IV.
Giuliano, intanto, dopo
veduta la Celeste
entrar sana e salva nel tugurio, avea ripreso per la strada di Canzo camminando
a gran passi, e volgendo l'occhio quasi lagrimoso alla luna, che a quella cupa
valle del Segrino aggiungeva mestizia togliendole gran parte d'orrore. - Nulla
infatti di più melanconico e riposato aspetto, che quel lago alpestre, contemplato
nel silenzio d'una bella notte d'estate; sicchè io stimo che creato apposta per
quella penombra di meditazione e di mistero, faccia esso poi al sole quel
brutto viso che tutti conoscono.
In breve il giovine
pervenne ad un luogo, dove la strada già toltasi dal livello del lago si parte
in due; ed egli lasciata allora quella di Canzo, prese sulla diritta entro una
valle amena e tortuosa dove sulla prima ripiegatura del monte scorgevasi un
bianco e vasto caseggiato. - Sudava egli per la foga del cammino, e per la
fatica durata a seguir la
Celeste; pure i denti gli scricchiolavano talora come per
l'agghiacciamento della febbre, e il cuore, sul quale premeva spesso della
mano, balzavagli nel petto più che non suole dopo una salita precipitosa.
Giunto presso al portone di quell'abitato parve gli vacillassero le gambe, onde
si puntellò col gomito ad un muricciuolo, e così stette alquanto finchè,
rinvenuto alla consueta gagliardia, si rizzò impetuosamente, e movendo un gesto
disperato, corse giù per un sentiero che seguiva il muro di cinta; poi dove
questo s'apprende ad una siepe foltissima, facendosi largo per entro al fitto
dei rami con ambe le braccia, senza badare alle carni foracchiategli da ogni
banda, penetrò in un'ortaglia, e così guadagnò il lato posteriore della casa. -
Tutto taceva in questa, benchè fossero appena le nove; solo una finestrella dei
mezzanini appariva illuminata, sui vetri della quale disegnasi di tratto in
tratto una svelta figura di giovinetta. Certo costei se ne stava ansiosamente in
ascolto, poichè appena Giuliano fu giunto lì sotto, il lume sparì, e un minuto
dopo ricomparve ad un balconcello del pian terreno, dove tra le spesse
inferriate si mostrò la testolina stessa che prima vagolava dietro la vetriera
del piano superiore. L'era per vero dire una testolina angelica, e s'anche non
avesse somigliato alla Beata Vergine del Rosario, come pretendeva la Celeste, il nome di
Madonnina non le sarebbe andato male. Certo poi a vederla per quel breve
pertugio difeso dalla grata col chiarore della candela che le pioveva sulla
fronte purissima, la si poteva facilmente scambiare per una di quelle immagini,
che la devozione degli avoli nostri dedicava a Maria sullo svolto d'una
contrada, o nel cantuccio d'un portico.
- Giuliano! chiamò ella
con tal voce che pareva un singhiozzo sporgendo la mano dal finestrello.
- Son qui! rispose con
grave accento il giovane toccando quella mano della punta d'un dito, quasi
temesse trattenendola di manifestarle il tremito che aveva per tutta la
persona.
Nè dopo così semplice
scambio di parole ebbero cuore per lunga pezza d'aggiunger altro. - Fu Giuliano
il primo che dopo molti sforzi giunse a signoreggiar tanto tumulto d'affetti.
- Camilla! diss'egli. -
Voi aveste la mia lettera? voi già sapete a qual fine son venuto!... Sì, sì...
Io indovino dalla vostra voce!... Or dunque non sarà necessario ch'io vi ripeta
come l'onore, il dovere mi comandino di salutarvi questa sera per l'ultima
volta!
Ma la giovinetta
singhiozzò così forte che quasi ebbe a cader rovescioni; senonchè fu a tempo di
avvinghiarsi coll'un braccio all'inferriata.
- Cos'è questo? proseguì
il giovine appoggiandosi egli pure alla muraglia per non dar segni di debolezza
mentre s'apprestava ad infondere altrui rassegnazione e coraggio. - Voi sapete
pure ch'io avevo deliberato di separarmi da voi già in fin da quando la mia
presenza in casa vostra parve dolere a vostro padre. Siccome vogliono accasarvi
bene, ed hanno ragione, capite, hanno ragione a volerlo, così non era
conveniente ch'io, in procinto d'essere affatto rovinato, vi togliessi col
seguitar la mia pratica un qualche vantaggioso partito. - Sapete pure che non
mi sarei indotto a queste visite apparentemente clandestine, se con una lettera
non mi aveste assicurato della contezza avutane dal signor Ambrogio, e come
egli le avrebbe sofferte almeno sinchè l'ultima sentenza dei tribunali
sopravvenisse a decidere della mia sorte. - Ora, ora, Camilla, conoscete qual è
questa mia sorte, ed a voi come a me unico scampo rimane l'ubbidienza! - Sì,
ricordatevelo, l'ubbidienza; riprese egli al veder un gesto negativo della
fanciulla - l'ubbidienza, perchè si vuole il vostro bene; e volete che ve lo
dica?... Oggi a Lecco seppi per caso certe intenzioni di vostro padre...
