Le
bonheur est notre devoir
et notre patrimoine.
P. Claudel.
Da principio era stato un
terzetto inseparabile. Tre compagni d'infanzia, di scuola, di giovinezza. Paolo
Mori, Gigi Balzani, Armando Ferni, detto Scucci. Cosa voleva dire Scucci?
Nulla. Era un soprannome datogli dai due amici (da quale dei due?) quando erano
ancora bambini.
Nel terzetto si era subito
determinata questa distribuzione di parti: Paolo e Gigi erano due uguali, che
si contendevano il primato e che avevano alternativamente preponderanza l'uno
sull'altro: Armando era perpetuamente il subordinato di tutti e due. Egli
stesso aveva docilmente e serenamente accettato questo stato di cose e la sua
sottomissione non gli pesava. Era uno schiavo senza ribellioni e senza rancore.
La sua indole mite, femminea, di una timidezza profonda e selvatica, si
contentava di quella passività che gli toglieva ogni responsabilità ed ogni
obbligo d'iniziativa nei vari gesti della vita. E si sentiva contento così.
Era nato in posizione assai più
modesta di quella degli amici suoi, e non per vigliaccheria ragionatrice, ma
per pigra accettazione del "fatto compiuto" egli giudicava, se non
giusto, almeno naturale, che Paolo e Gigi prevalessero su di lui. Non erano
aquile nemmeno i due suoi compagni, ma egli li sentiva d'intelligenza superiore
a sè, e anche fisicamente era costretto ad ammettere che non poteva gareggiare
con loro.
Inferiore ad essi, dunque, per
volere della natura e del destino, egli ne accettava l'amicizia e la protezione
e si trovava soddisfatto della loro compagnia un po' tirannica ma, in fondo,
benevola ed utile. Perchè egli viveva veramente nell'atmosfera piacevole delle
famiglie agiate di Paolo e di Luigi, raccogliendone continuamente favori e
beneficî. Non già elemosine, s'intende, chè non si umilia il compagno della
vita quotidiana trattandolo da pezzente: ma Scucci godeva di quei beneficî tra
materiali e spirituali, che non offendono apertamente la dignità e che rendono
più aggradevole la vita di chi non ha l'incomodo di un eccessivo orgoglio.
E Scucci era diventato
necessario a Paolo e a Luigi e le loro famiglie avevano sanzionato quella
triplice amicizia nella cui fedeltà era pur qualcosa di semplice e di bello.
Studiavano insieme, passeggiavano insieme, andavano la domenica e nelle grandi
occasioni, a qualche divertimento insieme: Armando Ferni sempre come invitato,
s'intende.
Se i genitori chiedevano a
Paolo: "Cosa vuoi, Paolino, per la tua festa?", questi certo
rispondeva: "Voglio andare al Circo in compagnia di Gigi e di
Scucci". Se si chiedeva a Gigi: "Cosa vuoi che ti porti la Befana? quasi sicuramente
egli rispondeva: "Voglio andare ai burattini con Paolino e con
Scucci". Sempre così.
Cosa faceva Armando per
ricambiare tante cortesie? Dava la sua compagnia sempre di buon umore, il suo
carattere senza angoli, malleabile e conciliante, la sua buona volontà di
rendersi gradito senza viltà e senza apparente vanità. La sua timidezza
femminile (il paragone si riferisce alla femminilità d'altri tempi, ed è una
"frase fatta") gl'impediva d'essere vano. Egli amava scomparire, non
emergere, nascondersi, ripararsi dietro le spalle altrui, vivere all'ombra
comoda di qualche altra persona. La sua propria personalità, se un momento
doveva venire a galla, lo confondeva, lo faceva arrossire, lo incomodava smodatamente.
Egli non si sentiva fatto per il "primo piano" pittorico della
vita.... ma per la quieta dolcezza della penombra, per lo sfondo anonimo del
quadro.
