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Ippolito Nievo
Il barone di Nicastro

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  • LA PAZZA DEL SEGRINO
    • III.
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III.

 

La Celeste, come dicemmo, in quella sera, donde comincia il nostro racconto, sedeva sullo sterrato davanti alla capanna. Gli ultimi splendori del sole coloravano d'un bell'incarnato le sue pallide guancie; ed ella pareva intendere il linguaggio di quella luce, tanto il suo sguardo imbevendosene brillava pieno di gioia. Quali immagini passassero per la sua mente nessuno lo può indovinare; certo dovevano essere graziose e poetiche quanto mai, poiché tali erano l'ora ed il sito; e la pazzia in quella creatura così gentile e delicata sembrava piuttosto altissima divagazione, che mancanza o sviamento d'intelletto. - La giovinetta stette a quel modo un buon tratto; indi levossi e sulla punta de' piedi entrò nel tugurio.

- Mamma! mormorò ella pianamente.

- Oh da brava! l'era tempo che tu rientrassi: rispose dall'oscuro fondo della stanza una voce roca, ma tranquilla.

- Son tornata, che il sole era ancora nel lago; soggiunse la Celeste; ma rimanevo lì fuori per paura di svegliarvi.

- Via, accendi il lume: riprese l'altra.

- Il nostro o quello della Madonna? domandò la giovinetta.

- Il nostro, il nostro; replicò la stessa voce. Oggi, vedi, è Venerdì; e il giorno della Madonna è il Sabbato; te l'ho detto tante volte!

La fanciulla si fece allora in ginocchio dinanzi al focolare; dove, sconvolte le ceneri e rinfocolate quattro bragie, n'ebbe dopo molto soffiare un filo di vampa azzurrognola.

- Via prendi il fosforo! disse la voce.

- No, no, mi piace più a questo modo; lasciatemi fare! rimbeccò la povera scema. E seguitò infatti a dar entro col fiato in quei carboni, sinchè la fiamma fu tanta da apprendersi al lucignolo d'una di quelle lucemette di ferro, quali ne troviamo per ogni dimora, de' nostri contadini, simili nella forma alle lampade sepolcrali degli antichi. - Allora si vide tutto all'intorno quanto possa essere abbellita la miseria dall'ordine e dalla pulizia. Era quella capanna d'una sola cameraccia terrena, e questa più lunga che larga, più larga che alta; i muri affatto greggi, il pavimento a ciottoli, il mobigliare poverissimo; ma tutto appariva lindo e ordinato; il camino, scavato nella parete, serbava appena nel mezzo una lieve traccia di fumo; due o tre laveggi, qualche piattello ed una pignatta stavano sullo sciacquatoio; le pareti s'adornavano qua e là d'alcune poche stoviglie di rame lucidissime, e di parecchie immagini di Santi; nel fondo finalmente torreggiava un letto matrimoniale adorno fino a terra da una coperta di bavella a righe gialle e celesti, alquanto sbiadita è vero, ma sulla quale indarno si sarebbe cercata una macchia. - Pur troppo i timori che da dieci anni angustiavano la vecchia Marta eransi alla fine avverati, poichè ella stessa, la povera donna, giaceva da un mese in quel letto gravemente malata.

- Come vi sentite, mamma? - chiese la Celeste avvicinandolesi con tal atto di amorosa devozione da richiamare alla mente quegli angeli che si dipingono in adorazione a lato del Santissimo.

- Meglio, bambina mia! - rispose la Marta con tal accento che mal s'accordava col tenore della risposta. - Ma tu non devi farti riguardo d'entrare quandochessia. Io, vedi, ho più bisogno di te, che del sonno e del cibo e dell'aria che respiro. - Credevo quasi che tu fossi ita laggiù dalla signora Camilla, o ti fossi attardata sul lago.

- Oh no, mamma; soggiunse la Celeste - la bella Madonnina non vuole che vada a trovarla di sera, finchè voi state male. - E ho vergogna di specchiarmi nella bell'acqua, quando penso che collo starvi così al capezzale vi faccio sorridere.

- Dunque non mi farai più questo male di restartene tanto fuori, n'è vero? riprese la vecchia. Mi prometti di star sempre con me?... Via; me lo prometti?

- Sì, mamma! balbettò la giovinetta mettendosi le mani agli occhi.

- Oh cosa fai ora, Celeste, sclamò la Marta con un pocolino di quella stizza che è diritto speciale delle femmine attempate. - Te l'ho detto mille volte che non si deve piangere per una raccomandazione della mamma, e tu seguiti a darmi questa afflizione!...

A tali parole il volto della fanciulla si rasserenò, e il sorriso che combatteva in esso colle lagrime era cosa sì angelica, da meritarle per sè solo il nome di Celeste.

