Bisogna confessare che ci sono a
questo mondo posizioni difficili e complicate. Per esempio, cosa deve fare (non
dico cosa deve sentire, perchè il sentimento è impulsivo ed ingovernabile) cosa
deve fare, dico, un galantuomo che si trovi in questo frangente: egli ha una
moglie con la quale vive, dopo alcuni anni di amore, in un dolce piacevole
cameratismo, stimandone l'intelligenza vivace, la praticità di massaia, la sobria
eleganza, la maternità assennata, il carattere uguale e sereno. E un bel giorno
(bello è in questo caso sinonimo di brutto) s'accorge che sua moglie ha un
amante. Ssss! Non basta! Un momento. E questo amante è un uomo celebre, un
grande scrittore da lui fortemente ammirato (il marito è un fine dilettante
d'arte, un vero buongustaio) e da lui stesso presentato alla sua donna, per
l'ambizione di avere nel loro salotto un autentico astro fra tanti asteroidi.
....Ancora un momento.... Non è
finito il quesito. E il dabben uomo si è accorto, con la sua lucida
intelligenza e con la freddezza che gli consentono le ceneri del suo ex-amore
maritale, che la relazione peccaminosa che unisce sua moglie e il grand'uomo
non è un semplice capriccio e nemmeno una scalmanaccia sensuale, ma una vera e
propria e tormentosa passione. Ecco.... Quello che un marito debba fare
in simile caso giudicheranno in chi sa quante svariate guise i lettori, che
avranno differenti ideali, morali, coscienze.... eh già! perchè, se no, il mondo
sarebbe monotono.... Ma quello che fece il nostro signor Pietro Di R.... esce
un pochetto dal comune e mette conto di raccontarlo.
Quando dunque egli s'accorse che
la sua metà mancava al dovere di fedeltà coniugale (avvertito da una lettera
anonima documentata, verificò e dovette persuadersi) fu a tutta prima
addolorato, questo s'intende, ma sopratutto seccato, disturbato nel suo dolce
quieto vivere; e, per mettere subito qualche cosa fra la sua brutta sorpresa e
la sua necessaria decisione, risolse di metterci.... una discreta quantità di
chilometri.... e fece un viaggetto. Lontano da casa, ritrovò l'equilibrio, gli
passò l'emicrania che lo aveva assalito nei giorni decorsi, riacquistò
l'appetito che aveva quasi perduto.... e si sentì in corpo il nostalgico
desiderio del focolare domestico.
Egli, in verità, aveva
organizzato il suo nucleo famigliare in modo perfetto. Tutti glielo lodavano,
molti glielo invidiavano, e non avevano torto. Un delizioso villino di gusto
squisito, munito di tutte le raffinatezze. Una bella moglie decorativa,
simpatica alla gente, che aveva il piccolo genio della conversazione, che
riceveva con grazia impareggiabile. Due bei bambini robusti; una brava nurse
inglese; una bella automobile; un buon cuoco che rubava con discrezione, un
amministratore onesto e affezionato: parecchi amici fedeli e moltissime
conoscenze piacevoli, fra cui alcune illustri che lusingavano il suo
"snobismo". Tutto scivolava come sulle rotelle, in casa sua, nel bel
villino sempre pieno di fiori, di libri, di visite interessanti.... Ci si stava
come in un piccolo eden.... e la lontananza lo rendeva ancor più apprezzabile
al buon conoscitore. La coscienza della propria colpa e la passione felice
rendevano, da qualche tempo, ancor più soave, ancor più diligente in tutte le
sue mansioni la bella signora Nelly. Era proprio bella! D'una bellezza un po'
fuori di moda, un po' fredda, di madonna raffaellesca, divinamente insulsa,
come, per esempio, la "Bella giardiniera" del Louvre. Ma nel cuore
era tutt'altro che fredda: e se non lo aveva dimostrato al legittimo consorte,
si era rivelata poi al celebre poeta X. X. che si era pazzamente innamorato di
lei e che ne era stato il fortunato Pigmalione.
Dunque il signor Pietro Di R.
tornò dal suo breve viaggio deciso.... ad ignorare tutto, a voler
credere di aver fatto solamente un brutto sogno. Ma tornò con l'animo mutato.
