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Ippolito Nievo
Il barone di Nicastro

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  • IL BARONE DI NICASTRO
    • XXVI.
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XXVI.

 

La felicità, la virtù e la perfetta armonia Don Camillo di Nicastro non fu fortunato di trovarle neppur sopra le nuvole; poichè tra lui e monsieur Arban non furono che continui alterchi, e lamenti, e rampogne, ora perchè il barone movendosi facea tentennare il navicello, ora perchè l'aeronauta per cogliere una corrente d'aria più elevata, s'addentrava semprepiù nella zona ghiacciata, dove il filosofo temeva di perdere il naso. Ma finalmente scoprirono la Sardegna, e il signor Barone ebbe uno schianto di allegrezza al vedere che il pallone quasi animato dall'anima sua si dirigeva difilato sopra Nicastro.

- Monsieur Arban, diceva egli colle lagrime agli occhi guardando per entro un telescopio - vi perdono i vostri rimproveri... Veggo Nicastro!... Nicastro, capite; il castello degli avi miei, che ne portarono il nome dei loro antenati di Sicilia, i quali lo volgarizzarono a quanto si crede dal saracino Nik-as-roem!... Oh ecco!... ho scoperto il campanile della chiesa, e la colombaia, e la terrazza!... Oh mio Dio!... Floriano!... Sì veggo proprio Floriano al finestrone della sala!... Misericordia!... È lei! È la Tesoruccia, che dorme il sonno dell'innocenza!... Oh che tu sia benedetta!... Non ha perduto niente ella in tutti questi anni; anzi... ha acquistato, ha acquistato!... Guarda!... ha già preparato la cuna pel nostro futuro erede!... Oh, salve, sposa e colomba mia! salve, desiderata!

- Cheto, cheto, parbleu! gridò monsieur Arban. - Non vedete che scendiamo a piombo?

Infatti il pallone calava rapidamente, come una allodola che sospenda l'inquieto giocolare dell'ali; e gli oziosi della piazza di Nicastro avendo dato la voce al paese, tutta la gente erasi accalcata a vedere qual potesse mai essere lo stranissimo uccello.

- Ignoranti, gli è un globo aerostatico quello! sentenziò lo speziale - non vedete che per esser un uccello gli mancano le ali e la coda?

Intanto monsieur Arban manovrava del suo meglio; ma il Barone intento nel suo cannocchiale si dimenava tanto per la commozione e la gioia che ad ogni momento la cesta accennava di stravolgersi.

- Fermo, per carità! gridò colla voce serrata fra i denti monsieur Arban, stiamo per rasentare il campanile

Figuratevi peraltro se il Barone poteva frenarsi vedendo la Tesoruccia svegliarsi languidamente dalla sua siesta e balzare di letto! Egli mosse un tal salto sul suo sedile, che la macchina intiera piegò a sinistra, le corde imbrogliandosi nella croce del campanile andarono a pezzi, e il pallone riprese un'altra volata, e la cesta coi due viaggiatori precipitò nel bel mezzo della piazza.

- Che è, che non è?... - Due uomini! - Son morti? - Son vivi?... v'è il signor Barone Camino! - Che? risuscitato? - No! cascato dalle nuvole! - Ben tornato, Eccellenza! - Grazie, ahi! - Come sta? si è fatto male? - Nulla! mi si è rotto la gamba. - Dunque presto, il medico. - No, piuttosto il falegname poichè l'era di legno. - E voi, signore? - Oh c'est rien: il Barone ha fatto il possibile per ammazzarmi; ma noi Francesi nous ne sommes pas des souris.

Cotali erano i discorsi della folla che si rimescolava dinanzi la spezieria; durante i quali il Barone avea ripreso la stampella e a braccetto di monsieur Arban, col codazzo dei vassalli, fra gli evviva e le schioppettate s'avviava verso il castello.

- Zitto, figliuoli miei! disse egli al corteo come giunsero ad un gomito del poggio, oltrepassato il quale il romore poteva facilmente udirsi fino in castello. - Zitto, voglio fare a Floriano ed alla Tesoruccia una bella improvvisata!... Fate che al chiasso non s'accorgano di qualche venuta straordinaria.

I paesani si arrestarono così mutoli che parvero rane al sorger del giorno: il Barone Camillo e monsieur Arban, si avanzarono soli e a tacito passo nell'atrio moresco del castello di Nicastro.

 

 

 




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