- Dimmi: proseguì la Marta. Che ora l'è?

- È l'ora che il sole dorme e che il lago incomincia a piangere: rispose la giovinetta.

- Bene! ripigliò la vecchia: prendi quella polizza là sulla cassa; bisogna che tu la porti giù in paese dal signor Giuliano.

- Dal signor Giuliano? sclamò la Celeste battendo palma a palma.

- Sì, sì, dal signor Giuliano, o da suo padre che già è lo stesso; e là ti daranno una medicina, la quale il dottore mi disse di prendere prima di notte, se voglio guarire.

- Oh sì! sì! guarirete, e andremo giù nel Segrino a pescare insieme!

- Bada, bada, bambina! - disse la Marta - non conviene che tu perda tempo, giacchè la pozione va bevuta prima di notte.

- Oh vado e torno subito! sclamò la Celeste; e, presa la ricetta d'in sulla cassa, si slanciò fuori della stanza. - La vecchia poichè l'ebbe seguita ansiosamente degli occhi, giunse le mani, e, levati i pensieri al cielo, pregò fervorosamente.

Intanto la giovinetta pei trabalzi e le frane del sentiero scendeva tanto spedita, come se camminasse a diporto sull'erba eguale d'un prato; il suo sguardo era inteso al campanile del villaggio che s'andava nascondendo; poi sboccata sulla strada maestra, dove questa costeggia il laghetto, diedesi a correre sull'orlo di essa guardando entro l'acqua, ed a correre con tanto precipizio, che a mirarla avrebbe fatto paura. Pure non rallentò mai quel suo passo velocissimo, che la faceva trafelare, finchè non la fu giunta alla spezieria, e là spiando pei vetri della balconata, e visto che al banco sedeva un vecchio a leggicchiare in un suo libraccio, si fece indietro nel buio, e stette come aspettando lunga pezza.

- Son certa che questi non la guarirebbe! mormorava ella tra sè... Oh lui, lui sì che la guarirà!... E voglio proprio aspettarlo!... Ma che sia già andato laggiù dalla bella Madonnina?... Oh no! l'è troppo per tempo!... Poveretto! come l'era triste l'ultima volta che l'ho veduto! Ma già lei lo farà ridere, ed io, io invece non so far altro che piangere e singhiozzare!... Oh la bell'acqua, la bell'acqua! se potessi andarmene a stare là dentro...

Mentre così la fanciulla cominciava a smarrirsi in quelle sue solite fantasticherie, un giovine le si veniva appressando da un capo della strada vestito a mezzo tra il cittadino e il campagnuolo, ma senza quel piglio spavaldo che contraddistingue al solito i buli dei villaggi. L'aria del suo viso era così semplice, buona e melanconica, che si stupiva quasi di trovarla per quei siti, dove si veggono bensì dolori fierissimi, e tetre disperazioni, e gioie smodate, ma si cercano indarno le dolci melanconie, e le forti rassegnazioni. - Dico questo parlando di quella gente che vive cittadinescamente in campagna; poichè del resto nulla di più facile che trovare la mitezza dell'animo e la moderazione e la pazienza nei veri contadini. - Quel giovine non era nè bello nè brutto, nè grande nè piccolo; pure quando il lume che usciva dalla bottega gli ebbe dato per mezzo al volto, si vedeva trasparire da tutto questo, e più dagli occhi grandi ed azzurri una idea così soave e profonda che avrebbe ingentilito qualunque fisonomia per quanto rozza e dozzinale. - Come fu al chiaro, distinse egli la Celeste, e fattolesi presso, le mise una mano sulla spalla.

- Signor Giuliano, disse sommessamente costei arrossendo e tremando tutta; era appunto di lei che cercavo, onde procuri di risanare mia madre, se così vuole il Signore. - E gli stendeva intanto quel pezzetto di carta tutto gualcito.

- Come sta la Marta? - chiese il giovine esaminando la ricetta al chiaro della balconata. La Celeste chinati gli occhi rispose mestamente:

- Guarirà, se il Signore lo vuole.

- Oh il Signore lo vorrà! stanne certa; rispose Giuliano entrando assieme a lei nella bottega. - Buona sera, papà! - aggiunse egli con voce che voleva esser tranquilla, ma che suonava così flebile e rotta da far venire i brividi.

- Giuliano, Giuliano! e dunque? - domandò affannosamente il vecchio, lasciando cadere il libro e levandosi a mezzo dalla seggiola, come se qualche terribile sentenza pendesse dalle labbra del giovine.

