Difendermi? Dare spiegazioni?
Tentare di riabilitarmi innanzi.... a "quei" tribunali? Nemmeno per sogno.
Non mi degno. E, del resto, sarebbe inutile. Non mi si crederebbe, e,
sopratutto, non mi si comprenderebbe. Sono in disgrazia, in questo quarto
d'ora, nel mio "mondo".... e me ne infischio. Ma il momento di
ribasso passerà. Ho al mio attivo troppe di quelle virtù davanti alle quali la
vigliacca umanità si prostra.... per non essere sicuro della mia vicina
rivincita. Per ora mi si grida la croce addosso. Passo per un uomo che ha
commessa una brutta azione, e, ciò ch'è peggio, che si è reso ridicolo per
mancanza di gusto e di chic.
Tutto ciò mi secca, lo confesso,
ma assai meno del dubbio su me stesso che da questa mane è entrato in me.... e
che voglio tentare di chiarire, registrandolo in questo diario. Un giovane viveur
di venticinque anni che scrive il suo diario come una ragazza romantica di
vent'anni fa! E pure, è così: un colloquio con noi stessi.... è il solo
piacevole ed utile in certi casi e niente è più interessante al mondo di ciò
che accade a noi medesimi. Voglio raccogliermi, ricordare, riassumere e
rivedere nei suoi particolari, nella sua nuda verità, questo episodio della mia
vita amorosa.... che devo chiamare "così", solo perchè non trovo
un'altra parola esatta che lo definisca.
Vediamo un po'. È vero. Io sono
stato sempre un sentimentale.... ma mi sono sempre vergognato di ammetterlo.
Perchè? Perchè non è di moda. Mi sarebbe parso, che so? come di portare un
vestito di taglio antiquato, di avere un domestico mal tenuto, un'auto
di cattiva marca o di stare a tavola poco elegantemente. Io ho il sospetto che
il sentimento non sia così morto in noi giovani come vogliamo far parere. Ma ci
secca il sorriso del nostro simile. Vogliamo passare per forti, per scettici,
per insensibili, per uomini moderni, insomma, e sorvegliamo il nostro cuore onde
non se ne vada da nessun pertugio quel po' di sentimento che c'è quasi sempre.
Fu dunque così: quando
nell'ottobre scorso la mia buona amica contessa Torriani mi invitò a passare un
po' di tempo nella sua villa, io partii con lo spirito ben disposto di chi sa
di andare a non annoiarsi. Una bella casa con tutte le comodità moderne, tra
autentiche memorie antiche, un buon cuoco, delle belle donne, molto entrain,
il tennis che mi piace e in cui sono abilissimo, il bridge in cui
sono quotatissimo, diversi mezzi di trasporto a mia disposizione, ville vicine
con simpatiche conoscenze: insomma, la mia compagnia (che ho l'immodestia di
credere piacevole perchè la vedo cercatissima) andava a ricevere, in cambio, un
mucchio di vantaggi.
Una confessione. Se avessi dovuto
scegliere il momento della mia nascita, avrei scelto.... il momento in cui
venne al mondo mio padre. Le relazioni attuali fra uomini e donne non mi
contentano. Avrei voluto il demi-monde per il piacere, e il
"mondo" per l'amore. Sono, l'ho detto, un sentimentale mascherato da
scettico e mi sarebbe piaciuto provare, destare una grande passione. Ma per
simili cose, adesso, non c'è più tempo. Si vive troppo in fretta.... si ha
troppa sete di godimento spicciolo e le grandi passioni non devono essere cose allegre....
Però "devono" essere cose belle! Non potendo riformare il mondo, lo
prendo com'è.... e faccio anch'io quello che fanno gli altri. Faccio la corte
alle donne che mi piacciono.... o meglio, me la lascio fare. Sì. È proprio
così. Che iniziativa hanno le donne del nostro tempo! I lunghi assedî, i molti
sospiri, i lunghi digiuni, i purgatori di aspettazione che si usavano un
tempo.... sono stati soppressi.
