaggi
dai cittadini, e quattro fatte prigioni di guerra dalle milizie. Il Barone,
mandato sossopra colla lettiga, ebbe la ventura di scivolare fra le gambe dei
combattenti, e ricoverarsi nella bottega d'un fruttivendolo; ma si sentiva
qualcheduno alle calcagna, e malsicuro nella bottega, s'addentrò in un
cortiletto; dal cortiletto scese in un andito, infilò all'impazzata una scala,
e su per essa come il diavolo. Ma aveva un bel che fare il filosofo! sempre gli
stava addosso un romore precipitoso di passi, e sembrava che il persecutore
fosse pratico della casa meglio di lui. Giunto in una camera a soffitta
senz'altre scappatoie, il Barone saltò dentro un letto, avvoltandosi come
meglio poteva nelle lenzuola; ed eccogli tosto sopra un granatiere negro come
il peccato, che girava tutto all'intorno due occhiacci spiritati. Costui non
tardò ad accorgersi d'un naso livido livido non ben nascosto dalle coltri, e
saltò egli pure sul letto, improvvisando una coroncina di quattro o cinque
bestemmie spagnolesche.
- Ah cane! hai cuore di
ficcarti nel mio letto!
- Scusate; fu proprio
per isbaglio; rispondeva il Barone accapigliandosi con quell'indemoniato.
Tira di qua, tira di là,
i due lottatori sudavano come ova al foco; e Don Camillo adoperava del suo
meglio per tener sodo, non sapendo cosa avrebbe fatto il suo avversario dello
stiletto che aveva fra i denti, una volta libero delle braccia. Finalmente in
un ultimo sforzo opposto dal barone alle strappate dallo Spagnolo, questi andò
rovescione sul pavimento, e un'ala intera della sua divisa rimase fra le unghie
dell'avversario. Quell'uomo, lo credereste? quell'uomo era una donna!
- Una donna! mormorò il
signor Nicastro chiudendo pudicamente le ciglia, come pronto a dimandar
perdonanza.
- Sì, una donna! gridò
il granatiere rizzandosi furiosamente. - Una donna che ti farà assaggiare
quanto valgano in guerra le dame spagnuole, le amazzoni ministeriali!
E non erasi ancor
riavuto dalla sorpresa, che già il povero Barone avea buscato un paio di
coltellate: un paio, badate, nè più nè meno: dopo di che l'eroina di Granata se
lo caricò in ispalla, attraversò la mischia, fra lo scoppiar degli applausi e i
fischi delle palle; nè fu contenta se non lo depose nel Palazzo di Città ai
piedi del Capitano Generale.
- Vivano le donne
spagnuole, le prime granatiere del mondo! gridò questi scotendo generosamente
la mano della sua alleata.
- Mi vedrete sempre
nelle prime file al momento del pericolo! sclamò la megera. La divisa del primo
soldato che cade nella mischia veste il mio petto come una corazza invincibile!
Ne ho raccolte e indossate dodici in dodici rivoluzioni, e domandate a tutta
Granata se furono vendicate!...
- Sì!... È vero!... Le
ha vendicate con usura!... Vivano le donne spagnuole! vociavano i conservatori
arrabbiati di cui era piena la sala.
- Viva il Capitano
Generale! urlò la granatiera.
- Viva, viva! risposero
tutti.
La donna si precipitò
dalla porta per qualche nuova impresa guerresca, la folla le fu dietro
sbraitando e scalpitando; rimasero soli il Capitan Generale che aveva finito
poco prima di far colazione, e il filosofo Pitagorico, che, accoccolato come un
sacco di cenci, perdeva il sangue a rigagnoli. Per fortuna le due ferite non
erano gravi, e con poche filaccie e alcuni spruzzi di acqua gli si riapersero
gli occhi, e lo si rimise convenevolmente sulle gambe.
- Voi combattevate per
le Cortes insieme ai ribelli! gli ruggì nelle orecchie il Capitan Generale.
- Cioè... mormorò il
Barone che a mala pena si reggeva.
- Por todos los y por
todos las! gridò il Capitano - si sa che venivate in città con un soccorso
di guardie nazionali, e non era certo per farvi gli esercizi spirituali.
- Nondimeno...
s'intromise fiocamente Don Camillo.
- Cospettonaccio! volete
sempre parlar voi! sclamò l'altro con voce ancora più forte. Ricordatevi ch'io
non uso dire le cose due volte!
- La fa bene assai; soggiunse
il Barone; ciò potrebbe recarle disavventura.
- Quattro soldati e un
caporale per far la festa a questo forestiere! gridò avvicinandosi alla porta
il Capitan Generale. E come furono venuti: - Guardate; riprese egli, rimovendo una
cortina della finestra e additando al condannato le quattro guardie nazionali
di Cadice appiccate in bell'ordine nel mezzo della piazza; guardate il bel
giuoco che vi attende. Se fossimo un po' tranquilli vi farei quattro righe di
processo, ma mi scuserete per la fretta.
- Ecco la virtù
ricompensata! mormorò il Barone. Tutto perchè vi sono due Spagne in vece di
una!
|