XXV.
Don Camillo di Nicastro,
varcato ch'ebbe il Cenisio, un bel mattino di luglio, precipitò a Torino, e col
vapore a Genova. Oggimai le sue brame erano vicine ad appagarsi, e il cuore,
che non avea sofferto mutilazioni, gli batteva a suon di musica nel petto. -
Floriano?... domandò egli, - la
Tesoruccia? Nessuno se ne ricordava, nessuno seppe darne
novella: e il Barone nella sua vigorosa eloquenza castellana prese a sputar
fiele contro il destino, che non potendo guastargli altrimenti quell'ultima
felicità, gli avea trafugato la fidanzata. E dire ch'egli le recava dalle Indie
centoventisettemila quarti, e una mano di sposo!... - Egli prese a correre
l'Italia per tutti i versi tanto di svagarsi; ma un cotal viaggio non era
quello che facesse all'uopo e da Genova a Milano, da Milano a Venezia, da
Venezia ad Ancona; da Ancona a Palermo, da Palermo a Napoli, da Napoli a Roma,
da Roma a Firenze e da Firenze a Genova il misero Barone non fece altro che
piangere.
- O Tellus Saturnia!
o magna parens frugum et virum! diceva il pover'uomo... e non diceva di più
perchè i singhiozzi lo soffocavano. (Se volete crederlo, piango ancor io
scrivendo).
Peraltro tornando a
Genova una fievole lusinga gli persuadeva che Floriano e la Tesoruccia fossero in
Sardegna; ma affralito com'era dai patimenti la minaccia d'un tragitto per
mare, a lui che sempre sì infelice era stato in simili viaggi, sembrava esser
tutt'uno come una condanna di morte. Correva adunque per le coste spettanti la Sardegna in cerca d'un
porto donde la passata fosse la più breve, imitando il cane che per seguir il
padrone oltre il fosso corre su e giù per la riva in cerca del salto più
agevole. Arrivò a Livorno che monsieur Arban si preparava al suo
penultimo viaggio aeronautico. Un'idea luminosa gli balenò pel capo... Se
tornassi a Nicastro in pallone?...
- Monsieur Arban,
io sono malcontento del mondo, ma della vostra nazione meno che delle altre, -
voi siete frivoli, volubili, ciarlieri, vanerelli, scapestrati, ma vi invaghite
facilmente della gloria, che è almeno l'ombra d'un ideale; favoreggiate l'arte
che è la forma dei buoni sentimenti, e comprendete la carità, che è l'istinto
della virtù; insomma portate non indegnamente il triplice stendardo delle razze
latine, e non siete nè tanto sciocchi, nè tanto manchevoli, nè tanto bugiardi,
come si dice. - Ora favorite dirmi da che banda spira il vento?
- Da levante, signor
mio; rispose sbalordito l'aeronauta.
- Ottimo per la Sardegna; quanto volete a
condurmivi?
- Dodicimila franchi.
- Sta bene; contratto
fatto.
- Il Barone contò dodici
biglietti di banca, e fra gli schiamazzi del popolaccio fu adagiato nel
navicello come voleva Monsieur. Alla fine la corda fu tagliata; essi
salirono perpendicolarmente otto mila metri; indi cominciarono a volar verso
sudovest colla rapidità di cento chilometri l'ora; e alla fine scomparvero
nell'azzurra lontananza, che ogni testa di Livornese guardava ancora in alto,
come quella del gallo che canta.
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