- Cosa avete saputo?
sclamò la giovinetta battendo il capo contro la grata e stendendo all'infuori
amendue le braccia.
- Ho saputo che foste
chiesta in isposa già da tempo da vostro cugino Leonardo; rispose affatto calmo
Giuliano - e vostro padre in allora lo pregò d'aver un tantino di pazienza... Oh,
vi giuro che se per una parte ebbi da questa novella uno spasimo indicibile, ne
presi dall'altra una gioia sincera. - Leonardo!... oh che bel cuore di marito
troverete in lui!... - Via, guardatemi, Camilla, non piango io, non ismanio; ve
lo dico anzi tranquillamente, ve ne prego per quanto so e posso che ubbidiate a
vostro padre ed a Dio, che dispose così!... Credetemi che ne sarete rimeritata
con gioie ora imprevedibili, e che pur saranno grandissime e sante; colle gioie
della famiglia!
- Oh mai, mai! mormorò
la giovinetta dando in uno scoppio di pianto.
- Mai? ripigliò Giuliano
prendendola per mano; e questa volta non tremava più giacché un virtuoso
proposito finisce col trasmutare in fortezza anche la pusillanimità. - Mai?
Fate ch'io non oda più questa parola, poichè ben altrimenti m'avete promesso
quando cinque mesi fa vi rividi la prima volta a questa finestra. - Vi
ricordate? - vi tornerò io a memoria le vostre precise parole. - «Sì, Giuliano!
se Dio vorrà un tanto male, ti giuro che mi rassegnerò, e sarò figliuola
ubbidiente!» «Solo a questo patto, io acconsentii a rivedervi; ed ora, ora
ch'io vinco il mio cuore per richiamarvi quella promessa, voi dovete vincere il
vostro per mantenerla.
La Camilla seguitava a piangere in silenzio; ma non
era più lo schianto angoscioso di pochi minuti prima.
- Via, frenate quelle
lagrime: riprese Giuliano tergendosi di soppiatto le ciglia col rovescio della
mano. - Guardate, i miei occhi sono asciutti. Io non piango io, perchè vedo ed
adoro in tutto questo la volontà di Dio. Voi siete di una tempra robusta; e ho
creduto sempre che le donne dovessero somigliarvi per crescere una generazione
degna di portare il nome che noi italiani portiamo. Su dunque, mostratevi degna
di questa mia opinione, - me lo promettete?
- Sì! balbettò la
giovinetta.
- Sì, sì!... questa è la
parola, o Camilla, che vi fa più grande, più buona di quanto mai non foste: ma
bisogna pronunciarla oltrechè colle labbra, col cuore: bisogna che l'opera
secondi il proponimento, e che l'anima vostra non si abbandoni a memorie ed a
sogni proibitivi dal Signore per sempre!... Io, vedete, ho già deliberato; e
siccome fermamente voglio, così non piango, e non soffro più!...
Nel pronunciare queste
ultime parole pareva allo sventurato di essere costretto a lacerarsi il cuore
colle proprie mani; pure fu di animo tale da riprender tantosto:
- Dunque me lo
promettete di piegarvi ai desiderii del padre vostro che vi ama tanto?
- Sì, ve lo prometto;
ripetè la giovinetta con voce, se non appieno sicura, abbastanza però
intelligibile.
- Vostro padre è un uomo
di stampo antico: soggiunse Giuliano, - un uomo che si ammazzerebbe per voi, ma
che ammazzerebbe voi e sè, per fare il proprio dovere. Io lo stimo e lo amo, perciò
son lieto di mostrargli che non siamo da meno di lui. - La ribellione al volere
dei parenti è un'empia, una sacrilega cosa, Camilla, credetelo! chi per le
proprie voglie sconosce i loro santi diritti, e rinnega gli affetti più
naturali, colui è un mostro, od un vile!... Tanto peggiormente vile quanto più
a lui sembra essere un eroe!