Théophile Gautier avrebbe detto
ch'egli era ed amava essere il "paesaggio" sul quale spiccavano le
figure dei due suoi inseparabili amici.
Passavano gli anni e quella
stretta unione continuava. Si amavano quei tre veramente? Si convenivano. Erano
tre moderati egoismi che s'integravano e che componevano un tutto relativamente
armonico, come un mediocre terzetto di strumenti atti ad eseguire musica
dozzinale per la soddisfazione del volgo.
§
Oramai erano laureati tutti e
tre e le loro carriere iniziate. Paolo Mori faceva l'avvocato, per modo di
dire, perchè era ricco e avrebbe potuto vivere senza far nulla. Non aveva
disposizione spiccata per nessuna cosa e per questo aveva deciso che un giorno
si farebbe eleggere deputato.... del partito che allora sarebbe stato più
"di moda".... qualche "ismo" ben scelto e ben propugnato a
chiacchiere ed a cazzotti. Era un gaudente nato, uno di quegli esseri che
prendono sul serio il diritto umano alla gioia.
Alto, grosso, roseo, fresco,
sbarbato, mangiatore formidabile, smargiasso d'amore, si vestiva con ricercatezza,
frequentava i luoghi eleganti ed aveva come ideale di felicità il possesso di
un'automobile. Aveva sulla faccia e nel carattere qualche cosa d'infantile,
qualche facoltà e qualche lineamento non del tutto sviluppato: sì che pareva un
lattante, roseo e istintivo, visto con una lente d'ingrandimento.
Prediligeva sempre il suo Scucci
(il nomignolo persisteva) ed era sempre un po' geloso di Gigi, che se ne
prendeva una metà, come un tempo.
Gigi Balzani, laureato in
ingegneria, era stato un savio, un portento di austerità di costumi, fino
all'uscita del Politecnico; e si era dato all'improvviso, insieme all'esercizio
della professione, alla vita allegra.
Piccolo, tarchiato, non bello ma
piacente, con un ingegno acuto e paradossale, aveva gusti volgari, aspirazioni
amorose così modeste che facevano ridere l'indulgente Scucci e scandalizzavano
l'aristocratico Paolo. Gigi, discretamente provvisto anche dalla sua famiglia,
faceva l'ingegnere elettricista e guadagnava molto. Ma per i suoi gusti poco
danaro gli bastava. Amava le avventure da poco prezzo, le taverne di
terz'ordine, le kellerine, le serve, le donne insomma che egli credeva
beneficare, amandole. Anche nell'amore gli piaceva di proteggere, di elevare
l'amata fino a sè.... come nell'amicizia. Egli trattava le sue amanti press'a
poco come trattava Scucci, dall'alto al basso; ma si affezionava loro sul
serio.... e qualche volta piangeva quando doveva, per le contingenze della
vita, separarsene.
E Armando? Armando Ferni, detto
Scucci, era laureato in scienze commerciali ed era entrato in una banca, in un
piccolo impiego, perchè aveva bisogno di guadagnare. Non era mutato in nulla,
nè fuori nè dentro. Sempre bruttacchiolo, di media statura, mingherlino, aveva
una bella chioma scura un po' ricciuta, brutti occhi piccoli e miopi, un bel
sorriso che scopriva denti puliti, e quell'eterna timidezza che rendeva goffe
le sue mosse e rare le sue parole.
La sua intelligenza si era via
via sviluppata, e forse adesso egli era il più acuto ed il più colto dei tre.
Ma pareva che non ci tenesse o meglio che lo ignorasse. Era modestia? Era
orgoglio? Era inerzia nell'auto-critica. Egli non si conosceva. Non aveva avuto
il tempo di studiarsi; e continuava a mostrarsi affezionato agli amici, mite,
sorridente, servizievole, sottomesso, fedelissimo e pure diviso spiritualmente
in due parti uguali.