Ma adesso devo raccontare. Le
signore di casa Torriani sono tre. La contessa Clara, bella donna, elegante,
gioviale, espansiva, che ha avuti molti amanti, ne cerca ancora, e ne trova. Ha
un solo merito. Adora le sue figlie ma le avvezza male. Tancia e Mirette sono
due ragazze moderne, meno belle della madre, e meno di lei attraenti. Fanno
però di tutto per piacere, per quel diritto al marito che ogni ragazza di
vent'anni crede di avere, in faccia alla vita. Mi lasciano indifferente appunto
perchè mi sarebbe troppo facile conquistarle. Villa Torriani è un ambiente
allegro. Vi si fa molto voisinage. La sera si balla; di giorno si fanno
gite in auto, si dànno garden-parties; vi si continua la vita dei
laghi svizzeri e delle spiaggie di moda. La semplicità, la quiete, il riposo
della campagna sono ivi un'irrisione.
In casa c'era un'altra donna.
L'istitutrice, miss Rhoda Glyn, personaggio che non conta, una di quelle donne
che fanno da sfondo, una piccola ombra che dava risalto alla luce delle altre.
Piccoletta, magrolina, con molti capelli di un biondo sbiadito, piccoli occhi
chiari e la pelle sfiorita. L'avevo vista tante volte senza nemmeno guardarla.
Vecchia? Non so. Passata. Una di quelle creature delle quali noi uomini non ci
accorgiamo più. Un passo lieve, discreto, una piccola ombra che passa....
La contessa e le ragazze le volevano bene, erano molto amabili
con lei, perchè non la temevano. La sentivano forse più intelligente di loro,
certo più colta, ma tutto ciò era loro utile e decorativo per la casa. Del
resto, l'inglesina non era veramente una istitutrice. Aveva insegnato alle
ragazze l'inglese e la musica, e passeggiava con loro. Non aveva nessuna
autorità, perchè la sola autorità in casa è quella della contessa. Le ragazze
non chiedono certo alla madre il permesso per ogni gesto della loro vita....
Povera miss Glyn! Quando nacque
in me la pietà per lei? Forse a poco a poco.... ma me ne resi conto una sera
mentre ella faceva, come al solito, da tapeur alla nostra egoistica,
indiscreta manìa danzante. Prima Mirette aveva eseguite le sue danze classiche
(imparate a Parigi dal famoso Nijinsky), poi erano cominciate le danze
moderne.... modernissime, tutte forme larvate ma non meno indecenti dell'invito
all'amore.
One step, tango,
tutto il recentissimo repertorio.... La contessa non ha pregiudizi. Sa che le
sue figlie ballano bene, ballano volentieri; sa che il ballo è un eccellente
mezzano amoroso, sa che è un buon cammino per arrivare al matrimonio: essa non
invita altro che uomini che siano mariti possibili e desiderabili.... dunque
permette alle figlie di ballare.... fino a sazietà!
E la povera miss Rhoda sempre al
pianoforte! In un momento di sosta, io fumavo una sigaretta presso una finestra
aperta, e guardavo, dall'ombra, dentro il salone chiaro, passarmi davanti in un
molle e lento valzer quelle otto o dieci coppie di giovinezze frementi, frivole,
sensuali, poco interessanti, in fondo, come tutto ciò ch'è solo larvata
bestialità umana. Qualche volta, quando non sono di buon umore, la musica da
ballo mi sembra immensamente triste. In quel momento quel valzer mi pareva di
una tristezza mortale.... Guardai colei che lo suonava.... la piccola donna
vestita di bianco, con tanti bei capelli biondi, ma così pallida, così sfiorita
alla luce delle due fiammelle elettriche velate di paralumi color di rosa.... e
vidi ch'ella, suonando, piangeva.... Era il valzer dell'operetta I
saltimbanchi che in primavera si era ripresa con molto successo a Nizza: un
motivo grazioso, languido, voluttuoso e.... stranamente triste. Perchè piangeva
la povera donnina bionda? Aveva essa un dolore, o aveva la malinconia della sua
solitudine, della sua finita giovinezza, della sua esclusione dalla gioia, fra
quella gaiezza che la circondava? Provai per lei un impeto di fraterno
interessamento, il palpito di simpatia di una creatura umana verso una creatura
che soffre. Gettai la sigaretta, traversai il salone, mi avvicinai al
pianoforte e le dissi in inglese: "Siete stanca, signorina: riposatevi.