- L'abbiamo perduta anche in appello - rispose questi volgendosi a prendere un certo vasetto dalla scansia, e così nascondendo due lagrime che gli bruciavano gli occhi, tanto erano cocenti. - Era naturale, e ve l'ho detto da un pezzo, padre mio; proseguì egli facendo forza a sè stesso e ravvicinandosi al vecchio che pallido e contraffatto era ricaduto a sedere fin dal primo annunzio di quella gravissima disgrazia. - Voi avevate pagato il dottore Anselmo, lo so; ma l'erede di costui non è obbligato come me a credervi, e avendo esso trovato il chirografo fra le carte del defunto ha tutti i diritti di chiederne il saldo.

- Oh povero me, povero me, che colla mia solita sbadataggine ho finito col rovinarti! mormorava il vecchio stringendosi la testa fra le mani.

- Di me vi prendete pensiero, padre mio? riprese il giovine provandosi a sorridere, e mescendo nel mortaio la pozione per la Marta. - Voi sapete di quanto poco abbisogni; ringraziamo piuttosto il cielo che le mie due sorelle sono già accasate!

- Oh sì! e bene, grazie a Dio! mormorò il vecchio.

- Dunque, perchè disperarsi? - seguitò Giuliano. - Il diavolo non è sì brutto come lo si dipinge. È vero che ci toccherà vendere la spezieria e quel poco di campagna, ma a me resta la professione; e così intanto ci potremo stabilire a Lecco, dov'è maritata la Caterina; e con essa e con mio cognato Giacinto, che è quel buon angelo che sappiamo, si farà una sola famiglia. - Anche Lorenzo è un ottimo cuore; sì, lo so; ma lassù a Varenna l'aria è un po' crudetta per voi, e di più la Maddalena ha cinque figli, e le daremmo troppo disagio. - Dunque resta deciso per Lecco, n'è vero, padre mio? - Sì, sì; rispose questi prendendo la mano del figlio e stringendosela al cuore: dove tu vuoi!

- Credete mo' che non troveremo il bandolo di esser contenti? proseguì Giuliano traendo a sè dolcemente la mano per versare il decotto in un altro recipiente, e compensando il vecchio con una occhiata così amorevole e serena, che lo ebbe a far tramortire per la soverchia emozione.

La Celeste dal cantuccio, ove zitta zitta stavasi nicchiata, era stata così attenta a questo dialogo, che ad osservarla avrebbe fatto compassione: per quanto sforzo di volontà infatti ella andasse raccogliendo in quella attenzione, ben si conosceva non arrivar ella a comprendere di tali discorsi quanto l'avrebbe desiderato. Soltanto capiva ella chiaramente, e ben glielo si leggeva negli occhi, essere quelle due buone anime da qualche grave infortunio turbate; e se l'aspetto rassegnato di Giuliano le dava un po' di conforto, subito tornava ad angosciarsi nel vedere lo scoramento del signor Graziadio. Tanta compassione mise nell'animo della povera scema la muta disperazione del vecchio farmacista, che sentendosi quasi mancare per l'affanno, andava tentando dalla mano un tavolino che l'aveva di dietro.

- E così, padre mio? - continuava il giovine adattando l'imbuto ad una bottiglietta e facendosi per quanto poteva ilare nel volto. - Credete che sorrida così per farvi piacere?... No, persuadetevi, gli è per un'altra ragione; gli è perch'io vedo anche in questa disgrazia che la Provvidenza ha cura di noi, e volle che la ci incogliesse appunto quando era possibile mettervi riparo. Di più siamo uomini, n'è vero? ci vogliamo bene, e crediamo in Dio!

- Sì, sì, hai ragione! rispose il vecchio riavendosi alquanto.

- Sì, ho ragione, soggiunse l'altro - e perciò stasera non abbandoneremo il nostro solito tresette: e cercheremo non di scordare la nostra sventura, ma di combatterla, e di vincerla!... Non dicono che la ragione è dal lato della forza? proseguì sorridendo. - Or bene, mostriamo dunque codesta forza, e la fortuna verrà dalla nostra!... - Ora prendi, Celeste; riprese egli porgendo alla giovinetta una fiala, il cui tappo s'adornava de' più bizzarri fronzoletti di carta come se fosse destinata a qualche signorone del paese. - Anzi aspetta, aspetta, continuò vedendo in quella entrare il curato ed il medico. - Ora che il papà è in buona compagnia, verrò ad accompagnarti. Buona sera, papà!... Buon divertimento a lor signori; e finch'io non torni a far il quarto, possono intavolare un terziglio.

In questo dire Giuliano avea tratto per mano la giovinetta lungi dalla bottega; e solo indi a poco s'avvide che l'era così smarrita da durar fatica ad alternare i passi.