La sua vita amorosa era quasi
negativa, sempre per causa di quella sua inguaribile timidezza, che era il suo
segreto tormento, dacchè era un uomo. Egli sarebbe stato portato ai piaceri
dell'amore.... se la sua indole gli avesse permesso di fare i necessari
approcci....; e anche qui era costretto dalla fatalità a subire la legge che
gl'imponevano i suoi due indivisibili.... Cioè, o era tratto nelle compagnie
troppo eleganti e troppo dispendiose, frequentate da Paolo, o doveva seguire
Gigi nei bassi fondi che erano la sua specialità.... e che a lui repugnavano.
La giusta via non poteva mai azzeccarla. Eppure egli si accomodava saviamente
anche così, contentandosi dei resti dei banchetti degli amici suoi, nei quali
riusciva a trovare, anche se assenti, i sapori che più gli sarebbero piaciuti.
La sua filosofia consisteva non già nell'avere ideali, ma nel trovare modeste
gioie in tutte le realtà che gli si offrivano.
Lavorava molto e il suo poco
ozio era assorbito dall'amichevole egoismo di Paolo e di Gigi che avevano
sempre bisogno di lui in qualche modo, e che se ne contendevano, al solito, il
possesso.
Eppoi Paolo e Gigi, a poca
distanza l'uno dall'altro, si ammogliarono. Ma i due matrimoni non divisero gli
amici: solo, il terzetto diventò un quintetto. Il matrimonio è l'atto di un
individuo che più esattamente lo rappresenta e lo esprime: e i due amici di
Scucci fecero ognuno il matrimonio che dovevano fare. L'avvocato Paolo
Mori (nell'occasione diventò De Mori) sposò tutto quello che di meglio potè
trovare, la somma di maggiore utilità che potè acciuffare. Una ragazza bella,
di buona riputazione, ricca, figlia di un uomo influente, di quelli che possono
essere utili col loro appoggio morale ad un giovane che vuol salire. Si
chiamava Anna: il marito la chiamò Anna Maria perchè ha un suono più
aristocratico e più letterario: e fu veramente, per qualche tempo, innamorato
della sua graziosa moglietta che aveva molto chic, che era stufa della
sua parte di signorina per bene, che voleva divertirsi e guadagnare il tempo
perduto.
Anna Maria non fu gelosa delle
amicizie di suo marito, e Scucci le fu subito bene accetto, così timido e bene
educato, così servizievole e discreto, che si dileguava senza rumore, che
appariva sempre come un buon genietto domestico al momento in cui si aveva
bisogno di lui.
— Anna Maria, sai, questa sera
non posso dedicarmi a te. Un mio cliente mi ha telegrafato il suo arrivo
improvviso.
— Oh peccato! Abbiamo le
poltrone per la serata della Borelli!
— Sta tranquilla! Me ne
ricordavo.... e ho telefonato a Scucci di venire a prenderti. Si metterà lo smoking,
sarà inappuntabile, non dubitare. È un uomo innocuo, può benissimo servire da
cavaliere ad una giovane signora.....
Così; in casa De Mori, Scucci
divenne indispensabile, un quid intermedio tra il facente funzione di
marito e il facente funzione di maggiordomo.
Quelle sue alte mansioni di
fiducia lo compensavano di certi umili incarichi (litigare, per esempio, coi
fornitori, col padrone di casa, eccetera eccetera,) che avrebbero potuto
offendere la sua dignità.
Tutte le sue ore libere
sarebbero state ingoiate da Paolo e da Anna Maria se, al solito, non ci fosse
stata la coppia Balzani. Perchè, come si è detto, anche Gigi aveva presa donna.
Già, una di quelle che gli piacevano.... una ragazza trovata sul palcoscenico
di un caffè-concerto. Giovane, bellina, relativamente onesta e assolutamente
furba, la quale era riuscita a farsi sposare. Era una ragazza che aveva la
vocazione dell'onestà, che aveva l'anima borghese, desiderosa di benessere
materiale e di tranquillità. Fu riconoscentissima a Gigi di averle data quella
posizione che le pareva follìa sperare e lo amò sinceramente, fra l'una e
l'altra delle sue funzioni di brava massaia per le quali era nata.