Dentro il suo largo petto, dietro la sua faccia colorita e sbarbata,
apparentemente ancora gioviale, si nascondeva uno spiritello pugnace, armato
della sua forza cosciente. Ne' suoi miti occhi inguainati nelle palpebre
grasse, d'uomo troppo ben nutrito e troppo riposato, rideva ora una piccola
luce maliziosa che scintillava come una contenuta minaccia. Minaccia a chi? Ma!
Chi si vedeva guardato così da lui.... non poteva sentirsi totalmente
tranquillo.
Infatti la bella e soave signora
Nelly ne fu un po' turbata e gli chiese:
— Cos'hai, caro Pietro? Mi
sembri un po' diverso del solito.
— Davvero? Tu, invece, mi sembri
la stessa: cioè, il modello di tutte le perfezioni!
E la guardò acutamente,
sdraiandosi nella sua poltrona preferita, sbuffando fuori il fumo della sua
ottima sigaretta in una successione di anelli azzurrini. La signora Nelly
abbassò i suoi belli occhi dorati di Madonna, e restò con la molesta compagnia
di una certa perplessità....
La sera avevano ricevimento, e
alla riunione scelta era promesso il gaudio della lettura di un nuovo poemetto
del celebre maestro, amico di casa, X. X. Il quale era più che mai innamorato
della signora Di R. che era diventata per lui, insieme alla gloria, la ragione
più forte della sua vita. Egli non era più molto giovane, e provava per la
prima volta l'accecamento di una fonda passione che tutto lo possedeva. Quella
bella forma femminile, quel temperamento un po' freddo ch'egli aveva svegliato
ai palpiti dell'amore, quella docile ammirazione del suo ingegno, suscitavano
la sua vena poetica, distendevano i suoi nervi, riscaldavano la sua anima, dandogli
quel benessere interiore, quella parvenza di felicità cui aveva prima invano
aspirato. Egli avrebbe voluto di più. Amava tanto quella donna che non avrebbe
domandato di meglio che d'averla tutta per sè, a costo di uno scandalo. Ma
sapeva che l'amore di lei, grande abbastanza per giungere fino alla colpa, non
era grande abbastanza per farle dimenticare i suoi figli e calpestare
apertamente le leggi del mondo. Così egli si era acconciato a contentarsi di
quello che poteva avere, e aveva accettata la posizione, che pure gli repugnava
un poco, di assiduo amico di casa, oggetto delle speciali, premurose attenzioni
del marito "dilettante d'uomini illustri". Pur di stare vicino a lei,
pur di vivere nel suo respiro, di vedere l'armonia di quelle belle forme ondulate
di creatura sana e bionda come le belle ninfe che sognava e cantava, egli
sopportava da un pezzo, ormai, l'amicizia opprimente del rivale.... che lo
soffocava con la sua ammirazione aggressiva. Ma egli non sapeva che presto
avrebbe dovuto sopportare qualche cosa di più.
Il primo incontro con lui dopo
il suo ritorno dal viaggio avvenne la sera del ricevimento e della lettura: ed
il poeta, assorto deliziosamente nella contemplazione della sua bella amante,
che, tra una nube di veli rosei, era, quella sera, più tentatrice che mai, non
s'accorse del saluto freddo del marito di lei, dello sguardo diverso col
quale lo guardò. Egli si sentiva press'a poco in pace verso di lui. Cosa poteva
fare di più per essergli gradito? Cercato a dritta e a sinistra in salotti più
illustri, da dame titolate che se lo contendevano, egli ricusava tutti gli
inviti, dando sempre la preferenza ai Di R. la cui casa era stata circonfusa da
lui di novello splendore. La vanità del buon borghese era soddisfatta. E
l'abilità con la quale il poeta conduceva da due anni la relazione con la
signora Nelly dava ormai affidamento che il marito non aveva e non avrebbe mai
nemmeno l'ombra del sospetto.
Il poemetto, una evocazione di paganesimo
sapientemente trasfuso nelle sensazioni della natura, con la solita forma
smagliante, in versi di perfezione lapidaria, reazione alla sciatta bruttura
dei versi che non tornano dei poetucoli modernissimi, era una nobile cosa, e il
poeta, ancora attraente anche come uomo nella sua persona magra, con la sottile
barba scura, col profilo segaligno, con la lente nell'occhio; il poeta, che
aveva una bella voce, che leggeva bene, che posava molto, ebbe un
successo strepitoso. Le cinque o sei belle donne ivi adunate andarono in
visibilio, gli uomini (tutti "intellettuali") mostrarono di gustare
la bellezza dell'opera e l'onore del privilegio di conoscerla avanti-lettera.