- Cos'hai, Celestina? le chiese ansiosamente fermandosi sui due piedi. - Scommetto io, che mi hai disubbidito, e sull'avemaria hai preso la nebbia del Segrino.

- Oh no; rispose la giovinetta che riavutasi in quel frattempo prese a camminare velocemente; vi ho ubbidito, e sono sempre stata a casa.

- E perchè corri tanto ora?

- Perchè la mamma per guarire deve bere questo medicamento prima di notte.

- Via, non avvicinarti così al ciglio della strada; le disse il giovine cercando di trattenerla, onde non la corresse pericolo di cadere nel lago.

- La mamma mi ha detto solo che non mi fermi; soggiunse ella saltando lievemente sul muricciuolo che cadeva a piombo nell'acqua, e correndo sovr'esso quanto più lestamente poteva.

- Non voglio che tu t'esponga sempre a nuovi pericoli! le gridava dietro Giuliano abbrancandola per la falda del vestito. Ma forse per la troppa forza usata in tale atto dal giovine, il piede della fanciulla sdrucciolò, e se egli non era presto a serrarla fra le braccia, la sarebbe certamente precipitata nel lago.

- Vedi? mormorava il giovine tutto tremante per lo spavento traendola sulla via.

- Ah la bell'acqua, la bell'acqua! balbettava la Celeste come rapita in dolcissima estasi.

- Sì, l'acqua, la bell'acqua!... e tua madre, e la medicina? soggiunse un po' aspro Giuliano.

- Povera mamma, povera mamma! sclamò la Celeste sguizzandogli dalle braccia e riprendendo la sua corsa così rapida, che il giovine potè questa volta tenerle dietro, ma non raggiungerla.

- Va' piano, Celeste!... fermati!... andava egli gridando. - Ma invano, chè dessa voltò pur fuggendo a quel modo pel sentiero che monta alla capanna, e solo giunta alla prima balza della montagna, si volse a rispondergli:

- Grazie, signor Giuliano; mi saluti la bella Madonnina, e le raccomando di volerle bene.

Dopo ciò la giovinetta mormorando strane parole, che ora parevano grida di gioia, ora schianti di pianto, ora gemiti, ora preghiere, salì fino al tugurio, entrandovi con tal impeto che la lucernetta appesa al camino n'andò quasi spenta.

- Hai fatto assai presto, figliuola: - disse la vecchia, lasciando a mezzo una posta del rosario.

- Ho fatto presto perchè tu abbia a guarire, mamma mia: rispose la fanciulla buttandolesi colle braccia al collo. - Via, bevi ora la medicina!... Guarda come la è bella! ... È gialla come il sole quando va a dormire, è tiepida e limpida come la bell'acqua del lago!... Bevi, madre mia, che te la manda il signor Giuliano questa pozione; e con essa son certa che guarirai.

Poi tolto tra mano un bicchiere e versatovi entro quel liquido, si pose a parlargli con ogni tenerezza; e solo quando sua madre l'ebbe tracannato accondiscese a spogliarsi. E così coricatasi in un lettuccio, che l'aveva in uno sfondo della capanna, in brevissimo tempo, com'era suo costume, s'addormentò. Ma pur tenendo chiusi gli occhi si moveva ella e parlava con tanta chiarezza che più non ne avevano i suoi discorsi della veglia; e solamente la Marta, per esserci avvezza, poteva credere che quello fosse sonno o non piuttosto delirio.

- Oh, la bella Madonnina lo consolerà diceva la poverina, alzando le braccia verso il cielo. - Oh la bella Madonnina è fortunata... Non è vero che il Segrino è bello?... Non è vero che là dentro c'è il paradiso?... Oh questo poi sì; e l'ho veduto anch'io!... Ma ora che ci penso, bisogna che torni a casa per guarire la mamma: addio bell'acqua!... a rivederci!.. - E così quella meschinella continuò per tutta la notte.

La vecchia inferma, poich'ebbe terminato il suo rosario, fu tanto fortunata da addormentarsi essa pure. Ma già si sa com'è il sonno dei vecchi e massime dei malati; onde ogni poco ella si svegliava, e così allora poneva mente ai vaneggiamenti della Celeste, prendendo da essi ora svagamento, ora dolore, secondochè i sogni erano di beatitudine, o di tormento. - Però alle volte l'affanno della povera madre si faceva maggiore ed era quando pensava all'avvenire della figliuola.

- Cosa sarà di lei!... Oh disgraziata!... mormorava ella fra sè. - Pur troppo io sento di non poterla durare a lungo - Indi com'è l'usanza di quelle anime semplici dei campagnuoli conchiudeva: - Il Signore provvederà!...

 

 

 




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