Posso sostituirvi". Lo sguardo di riconoscenza che la poverina mi rivolse
non è facile scordarlo. Era una riconoscenza sproporzionata al dono, una
riconoscenza di creatura felice di poter finalmente ringraziare qualcuno a
questo mondo di un beneficio morale, di un dono sia pur minimo ma spirituale,
di una cortesia spontanea, non cercata e.... oh chi sa quanto desiderata!
Fui applaudito, lodato, esageratamente
ringraziato come un benefattore, come un filantropo, da quelle coppie di
eleganti marionette. Io finii la mia improvvisazione in un "cancan"
sfrenato che le coppie accennarono coraggiosamente tra le voci di protesta
benevola delle madri.... e sulle ultime note del "cancan" la voce
timida di miss Rhoda disse alle mie spalle, nel suo inglese dolce, un po'
latinizzato dalla lunga dimora in Italia: "Sento che mi siete amico. God
bless you!".
Da quella sera volli veramente
essere un amico per quella povera anima sola, e sentii di avere in lei un'amica
devota ed entusiasta. Tutti erano corretti con lei, in verità, perchè la sua
apparenza era distinta e per bene, perchè meritava rispetto e non avrebbe
tollerate scortesie. Ma nessuno con lei era buono. Io volli esserlo. Ognuno di
noi è provvisto di una certa dose di bontà, frammista a qualche malvagità e a
molta apatia. Un poco buoni, con discrezione, senza lusso, siamo tutti. Come le
cinque lire che togliamo ogni tanto dal portamonete per darle alla fame altrui,
così ogni tanto sentiamo il bisogno di prendere un pizzico di quella bontà che
possediamo per darla in elemosina spirituale. Ma, curioso! mentre l'elemosina
materiale stuzzica la nostra vanità e ci piace vederla registrata sulle colonne
di qualche diffuso periodico, invece dell'elemosina spirituale ci vergogniamo,
ne facciano un'azione clandestina, per paura di sembrare romantici.
Io cercai dunque un pretesto
utilitario che assecondasse le mie intenzioni di bontà verso la povera miss
Rhoda: dissi alle ospiti che intendevo rinfrescare il mio quasi obliato inglese
dovendo andar presto a Londra per la season, in casa di una lady molto
quotata presso la contessa, e cominciai, infatti, a fare lunghe chiacchierate
alternate con letture dei migliori scrittori inglesi, ch'ella conosce molto
bene, con la pallida donnina, trasfigurata dalla gioia.
Era un'anima. E il contatto con
un'anima che ha sofferto, che si è maturata all'aspra scuola del dolore senza
esserne avvelenata, è una cosa che commuove anche chi sia avvezzo a passare il
tempo tra le frivole categorie della gente che non sa far altro che godere e
che ha orrore di una sola cosa al mondo: di prendere la vita sul serio.