Dal coro di lodi uscì a un
tratto la voce un po' assonnata del padrone di casa, che aveva la sua faccia
ridente di mascherone di terracotta, come se dalla sua bocca grossa e sana
stesse lì lì per iscaturire una fontana.
— Illustre maestro, debbo essere sincero? il vostro poema
è bello.... ma freddo. Io non sono un letterato, ma un buongustaio che
raramente s'inganna. Quando rimpiango il mio avana.... è brutto segno! Forse il
vostro lavoro è troppo difficile per me.... corro nel "fumoir". Auff!
Il poeta prese la cosa in
burletta. Si mise a ridere (cioè a sorridere, perchè egli non rideva mai) gli
disse dietro, ma dolcemente:
— Siete un idiota, amico mio!
E, circondato dal crocchio
scandolezzato delle donne fanatiche, passò nella sala del buffet. Ma le
parole strane e insolite del marito non parvero così innocue alla signora
Nelly: la quale, all'amante che un momento le si avvicinò, senza testimoni,
disse concitata e preoccupata, senza perdere l'immobile serenità della sua
bella fronte coronata d'oro:
— Cosa succede, ancor mio? C'è
in lui qualche cosa che mi fa paura....
Egli le rispose, contenendo a
stento l'onda appassionata del suo sguardo:
— No, mia dogaressa. Nulla. È
più villano del solito. Non occupiamocene! Ha mangiato e bevuto come un bruto.
Se fosse in sospetto, il suo stomaco funzionerebbe meno bene.... Ti bacio, ti
bacio....
E si separarono, tranquilli....
Ma la tranquillità non durò.
I modi del marito ingannato
verso sua moglie e specialmente verso l'amante divennero permanentemente
scortesi ed aggressivi. Pareva un superiore che trattasse degli inferiori;
inferiori di posizione, di coscienza, d'ingegno. Qualunque cosa essi dicessero,
egli la contraddiceva. Per sua moglie affettava un indulgente disprezzo, quasi
ella fosse diventata all'improvviso una minorenne o una deficiente. Ma col
poeta aveva assunto un tono di protettore bisbetico col suo protetto. E lo
tiranneggiava. Lo obbligava a giocare con lui alle carte o al biliardo, due
svaghi che il poeta aborriva. Lo andava a prendere in automobile ad ore non
convenienti alle sue abitudini. Lo invitava spesso, anche troppo, ma cercava di
tutto per essergli disaggradevole.
— Maestro, questa sera voglio
farvi assaggiare un cocktail di mia invenzione. Non mi dite di no! Mi
offenderei! Sentirete che nettare! Altro che i vostri versi!
E tanto insisteva che lo
scrittore, press'a poco astemio, doveva finire col bere, compromettendo perfino
la sua salute.
Una sera, in presenza di diverse
persone, avendo X. X. enunciata una sua opinione con quel suo tono un po'
cattedratico che gli aveva concesso di assumere la grande stima in cui era
tenuto da tutti, il signor Di R. sbuffò:
— Suvvia, caro maestro, non ci
raccontate frottole! Noi siamo degli umili analfabeti al vostro cospetto: ma
quello che voi avete detto è semplicemente una sciocchezza!
Il poeta non fu padrone dei suoi
nervi a quell'uscita villana, e, alzando le spalle, esclamò:
— Non discutete su cose
superiori alla vostra comprensione. Rimanete ai vostri cocktails.... e
alla benzina per le vostre automobili!
Il padrone di casa tacque, ma,
partiti gli ospiti, disse alla moglie:
— Senti, consorte carissima! Se
quell'illustre rompiscatole mi manca un'altra volta di rispetto, in casa mia,
lo metto, come due e due fanno quattro, alla porta. Sei avvertita....
E ridendo del suo grosso riso,
che pareva il riso d'un cuor contento, andò a coricarsi.
