II.
Questi, che a voi e a me
paiono sogni, sono tuttavia sbiadito riverbero d'arcane emozioni che
s'avvicendavano nel cuore d'una giovinetta contadina, seduta sullo sterrato ora
descrittovi all'imbrunire d'uno splendidissimo giorno d'agosto; nè crediate
ch'io imprenda a narrare un'istoria vecchia, giacchè parlo dell'agosto ora
passato. Giovinetta e contadina era, come vi dissi benchè con tali qualità
contrastassero la fronte grave di pensieri, e la pelle del viso e delle mani
morbida e bianchissima: ciò nullameno quello, che per siffatto modo la
disformava dalla comune delle sue compagne, era una gravissima sciagura: e
tutti conoscevano nei paeselli all'intorno la Celeste o la Pazza del Segrino, come la
chiamavano dalla sua consuetudine di soffermarsi ore ed ore a contemplare
nell'acque nereggianti del lago la propria immagine. - Dunque ve l'ho già detto
- la povera fanciulla era pazza; pazza dalla nascita, ora carezzevole come una agnellina,
ora salvatica più d'una capriola; talvolta sorridente come un fiore spuntato ad
un bacio tardivo del sole, tal'altra melanconica al pari dell'acqua ove godeva
specchiarsi; sempre poi timida e buona, chè mai non aveva ella fatto alcun
male, anzi era suo costume soccorrere quando poteva ai bisognevoli, massime ai
vecchi; e sulla strada, che dal paesello vien fin sotto alla capanna, il
mendico era certo di trovar sempre la Celeste appostata dietro un masso per offrirgli
un tozzo di pagnotta od un quattrinello. - Da ciò conoscerete che la ragione,
sebbene offuscata d'assai, non era però affatto spenta in quella creatura.
Infatti era ella venuta crescendo come ogn'altra fanciulletta fin sui sette
anni, quando sua madre con un capitaletto ereditato dal marito e certi suoi
civanzi (chè la Marta
come filatrice e buona massaia era tra le prime) aveva comperato quella capanna
sopra il Segrino, e tutto intorno un venti pertiche di montagna, delle quali a
poco a poco intendeva ridurre un buon quarto a coltura e così prepararsi un
ricovero e qualche agio per la vecchiaia. Ma la vecchiaia o meglio l'impotenza
l'ebbe ad incogliere assai prima del tempo; e fu per una caldaia che
piombandole di peso sulla mano la rese affatto monca e storpiata; onde
immaginatevi in quanta angustia cadessero le due tapinelle da quella prima
lusinga d'agiatezza! - Trovarsi a quarantacinqu'anni così impotente fu un gran
colpo per la povera Marta; e peggio poi perchè in quel torno la si cominciò ad
accorgere di certe stranezze della Celestina che le davano da temere non poco.
Per verità la cosa non era ancor giunta a tale da far presagire tutta intera
l'acerba sciagura; ma pareva che il suo cuore materno la presentisse; e quando
le vecchie comari, all'udire certi ragionamenti della bamboletta affatto fuori
del comune, strabiliavano, e se ne consolavano con lei, ella all'incontro
dimenava il capo non sapendo darsene pace. La Celeste intanto cresceva
di statura e di bellezza; ma pur troppo i vaghi timori della Marta s'andavano
saldando, e buon per lei che alla conoscenza d'un tanto male la venne a poco a
poco; chè se lo avesse discoperto tutto d'un colpo, guai alla poveretta!...
Quelle sue amiche pertanto l'andavano interrogando, e perchè non la mandasse la
piccina alla scuola, e perchè non se ne valesse per guardare al pascolo una
dozzina di pecore; nè si accorgevano quelle benedette donne del cruccio che
davano grandissimo alla Marta con tali discorsi. - Invano sperò questa che,
lasciando fare alla natura, la fanciulletta sarebbe insavita di per sè, o che
giunta sui dieci anni le sue parole e qualche po' di lavoro l'avrebbero, come
si dice, assodata! Nessuna cosa valse; e se vi fu qualche lusinga di guarirla
colle occupazioni campestri, alle quali sembrava oltremodo inclinata, l'ardore
stesso e l'ostinazione con cui mettevasi a tali faccende dimostravano in breve,
che s'era scambiato per principio di guarigione un nuovo sintomo di malattia.
Se da queste trepidazioni fosse lacerato il cuore della Marta, non è a dire; e
un nuovo tormento si aggiungeva di vedere la sua figliuoletta fatta come lo
zimbello dei ragazzacci del villaggio, i quali si ridevano di lei in ogni
incontro e delle sue stramberie, incitandovela sovente; anzi una volta per tale
cattiveria la sventurata ebbe a correre un gravissimo pericolo. Chè camminando
ella in riva al Segrino, abbattutasi in una frotta di que' serpentelli, uno di
questi le si mise dietro a persuaderla che entro in quell'acqua erano cose
vaghissime a vedere, ed ella poverina ad arrossir tutta per la grande curiosità;
e coloro a gridarle in coro, che la provasse, e che ne sarebbe stata contenta;
onde finalmente la semplicetta vi saltò entro, e mentre que' capi guasti
avvistisi della grave colpa commessa si sbandavano chiamando soccorso, ella vi
sarebbe annegata, se un figlio dello speziale, già grandicello accorso al
rumore, non avesse salvata la vita di lei a rischio della propria. E da ciò era
nata una specie di amicizia fra questo garzoncello che aveva nome Giuliano e la Celestina; sicchè dessa
gli si mostrava arrendevole meglio che ad ogni altro, e la stessa Marta
disperando talvolta di ridurla a qualche suo volere, doveva ricorrere a lui.
D'una cosa sola non fu possibile svezzarla per quanto Giuliano vi sudasse
dietro per le preghiere della vecchia; di perdere cioè alle volte l'intero
giorno sulla riva del lago, parlando ora con esso, ora coi pesciolini che
raccattavano le briciole del suo pane: e cosa da stupirne, una tale mania
sembrava esserle sopraggiunta dopo che l'aveva corso quel pericolo d'affogare.
Ad ogni modo la Celeste
guadagnò da questa sua pratica d'aver mutato il primo soprannome di Matterella
nell'altro più poetico di Pazza del Segrino; e i fanciulli non la molestavano
più, anzi mirandola da lunge seduta sulla roccia colle gambe penzoloni sull'acqua,
fermavansi a guardarla con una tal qual venerazione.
Di questo modo erano
corsi degli anni molti; e nella sua disgrazia la vecchia Marta aveva se non
altro avuto la ventura di potersi aiutare, sia colla mano che le rimaneva, sia
colla valentia contadinesca della figliuola, a dissodare quelle tre o quattro
pertiche di spianata. E col prodotto dei gelsi piantativi all'intorno, e dei
pochi legumi e delle poche agnelle menate a pascere sul resto della costiera, la Celeste tirava innanzi la
famigliuola. Ma come si può ben credere quelle due anime passavano talora
tristissimi giorni; e senza contare le tetre malinconie cui si perdeva sovente la Celeste, o le lunghe
assenze che tenevano dolorosamente sospeso l'animo di sua madre, il solo timore
d'una malattia, che venisse a questa, bastava a volgere in angoscia ogni
momento di requie. - Però è pur vero che l'uomo a tutto s'assuefa: e col volger
del tempo la Marta
s'era avvezzata al tenore di vita della giovinetta; sicchè rassegnandosi a
lasciarla sotto la protezione di Dio, valevasi di lei per le sue faccenduole,
come delle bambine appena atte a camminare sogliono giovarsi le povere donne di
campagna.
|