Parlo con me stesso, scrivo per
me stesso. Perchè mentirei? Il mio sentimento per miss Rhoda non era fatto che
di pietà. Un tramonto triste, un tramonto sincero, che non si difendeva. La
contessa non è più giovane di lei. Ma le sapienti cure al suo corpo, gli abili
ritocchi al viso, la toilette raffinata, le arti della più ricercata civetteria,
la gran posizione, tutto l'insieme la ringiovanisce.... e non mancano, come ho
detto, ammiratori a quello splendido vespero saturo ancora degli aromi del
giorno. Invece, quella ormai vecchia signorina senza artifici, vestita per
forza con la semplicità di una ragazza ventenne, costretta ad uscire sotto il
gran sole crudele, col confronto continuo di sfolgoranti giovinezze, costretta,
dalla serietà della sua posizione e anche dal suo schietto carattere, a non
cercare attenuanti al suo declinare.... quella povera signorina non poteva
possedere per me nessuna attrattiva sessuale. Con un precettore, nelle sue
condizioni, credo sarei stato ugualmente amichevole. Provavo un gran piacere in
quel novissimo esercizio di bontà verso una donna, che non mi fosse parente.
Fino ad allora non avevo mai guardato il sesso gentile altro che come una
possibile preda. Le qualità fisiche sono le sole che mi attraggono in una
donna, lo confesso. La troppa virtù m'intimidisce, la troppa intelligenza mi è
antipatica; la simpatia fisica è quella che ha sempre determinato in me la
scelta di una donna: la donna come amante, come compagna nel ballo, nel gioco,
nella conversazione, in ogni contingenza della vita. Facendo ciò, s'intende, ho
sempre servito il mio egoismo e non avrei mai creduto il mio io suscettibile di
una forma di altruismo, in ciò. Me ne resi conto, e rammento ch'io feci la
psicologia di me stesso (la più difficile di tutte le psicologie) così:
"Io non considero miss Rhoda una donna, nel significato solito. Essa è per
me una creatura umana che soffre, che desta la mia compassione, e mi piace
esserle benevolo del mio fraterno interessamento". Avevo anzi la piccola
vanità segreta dell'opera buona che compivo. Nessuno mi aveva ancor detto che
sono cavalleresco, che ho un nobile cuore, che sono un vero signore di razza
non solo nelle maniere esteriori, ma nella delicatezza dei sentimenti; e tutto
ciò, essendo inedito, mi faceva un piacere intimo che non mi dànno più altre e
maggiori soddisfazioni di amor proprio mascolino.
Ella era veramente un'anima
attiva e fuori del comune; una natura ardente spiritualmente, mistica,
appassionata e dolorosa, una piccola sensitiva che la vita aveva stritolata in
mille modi nei suoi aspri congegni. Mi raccontò subito la sua storia, con quel
caldo e pur semplice accento di verità che non ammette miscredenti. Ricordo
press'a poco le sue parole: "Sono nata a Londra, figlia di un professore
di lettere dato specialmente agli studi shakesperiani. Mio padre è un uomo
colto, austero, rigido protestante, un nobile spirito che io ho molto amato e
che rimpiango di aver fatto soffrire. È ora vecchissimo e so che non mi ha
perdonata. Io fui tratta da letture, da un'amicizia, da inclinazione personale,
verso la religione cattolica, e credetti di dover seguire l'ordine della mia
coscienza che mi comandava di passare a quella religione. Avevo diciotto anni.
Attraversavo una crisi di fervore mistico che mi chiamava alla vita claustrale.
Mio padre fu inflessibile. Era agiatissimo e padre di numerosa prole. Mi diede
la mia parte, cinquantamila lire, e non volle vedermi mai più.
"Dopo qualche tempo di
noviziato religioso, fui mandata in Italia, a Roma, in un convento di monache.
Non avevo ancora pronunciati i voti, per fortuna. È strano: Roma, la città del Cattolicismo,
la sede del Cristianesimo, operò sul mio spirito una rivoluzione. Attraversai
una crisi di paganesimo.... ma nel senso estetico, nel senso migliore.