La Camilla non piangeva più; e pendeva dalle labbra
di Giuliano, come da lui solo riconoscesse la forza di domare i movimenti
scomposti e passionati dell'anima.
- Due anni fa; prese
ella a dire finalmente rinfrancandosi mano a mano che procedeva nel discorso -
due anni fa, Giuliano, a tutto ciò avrei risposto con dire: Eh via! giacchè non
mi amate, lasciatemi! - Ma ora, ora ho avuto campo di conoscervi a fondo, e vi
amo e vi ammiro pel forte esempio che mi date!... Io dal mio canto cercherò
d'imitarvi, siatene sicuro!...
- No, non fatemi ora la
modesta! - la interruppe Giuliano sforzandosi di dare a questa raccomandazione
un tono scherzoso. - La forza abbonda in voi meglio che in me; e a voi tocca
vincermi di pazienza e di costanza, come d'ogni altro pregio dell'animo e della
mente!... Quasi quasi, al ripensarci ora, mi vergognerei d'essermi messo ad
insegnarvi!... Ma voi, Camilla, mi perdonerete questo peccatuzzo d'orgoglio,
non è vero?
- Oh se sapeste! sclamò
la fanciulla.
- So tutto, so tutto!
rispose affrettatamente Giuliano, cercando risparmiare alla donzella un nuovo
assalto d'affanno. - Seguitate sempre ad essere quella buona creatura che
siete!... Addio Camilla!...
- Giuliano!...
- Addio! e ricordatevi
il vostro giuramento! Dio ci è stato testimonio.
In queste parole il
povero giovine ebbe tanta forza da togliersi dal balconcello, senza più toccare
la mano di colei che amava più della vita e che sapeva di dover allora abbandonare
per sempre. Si diede a correre all'impazzata fino alla siepe; ma là giunto il
cordoglio lo vinse e dovette cadere sulle ginocchia; e così mezzo genuflesso,
mezzo bocconi stette assai tempo che non gli pareva più d'esser vivo. - Alla
fine si rialzò, volse intorno tutto smarrito lo sguardo, e incontratosi colla
luna che sembrava guardarlo pietosamente, si sciolse in un pianto dirotto.
- Animo! fece egli in
breve tra sè - se sono tanto fanciullo da piangere, ch'io sia uomo quel tanto
che basta a tener consolato mio padre!...
E, ciò detto, si rimise
a camminare frettoloso, facendosi vento colla pezzuola e provandosi a
sorridere, onde il suo viso stralunato non movesse le facezie dei giocatori
della spezieria.
- Oh siete qui,
Giulianetto! sclamò il dottore vedendolo capitare di lì a un quarto d'ora: era
tempo, perdiana! seguitando con questo terziglio indiavolato avrei perduto
anche il piattello delle marche.
- Come sei pallido,
figliuolo! balbettò il signor Graziadio facendosi smorto alla sua volta.
- Pallido, padre mio?
rispose egli; - ho fatto un po' di fatica per ridurre la Celeste fino a casa sua, e
siccome laggiù al Segrino trovai dell'umidaccio, mi sarò infreddato. - Oh, ma
non è nulla! aggiunse con un sorriso sedendo in sulla scranna preparatagli dal
medico rimpetto al curato. - Son qui a due partite! n'è vero, don Girolamo, che
vogliamo vincerle?
Il vecchio speziale fu
ingannato da quella noncuranza del giovine; e certi sospetti non lontani dal
vero, che gli si andavano condensando pel capo, si squagliarono via come la
neve d'aprile al primo raggio di sole. - Ciò nostante la partita fu piuttosto
grulla; si parlava poco, si rideva meno, e soltanto il dottore seguitava a
snocciolare le sue dieci barzellette, delle quali ogni sera compariva una nuova
edizione nè migliorata, nè corretta. Il vecchio prete, che quando perdeva era
di tristissimo umore (e vincere non poteva pegli enormi strafalcioni che
andavagli facendo il compagno), fu il primo a trarre di tasca l'orologio. Erano
nientemeno le undici e un quarto, onde fu deciso di piantar a mezzo la partita
e rimetterla all'indomani.
- Giuliano, stasera mi
sapeva di svagato; disse don Girolamo accompagnando verso casa il dottore.
- Eh già, svagato!
rispose questi sghignazzando: per voi, quando perdete, il compagno è o
disattento o bestione!... Ma gli è che voi, voi mio buon compare, giocate a
sproposito!... Stasera anzi Giuliano a parer mio picchiava da professore!
- Uhm!... sarà!
- Gli è, gli è, vi dico.
- E i due amiconi si separavano, per ripetere poi alla sera vegnente una scena
consimile.
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