Ma quell'ambiente bene ordinato,
perfettamente borghese e rispettabile, riuscì ben presto monotono, eppoi a poco
a poco tedioso a Gigi.... il quale aveva la vocazione dell'illegittimità e
della vita di bohème....; e ricominciò a frequentare i caffè notturni,
le taverne più o meno rosse, e a coltivare le relazioni brevi, volgari, da
pochi soldi, in cui si sentiva benefattore e mecenate. Sua moglie.... era già
diventata una persona troppo per bene, troppo virtuosa per i suoi gusti! Ma
siccome di fondo non era cattivo e voleva bene alla sua Mimì, e non voleva
vederla scontenta, così egli invitava spesso Scucci a tenerle compagnia, ad
accompagnarla al teatro, alle commedie, anzi ai drammi di vecchio stile, molto
sentimentali, che le facevano spargere molte lagrime. Mimì era d'animo tenero,
ed i suoi vasi lacrimali erano ricchi di copiosissima vena.... Ella pianse
assai per la freddezza del marito, per la ripresa di quella vita di scapolo che
offendeva il suo amor proprio di giovane sposa.... ma poichè egli consegnava a
lei tutto il danaro dei suoi guadagni (tenendo per sè solo un esiguo assegno
mensile) così ella si consolava ed accettava le filosofiche esortazioni del
buon Scucci, che l'aiutava coi suoi consigli a sopportare le inevitabili spine
che spuntano sulle rose della vita....
I due matrimoni avevano un po'
guaste le relazioni tra Paolo e Gigi, perchè Anna Maria non voleva saperne di
conoscere Mimì, e Paolo non credeva di dover imporre a sua moglie un simile
sacrificio.
Gigi se ne affliggeva pochissimo
e voleva sempre l'antico bene, fatto di egoismo e di abitudine, al suo compagno
di scuola.... ma quella che si offendeva era Mimì che aveva totalmente
dimenticato il suo passato e che si sentiva ora una donna per bene nè più nè meno
di un'altra. E Scucci era il diplomatico che cercava mettere pace fra le due
potenze, non disperando di giungere un giorno o l'altro a concludere quella
duplice intesa che avrebbe stabilita l'armonia nel dissonante quintetto....
Ma il monopolio, l'assoluto
possesso dell'ambasciatore, cui l'una e l'altra delle due donne agognava,
rendeva ancor più difficile la parte di conciliatore del povero Scucci. Il
quale oramai, invece di una famiglia ne aveva due, con tutti gli oneri, e i
pensieri e i grattacapi. I due amici dicevano (e di questo si divertivano) che
fuorchè usufruire dei talami e metter mano alla borsa, egli aveva sopra di sè,
un po' imposti, un po' volontariamente assunti, tutti gli uffici maritali: non
di una casa, ma di due.
E se qualcuno chiedeva ad
Armando: — Oh dottor Ferni, e lei non pensa a prender moglie? — egli
rispondeva, tra scherzevole e spaventato: — Non ci mancherebbe altro! Con le
occupazioni che ho! Non ne ho il tempo!
§
Alcune volte, veramente, egli si
trovava in qualche bivio di difficile uscita: quando, per esempio, la sua
presenza era desiderata con urgenza dall'una e dall'altra delle due tiranniche
famiglie. Due lo tiravano (moralmente) da una parte, due dall'altra: chi lo
allettava in un modo, chi in un altro, invitandolo a pranzetti succolenti, a
festicciuole intime, a serate di teatro, a gite in campagna e via discorrendo;
e richiedendo da lui, in pari tempo, una litania di piccoli favori amichevoli,
indispensabili, di quelli che si possono domandare soltanto ad una persona di
casa.