M'innamorai dell'arte, della bellezza, aspirai alla mia libertà individuale, mi
accorsi che non ero nata per la vita del convento, per la comunanza con
creature così diverse da me. Ebbi orrore dell'ipocrisia umana, vista
collettivamente, e volli liberarmi. Uscii dunque a rivedere il sole e le stelle
(avevo ventiquattro anni), ma mi fu impossibile ricuperare più della metà della
mia sostanza. Il resto fu inghiottito irreparabilmente dall'Ordine e un onesto
avvocato mi consigliò di venire ad una transazione se non volevo perdere anche
il resto. Dovevo lavorare per guadagnarmi il pane. Diedi lezione di musica e
d'inglese, feci copie di quadri nelle gallerie. Ma ero allora fresca e non
brutta e la lotta per mantenermi onesta mi snervava e mi avviliva.... Andai
innanzi così, salvata dal mio orgoglio, diversi anni. Poi conobbi un cattivo
soggetto che, rivolgendosi alla mia pietà, seppe conquistare il mio cuore, e
riuscì a farsi accettare come fidanzato. Aspettava una posizione che non veniva
mai.... e io lavoravo per lui, non ho vergogna di dirlo, perchè ero in buona
fede, perchè lo amavo immensamente, perchè lo credevo buono ed onesto.... e non
era il mio amante! Un bel giorno egli seguì all'estero una vecchia ricca,
lasciandomi nella più amara disillusione che creatura umana abbia mai provata
al mondo! Credetti morirne. Invece vissi. Ebbi orrore della solitudine e pensai
di collocarmi come istitutrice. Avevo trent'anni. Stetti un anno in una casa in
cui le scostumatezze del signore mi obbligarono a dare le mie dimissioni. Poi
venni qui.... e la mia vita è, da parecchi anni, quella che voi vedete....".
Ella era così triste, così sconfortata, così piena di nostalgia di un po' di
felicità, che mi serrava il cuore. Non era un'eroina e si rendeva conto che
tutto quello che accadeva in quella casa, sotto i suoi occhi, non era
esemplare. L'educazione delle ragazze non le piaceva, la vita della contessa le
piaceva ancor meno.... eppure non aveva il coraggio di ritentare la sorte,
visto che aveva innegabili vantaggi materiali ed il riposo morale. — "Il
riposo!" — ella diceva — "com'è poca cosa, però, per chi ha tanto
desiderato la felicità! Poca, breve, passeggera, ma un poco di felicità, anche
per me! come l'ho desiderata! Ma adesso, è tardi...." Diceva quelle parole
con una voce così commossa, con un desiderio così struggente che mi straziava
il cuore. La sua vita era tutta un rammarico. Diceva: "Forse la colpa è
anche mia. Non ho saputo scegliere la mia strada e ho trattato male tutti
coloro che ho amato. Ho scontentato mio padre, che veneravo; non ho saputo
servire Dio, nel quale credo fermamente. Per l'arte non ho avuto abbastanza
ingegno nè pazienza. Avevo due o tre uomini che si occupavano di me, e scelsi
il peggiore. Adesso non amo più nemmeno il prossimo.... perchè la felicità
altrui mi fa soffrire!"
Mi domandavo qualche volta a
quale specie di bene ella aspirasse, e una volta lo domandai a lei, nelle
nostre ore di esercizio d'inglese, in un cantuccio del grande hall, tra
le piante e i fiori ch'ella disponeva così artisticamente (era una delle sue
mansioni). Ella mi disse: "Oh amico mio! Ma la sola felicità ch'io possa
chiamare con questo nome è quella d'amore! Io sono nata amante.... e morrò di
fame, di sete d'amore! Non è soltanto il rimpianto dello svolgimento naturale
della mia vita fisica.... nè il rimpianto d'essere ormai nel mio autunno senza
essermi formata una famiglia. Il ragioniere del conte, un uomo onesto, sano, di
cinquant'anni, agiato, mi sposerebbe, se lo volessi, e per i miei meriti,
logicamente, dovrei accettarlo. Ma no, ma no! Io volevo conoscere l'amore,
l'amore bello, l'amore che avevo sognato, l'amore dei poemi e dei canti, quello
di Romeo e di Tristano.... quello di cui udivo le storie fin da piccina, sotto
il cielo grigio del mio paese, quello di cui ho avuto l'intuito in Italia sotto
questo bel sole d'oro, e del cui desiderio vano morrò...".