Nel loro clandestino nido
d'amore, i due amanti si parlarono a cuore aperto:
— Evidentemente egli sa — disse
il poeta — e profitta vilmente della sua posizione. Il suo intuito grossolano,
ma sicuro, gli dice che io ti amo a tal segno da tollerare tutto da lui per non
perderti. Potrei vederti qui, ma non mi basta: Io ho bisogno di vivere nel
solco della tua vita. E mi sento la forza di sacrificarti la mia stessa
dignità.... in faccia a lui. Del resto, la mia debolezza è solo una forza,
perchè è la forza del mio amore. E lui è troppo piccolo, troppo nullo accanto a
me.... perchè io mi senta menomato dalla sua bassa condotta.... Dammi le tue
labbra divine, mia dolcezza, io mi vendico di lui, così!
Ella si rodeva in una collera
impotente contro suo marito:
— I miei figli.... Per essi, per
essi soltanto! Lascia che crescano ancora.... che non abbiano più tanto bisogno
delle mie cure.... eppoi vengo via, con te, per sempre!... Ma ora sono ancora
troppo piccoli.... non mi fido abbastanza della nurse, l'affetto del
loro padre è grossolano, essi mi adorano.... si addormentano col mio bacio, si
svegliano con una mia carezza...: Pazienza ancora un poco, amor mio! Perdono,
perdono, di quello che devi sopportare per me!
E, vedendosi in ginocchio
davanti la bella Madonna raffaellesca, scesa dal suo trono ideale, coi dolci
occhi piangenti, il poeta e l'amante, inebbriati di bellezza e d'amore,
scordavano il giusto risentimento umano e navigavano in un immenso mare di
felicità....
Il poeta cresceva ogni giorno in
fama ed in gloria. Era diventato ricco (il fatto qui narrato non accade
in Italia.... dove la ricchezza non va d'accordo con la poesia). Oramai la
critica da prima ringhiosa, aveva dovuto inchinarglisi. Tutte le diverse
categorie di intelligenti o di cretini lo avevano accettato: chi per
ammirazione sincera, chi per snobismo.... chi per fare dispetto a
qualche altro scrittore. Il nome di X. X. serviva adesso come un proiettile da
scagliarsi in faccia ad altri scrittori che volevano arrivare. Il poeta stesso,
uomo di spirito, se ne accorgeva e guardava il mondo dall'alta cima del
conquistato Elicona. Una volta, udendo un inno iperbolico in suo onore, fatto
da un critico.... itterico, esclamò, guardandolo con la sua lente beffarda:
"Ma di chi vuol dir male costui?" Eppure "il pericolo
giallo" (una sua definizione della critica fegatosa) gli stava ai piedi,
come una muta di cani in lassa....
Una volta fu invitato a recarsi
a Roma, in occasione di una solennità patriottica italiana che egli aveva
magnificamente celebrata in versi, e ad assistere ad una festa in suo onore.
Era anche il venticinquesimo anniversario del suo primo volume di versi. Si era
formato un comitato, l'Urbe si preparava ad accoglierlo con gli onori dovuti ad
un trionfatore. Il poeta si sentiva incline a tenere il lusinghiero invito,
lieto di rivedere Roma per la quale aveva un culto. Ma gli doleva aspramente,
come ad un collegiale alle prime armi amorose, di separarsi dalla donna amata.
Essa lo spingeva a partire, pure tristissima di doversi separare almeno per due
settimane da lui. Un giorno il signor Di R. tagliò il nodo gordiano:
— Che ne dite, illustre amico,
di una mia idea? Questa: poichè vi vedo imbarazzato come un pulcino all'idea di
lasciare le vostre abitudini, vi propongo di accompagnarvi in Italia: io e la
mia signora, sicuro! Perchè no? Noi faremo un bel viaggio e vedremo il paese
dove fiorisce l'arancio, che ancora non conosciamo. Voi avrete la nostra
compagnia, il mio aiuto pratico, in treno e negli alberghi. Potete risparmiare
di prendere il vostro segretario. Noi avremo il piacere di goderci....
l'illuminazione della vostra gloria! Eh? Che bei matti anche quegli italiani
che vi prendono sul serio!