E Armando Ferni, detto Scucci,
impiegato di banca, così modesto che non conosceva l'ambizione, così timido che
non conosceva la vanità (che sono attività esteriori dello spirito), avendo
l'aria d'essere qualche volta un po' oppresso da quelle quattro affezioni che
lo sfruttavano, era nel fondo dell'animo suo molto soddisfatto di tutto ciò.
Perchè egli era, senza che nessuno lo sapesse, un ghiotto di felicità, un uomo
che prendeva il bene dovunque esso lo trovasse, sotto qualsiasi forma esso si
presentasse, ma proprio per sè, per la sua intima soddisfazione,
infischiandosene che gli altri lo sapessero.
Ci sono persone (la maggioranza)
che vivono per la galleria, per far sapere altrui quello che di buono
loro capita, magari inventandolo.... per sbalordire il prossimo. Hanno bisogno,
per essere felici, dell'invidia della gente. E sono le persone che non hanno
vita interiore.
C'è invece un piccolo numero di
persone veramente assennate e furbe che cercano la felicità per sè medesima,
che godono nell'ombra e nel silenzio, senza fracasso e senza ostentazione,
paghe di contentare sè stesse e di gustare i piccoli conviti che loro offre la
vita, in segreto, davanti alla loro sola coscienza. Di questo esiguo numero era
Scucci. Tutto il superfluo che non possedeva glie lo avevano sempre prestato
gli amici, in cambio di piccoli nonnulla, del semplice esercizio della cortesia
che non gli costava fatica alcuna, che anzi gli offriva modo di espandere certe
sue tendenze di faccendiere abile e sagace. Egli andava pensando tra sè che
coloro i quali lo credevano una vittima dell'amicizia s'ingannavano a partito,
perchè sentiva che l'amicizia dava a lui tutto quanto gli occorreva per la sua
felicità.... per quella sua piccola, quotidiana, indispensabile felicità della
quale si sentiva creditore verso la vita.
§
Ora finalmente il quintetto era
più che mai stretto e compatto, formava veramente un tutto organico ed
armonico. Il merito era stato del talento diplomatico del buon Scucci, che aveva
persuaso la schizzinosa Anna Maria ad accogliere amicamente nel suo salotto
rispettato e ricercato la signora Mimì Balzani, della quale la gente ignorava o
aveva oramai dimenticato il passato. Quel riavvicinamento era stato
graditissimo a Paolo e a Gigi, che in fondo si volevano bene e che videro di
buon occhio concluso quel trattato di pace tra le loro signore, come
essi dicevano. Da alcuni anni Mimì era una perfetta moglie. Aveva press'a poco
i modi di una signora per bene, e Anna Maria, che moriva di voglia di vedere da
vicino come fosse fatta una cosidetta ragazza allegra, si arrese alle
istanze di Scucci e finì poi col simpatizzare con quella sentimentale e tenera
Mimì, di carattere un po' malinconico, che aveva il cuore straripante del
desiderio di amare e di essere amata....
Paolo e Gigi tornarono così a vedersi più spesso,
ripresero l'abitudine antica di fare lunghe passeggiate insieme, di sera, dopo
desinare, invece di andare in società Paolo, ai caffè-concerto Gigi. La
compagnia l'uno dell'altro li toglieva alle loro tendenze dannose: l'uno cioè
al suo snobismo, l'altro al suo gusto dei bagordi; e lasciavano Scucci
nelle molteplici, complicate e delicate funzioni di custode del gineceo....