Non aveva pudore, eppure era
così sincera, così ardente e così casta insieme, che destava rispetto. Diceva
anche: "Non vi scandalizzate, amico buono. Io mi pento amaramente della
mia passata rigidezza di vita. Un tempo ero giovane e quasi bella, e molti mi
chiedevano amore. Io volevo un marito. Avevo torto. Avrei dovuto contentarmi di
un amante, giovane e bello come me, che m'insegnasse la gioia. Un marito,
secondo il mio desiderio, nella mia condizione, non si trova facilmente. Un
amante si trova sempre, quando si è giovani. Un po' di morale di meno, un po'
di gioia di più. A chi avrei fatto danno? A nessuno. E non avrei nel cuore
quest'amarezza struggente..., il sentimento tormentoso del tempo che fugge, del
fiore della vita che si sfoglia giorno per giorno.... il senso irrimediabile e
pauroso del "troppo tardi".
Quando parlò così, quella volta,
nel remoto angolo delle mortelle, accanto alla musica fioca della fontana, sul
banco che ci accoglieva vicini, era quasi sera, un po' di rosso del tramonto
filtrava tra le pareti verdi, accendeva i capelli di miss Rhoda, ch'era vestita
di bianco, e teneva le mani abbandonate sulle ginocchia.... Non piangeva perchè
il suo dolore era così profondo, così materiato di lei stessa che non poteva
sciogliersi in pianto. Allora io, vinto dalla pietà, baciai sulla fronte, sugli
occhi, sui capelli quel dolore umano che mi faceva male....
§
Nei giorni che seguirono, se un
piacere, se una piccola ebbrezza io provai fu quella di vedermi accanto tanta mesta
gioia, se posso dire così, e tanta riconoscenza. Io mi sentivo veramente un
benefattore, un creatore di felicità, e ne ero soddisfatto. Ricordavo di aver
molto riso una volta leggendo di una gran dama francese, di leggeri costumi,
che spiegava così la facilità con la quale concedeva i suoi favori: "Ça me
coûte si peu et ça leur fait tant de plaisir!". Il mio caso era press'a
poco lo stesso; solo, non mi pareva immorale nè ridicolo.... Il bene da me
largito era più spirituale ancora che materiale. E nessuna ipocrisia in me.
Nessuna parola d'amore pronunciavo mai con la mia amante, nei nostri incontri
notturni. Io andai da lei tutte le notti, nel tempo che ancora restai alla
villa: la triste camera dove quel verginale autunno sfioriva dolorosamente, nella
desolata solitudine, fu per lei camera nuziale benedetta di cui il ricordo
radioso sorriderà al resto della sua vita.... Ma ella ben comprendeva che il
nostro duetto non poteva essere altro che breve, come quell'ultimo splendore
d'ottobre che colorava la distesa del parco.... Capiva il mio stato d'animo, il
mio sentimento verso di lei, ne sono certo.... Si faceva forse qualche
illusione, perchè è nella natura umana di illudersi sempre almeno un poco sul
conto proprio, ma sentiva che con la mia partenza si sarebbe chiuso per sempre
quello che per me non era che un fugace episodio di clandestina sentimentalità,
e per lei la luce di tutto il resto dell'esistenza. Fu intelligente, discreta,
fine, comprensiva, rassegnata e pure così felice, povera creatura, che io
veramente le volli bene, col cuore, con la parte migliore di me, con quella
misteriosa ed elevata parte del nostro essere che tace quasi sempre nelle più
gaudiose ore del nostro volgare piacere. Il contentamento interiore che io
provavo somigliava, mi pare, a quello che si prova prestando ad un amico
bisognoso una cospicua somma; oppure salvando qualcuno da un pericolo con
pericolo nostro; non so, qualche cosa di simile. E nessuno scrupolo mi pungeva
di aver abusato, come si suol dire, dell'ospitalità. Oh santo Iddio! In altre
ali della villa doveva succedere, o essere successo ben di peggio.... La
contessa ha tutta una storia, le figliuole non aspirano che ad averne una.... Glissons....