Il patto singolare fu accettato,
ed il terzetto assurdo si mise in sleeping-car. Ma a Roma, se nelle
funzioni ufficiali, se nelle pubbliche celebrazioni le cose andarono bene
(perchè solo il festeggiato era in piena luce) nell'intimità, nelle piccole
riunioni intellettuali, nei salotti eleganti dove il gran poeta straniero fu di
continuo invitato, si passava da uno scoglio all'altro. Perchè egli non
accettava inviti se non erano estesi ai suoi amici e compatrioti che
viaggiavano con lui. La cronaca di oltr'alpe non essendo ancora ben conosciuta
a Roma, pareva a tutti stranissimo quel terzetto.... insolito. Cos'era quella
bella donna, giovane ed elegante, che aveva l'aria così per bene, ma che pareva
essere la musa del poeta? E quel marito? Da principio tutti compiangevano
quell'infelice terzo incomodo che aveva una buona faccia rubiconda di
caratterista da commedia, che era sempre di buon umore, che restituiva
magnifici pranzi al Grand Hôtel, che aveva l'aspetto di un buon diavolo,
indegnamente ingannato e.... cieco-nato. Ma a poco a poco, nel corso di due
settimane, la valutazione della sua persona morale mutò, e anche lì l'eterna
Sfinge che custodisce i segreti del cuore umano, propose alla curiosità della
gente avida di emozioni un enigma stuzzicante. Sapeva il signor Di R. o non
sapeva? Era un pazzo o un savio? Un furbo o un vile?
Una sera, la vigilia di
rimpatriare, il poeta straniero ebbe in Campidoglio il ricevimento in suo onore
che mise il culmine ai festeggiamenti. Nel luogo più bello e più sacro del
mondo, in uno di quei palazzi michelangioleschi che nessuna nazione può
vantare, in quelle storiche aule di suggestioni divine, il grande poeta ebbe
una specie d'incoronazione morale che lo esaltò nelle più profonde latebre
dell'orgoglio. La sua bella e soave amica, che l'indulgente condiscendenza
mondana aveva tacitamente accettata e riconosciuta, umile in tanta gloria,
passava nel solco di quella luce, giustificando con la sua chiara bellezza
armoniosa vestita di celesti veli, adorna di perle, la preferenza del grande
uomo. Ella pareva una Laura de Sade rediviva e meno crudele dell'antica verso
quel nuovo coronato Petrarca, e tutti le erano riconoscenti d'essere
l'ispiratrice delle belle odi perfette di forma e frementi di passione del
poeta illustre, amicissimo dell'Italia.
Il buffet era delizioso.
Le fragole dei Castelli romani avevano, dentro la rosea anima, tutto il profumo
di quelle divine selve; lo spumante italiano era ottimo come lo champagne
francese; le dame romane avevano il portamento magnifico e il profilo fiero
dell'Agrippina di marmo che si ammirava in una delle sale fra i cento e cento
capilavori dell'arte....
Di R. aveva assunto un tono più
altezzoso che mai, non solo col rivale e con la moglie, ma con tutta la gente.
Era così pieno di boria, così serenamente sfacciato che riusciva a combattere
intorno a sè il ridicolo e la compassione....
All'uscire, nella sala dei
mantelli, in un nucleo di ammiratori che lo accompagnava, il poeta straniero e
i suoi amici indossavano le pellicce. Ad un tratto il marito di
"Laura" prese dalle mani dell'incipriato valletto municipale la sua
pelliccia di lontra e appioppandola repentinamente al poeta, senza che questi
potesse protestare, si fece da lui aiutare a infilarla, come se quel servizio
fosse nelle sue speciali mansioni, Poi, essendosi allontanato il poeta giù pel
monumentale scalone, avendo al braccio la indignata donna ammantata di
ermellino, al crocchio di gente sbalordita che gli stava intorno, disse il
signor Di R. in tono di superiorità scherzevole:
— Quel caro maestro che voi prendete
tanto sul serio.... è un poco il mio dipendente. Io lo conosco troppo. Non ci
sono grandi uomini in veste da camera.... Lo amo molto, certamente, ma lo tengo
in piccolo conto. Lo considero un poco il mio lacchè.... un poco il mio
giullare. I suoi versi mi divertono e mi pare che in parte mi appartengano,
così che sono io che mi sento festeggiato ed onorato qui stasera.... invece di
lui! Ah, ah ah!
E ridendo del suo grosso riso
umido delle copiose libazioni, il marito di "Laura" raggiunse con la
sua calma olimpica, la coppia amorosa che lo attendeva pazientemente
nell'automobile, lasciando nell'animo degli astanti l'insoluto curioso quesito:
quale fosse di quei due uomini l'offeso e quale l'offensore....
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