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Ippolito Nievo
Il barone di Nicastro

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  • IL BARONE DI NICASTRO
    • XVIII.
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XVIII.

 

Il Barone Camillo Bernardo Lucio Clodoveo di Nicastro, andò, vide e non tornò. La spedizione degli Astronomi riprese terra a Nuova York dopo due anni, ed altro non seppero narrare del filosofo di Sardegna senonchè egli era un pazzo, un pusillanime e che lo avevano perduto di vista in California. Il giudice aspettò ancora due anni, e non vedendolo ricomparire gli scrisse una magnifica necrologia sulla rivista di Filadelfia, e saldati così i conti dell'amicizia lo pose cogli altri vecchiumi nel dimenticatoio continuando a covare la sua comoda filosofia, a guadagnar de' bei dollari nel commercio de' cotoni, e a sputar sentenze nel tribunale. Dopo altri tre anni all'incirca egli si stava trinciando la pollanca del mezzodì, quando un vecchietto monco, zoppo, guercio, calvo e sdentato gli si rovesciò affettuosamente addosso gettando via una stampella sulla quale si appoggiava. Il giudice mezzo strangolato gridava per lo spavento, e l'altro pure gli si appiccicava colla bocca sulle guancie strillando:

- Che?... non mi conoscete?... Proprio non mi conoscete?

- No, non vi conosco; vi dico che siete un forsennato, rispondeva dimenandosi il giudice.

- Guardatemi! sono il Barone di Nicastro; sclamò allora quel mezz'uomo.

- Il Barone?... voi?... conciato a quel modo? soggiunse strabiliando l'Americano.

- Per aver corso sulle traccie della virtù! per aver troppo indarno cercato l'accordo della duplicità contraddicente nel trino completamente dialettico! gridava il disgraziato Barone. Eccomi che torno a voi, senza denti, senza capelli, con un occhio, un braccio, ed una gamba di meno.

- Non vi saprà male ora di averne due; riprese il giudice dopo averlo abbracciato con qualche cautela. - Ringraziate madre natura di avervi munito d'un ripiego.

- Oh bel ringraziamento! sclamò il Barone circolando intorno alla sua gamba come sur un piuolo. - E se madre natura ci avesse dato tre gambe, tre braccia e tre occhi, non avrebbe provveduto meglio?

- E il vostro segretario, domandò con un colpetto di tosse il signor giudice, lo avete poi riveduto?... O ci venite dal paese de' selvaggi?

- Qual acerba inchiesta mi fate! rispose Don Camillo. - Floriano la Tesoruccia li ho mai più veduti. - Peraltro, continuò picchiandosi sulla tasca da petto, se non ho ancora trovato in Asia, in Africa, in America, in Australia l'alleanza della virtù colla felicità, ho trovato un altro documento del pari rilevante!... l'avevo sempre detto io, che Canistro è un nome storico Indiano!... Ora sappiatelo, amico!... La Tesoruccia ha poco meno di centoventisettemila quarti!... È la ventimillesima pronipote del Semidio Visnù!... Un Bramino della Pagoda di Rameserum mi ha certificato con atto autentico che essa appartiene alla sua famiglia!... Io potrò offrirle la mia mano... potrò...

- Dio voglia che possiate molto! lo interruppe l'Americano. - Ma ditemi; continuò egli scrutando l'arnese del Barone che non era de' più puliti; non sareste caduto per avventura in qualche strettezza?... Mi capite... ruberie... fallimenti! Non già ch'io sia in grado di ripararvi per ora... ma...

- Oh che diavolo mi rompete il capo? soggiunse il Barone. - In tutti i miei viaggi ho perduto sì una gamba, un occhio, un braccio, i denti, i capelli, ma non ho speso due soldi... Qui poi presso la casa W. Y. Z. ho trovato sei credenziali di seimila dollari l'una, speditemi d'anno in anno da Floriano; solamente mi manca quella del settimo, ma...

- O carissimo amico, o luce degli occhi miei!... qual fortuna il vedervi!... qual dolcezza l'abbracciarvi! sclamò gettando ogni riserbo il giudice filosofo. - Per carità, accomodatevi, sedete, mangiate, bevete, raccontate...

- Non due cose alla volta per carità! disse il Barone.

- Or bene, riprese l'altro: narratemi come vi siete diviso dai nostri scienziati.

- Vi narrerò tutto; soggiunse Don Camillo; ma prima vi prego di starmi da questa banda, perchè una maledetta prigione della Cina mi ha rovinato i timpani e non ci odo quasi nulla dall'orecchio diritto.

- L'Americano accomodò l'amico d'un sì lieve favore, e il Barone, recitato per testo del racconto il noto verso:

 

Infandum, regina, jubes renovarem dolorem,

 

si raschiò la gola, e imprese a narrare le infinite disgrazie della sua Odissea.

 

 

 




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