Speravo però nel segreto della mia avventura. Ma una notte incontrai in un
corridoio una cameriera gelosa, che mi si era offerta invano.... che certo mi
spiò e chiacchierò. Vidi il giorno appresso tre visi furibondi di donne
disilluse, umiliate e inferocite. Nessuna parola.... ma un contegno che mi fece
abbreviare di ventiquattr'ore la mia permanenza alla villa. Miss Rhoda il
giorno stesso, col pretesto di un viaggio a Londra per pacificarsi col vecchio
padre, diede le sue dimissioni, prevenendo il sicuro congedo. Ma nessuno le
parlò, perchè l'ira gelosa, lo sbalordimento, l'offesa vanità delle tre signore
preferì il silenzio.
Ella è ora lontana, nella sua
grigia Inghilterra che lasciò a vent'anni, in cui ritorna più di vent'anni
dopo, col fardello di molto dolore.... ma con un luminoso, insperato, recente
ricordo di gioia.... che le terrà sempre buona compagnia. Crederebbe forse di
sognare se non portasse con sè il mio ritratto e un anello che certo non
l'abbandonerà nemmeno sotterra.... Ella diede a me, piangendo, una rosa thea
un po' sfiorita, che odorava delicatamente ancora, simbolo e ricordo.... E la
conserverò. Purtroppo non è ricco il museo dei cimelii delle mie buone azioni,
fino ad ora....
Ed ecco che qualche cosa è
venuto a guastarmi questo delicato ricordo intimo, questo episodio dalle
sfumature un po' complicate e forse perciò più interessante di quelli che
capitano tutti i giorni.
Stamane ho incontrato, al Club,
quel nefasto corruttore di giovani che è Piero Pinamonti. Corruttore
spirituale, più dannoso d'ogni altro. È uno di quegli intelletti distruttivi
che sembrano nati dagli amori ancillari di qualche Mefistofele. Negano tutto,
sorridono di tutto, avvelenano col dubbio tutto quel po' di bene che pure non
manca al mondo. La nostra generazione ha molto sofferto della scuola di quegli
uomini là, più vecchi di noi di vent'anni, che sembrano essersi assunto il
còmpito di educare all'ateismo religioso ed umano. Io, da qualche tempo, dopo
averlo subìto, mi sono emancipato dalla sua tirannia. Penso con la mia testa,
studio uomini, cose.... e donne con metodo mio, ribellandomi alle sue premesse
ed alle sue conclusioni. È stata una liberazione difficile.... ma il mio fondo
era, è ottimista, e volevo essere me stesso, non già la copia di un altro.
Stamane, dunque, facevo colazione al Club ed egli, senza mio piacere, è
venuto a sedersi al mio tavolino. Capivo dalla sua faccia ch'egli
"sapeva". Le mie maniere secche lo hanno tenuto un poco in
soggezione. Poi, riprendendo quella confidenza che disgraziatamente io gli
avevo concessa, dopo un discorso grasso che si faceva a proposito di un amico
comune, egli mi ha detto a bruciapelo: "E tu, giovane degenerato, non mi
racconti le tue gesta? Se n'è parlato a perdita di fiato, sai? e....".
L'ho interrotto: "Prego, caro. Non facciamo scherzi di cattivo genere. Non
ho storia in questo momento e non permetto romanzi sul conto mio". —
"Oh, oh, oh!..." ha fatto con quel suo risolino tagliente come una
piccola arma proibita. Non fare il diplomatico con me. So, e da buona fonte.
Dimenticherò, se lo desideri.... Ma lasciami dire due parole....".
"Auff!" ho sbuffato.
"Insopportabili spioni, cronisti falsi, corvi del male altrui! La nostra
società è solo questo...."
— "Sei amaro. Ma senti. Una
cosa m'impensierisce per te. Eri in una villa di delizia, in un vero harem
occidentale di belle donne.... Avresti potuto navigare a gonfie vele con donna
Clara, bordeggiare piacevolmente con Tancia e Mirette, esercitarti con la
ciurma di due cameriere gustosissime.... e vai ad annegarti con una magra spinster
malinconica.... buona per fare il tè ed imburrare il pane.... o per fare da
mezzana alle sue padrone!"
"Piero! tu menti e sei un
villano! Non mi divertono i tuoi discorsi di vecchio cinico." E mi sono
alzato.
Egli, imperturbabile, mi ha
detto dietro: ".... è più grave di quanto avessi supposto. Sei ancora
innamorato.... e sei ridicolo!"
Io gli ho gridato: "Sei
pazzo!"
Egli mi ha rincorso amichevole e
conciliante, ha messo il braccio sotto il mio: "No, guarda, lasciati
spiegare il mio pensiero.... lasciati rivelare a te stesso. Non hai più fiducia
in me, da qualche tempo, ma hai torto. Bisogna saper guardare in faccia la
verità, da buoni filosofi, da bravi soldati della vita...."
Io ho tentato ancora di
ribellarmi, di sfuggirgli: "No, ti ringrazio. Non ho bisogno di
rivelazioni. Ho la mia filosofia, che mi basta. Ho fretta, ciao....". Non
c'è stato rimedio. Egli ha continuato, inesorabile, accompagnandomi verso casa
mia; e tanto ha fatto, tanto ha detto, tanto insistito (sapeva la storia, e
negargliela era impossibile) ch'io mi son lasciato andare a narrargli con
l'antica deplorevole abitudine di confidenze, il mio caso psicologico, il mio
stato d'animo particolare in quell'episodio che mi ostino a non voler chiamare
erotico. Egli ha ascoltato, riflettuto, non sorridendo più, poi ha concluso:
"Tu sei in buona fede. Ti ammiri.... e ti consideri quasi un eroe. In te
prevale il sentimento, come più volte ti ho detto.... Tu hai bisogno di
sentirti moralmente bello.... Ma devo dissuaderti, sai? Abbi pazienza. Nelle
relazioni sessuali l'altruismo non è possibile. È una funzione di assoluto
egoismo. Non protestare, è così. Sosterresti l'assurdo. Noi possiamo
costringere la nostra ripugnanza a curare un lebbroso, ma non già il nostro
essere ad amare una creatura che non ci attrae. Dunque tu, che ti credi l'eroe
di un umanitarismo di nuovo genere, vuoi sapere perchè hai consolata la tua
piccola inglese? Perchè te ne sei innamorato. È strano, è inverosimile, è
mostruoso.... ma è vero. I tuoi magnifici venticinque anni di bel giovane
adorato dalle donne hanno avuto una parentesi (la spero tale!) di anormalità e
di precoce degenerazione. Tu hai amata e desiderata una donna brutta e vecchia,
tra uno stuolo di donne belle che ti si offrivano....".
E come eravamo giunti innanzi a
casa mia, e ch'io sono entrato con un gesto d'impazienza, dicendogli:
"Imbecille!", egli mi ha mandato dietro un: "Ciao, caro!"
ed una risatina canzonatoria, che mi ha dato l'impulso di tornare indietro e di
appioppargli un ceffone....
Invece sono qui alla mia
scrivania, e medito sul mio caso. Sono nervoso, scontento, turbato, disilluso
su me stesso, perchè temo forte che quel cinico della malora, ch'io ho
violentemente smentito, abbia detta la verità!...
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