§
Una sera, Paolo e Gigi, che avevano detto uscendo, al
terzetto più casalingo, che sarebbero rincasati tardi, tornarono invece assai
presto, perchè l'avvocato De Mori ricordò all'improvviso di dover compiere un
lavoro urgente. La moglie di Gigi e Scucci li attendevano in casa sua. O meglio
non li attendevano affatto, perchè entrati con la chiave del padrone di casa
senza l'annunzio del campanello, Paolo e Gigi udirono fin dall'anticamera le
due voci alte e veementi delle loro donne accapigliate in un alterco da
cortile. La voce di Scucci, che tentava metter pace, non giungeva chiaramente
agli orecchi dei sopraggiunti mariti, soprafatta da quelle delle femmine
esasperate.
All'entrata improvvisa le voci
tacquero per incanto, le fronti si distesero, le unghie rientrarono nelle zampe
di quelle gattine irate, i sorrisi tentarono affacciarsi su quelle bocche
contratte. La facilità donnesca di passare dal pianto al riso, alla guisa dei
bambini, venne in soccorso delle due imprudenti creature, le quali ebbero al
tempo stesso, nei piccoli cervelli, la folgore di un'idea salvatrice.
L'identico pericolo suggerì all'una ed all'altra la medesima difesa....
Al duplice: — Che cos'è? Che
cosa succede? Che vergogna è questa? — dei due sbalorditi mariti ed
all'ostinato silenzio di Scucci (che questa volta si dimostrava inferiore alla
sua fama di buon diplomatico) le due mogli trassero ognuna in un angolo della
stanza il proprio marito.... e dissero loro un brano di verità....
Anna Maria si avvicinò,
alzandosi sulla punta dei piedi, all'orecchio di Paolo e gli disse così:
"Sai? Ho scoperto stasera che Mimi è l'amante di Scucci.... ed io dicevo a
quella svergognata che non la voglio più in casa mia. Così succede ai
galantuomini che si scelgono la moglie nel fango! Povero Gigi! Così buon amico
nostro! Ne sono proprio indignata....".
Dall'altro canto Mimi aveva
tratto dietro la tenda della finestra suo marito e gli stava dicendo così:
"Gigi mio, scusa se mi sono condotta male.... se ho gridato troppo
forte.... (non lo farò più), ma non posso ingoiare la canagliata che ho scoperta
stasera.... della quale però dubitavo da un pezzo. Figurati!... quell'ipocrita
di Anna Maria è l'amante di Scucci.... te lo assicuro! Povero Paolo, così buon
amico nostro! E voleva fare la smorfiosa!... quel bel mobile! Le ho cantato sul
muso che ce ne sono di migliori in certi luoghi di mia conoscenza...." e
si turò la bocca con la mano, parendole di aver detto troppo....
Le due oratrici furono
sbalordite dall'effetto ottenuto dalle loro rivelazioni di savie matrone
scandalizzate.... perchè i mariti, avendo ricevute le due stupefacenti
confidenze, apersero da prima tanto d'occhi, li volsero in giro e videro il
povero Scucci, a testa bassa, più bruttino che mai, con la sua aria innocente
ed innocua, muto e avvilito, come un povero cane bastonato; e l'impressione che
quella figura mascolina, così disuguale alla parte di improvviso don Giovanni,
fece su di essi fu tale.... che scoppiarono in una invincibile, irresistibile,
fragorosa, lagrimante risata.... Ognuno dei due credette veramente gabbato
l'amico dall'umile, insospettabile, sinodale Scucci.... perchè la rivelazione
era stata fatta con l'accento della più indiscutibile verità; ma più che
l'indignazione, più che la morale offesa, più che la delusione sulla fedeltà di
quella istituzione casalinga che oramai da tanti anni era Scucci.... potè la
comicità scaturita dall'inverosimile caso! No. Era troppo strano, troppo buffo,
troppo divertente!
Quel pezzetto d'uomo
trascurabile, insulso, inetto, ridicolo.... amante fortunato di una bella
giovane donna che ha un marito che vale cento volte, mille volte di più! Così
press'a poco dicevano mentalmente Paolo e Gigi: e irresistibilmente ridevano
tutti e due, seduti l'uno in faccia all'altro, coi gomiti sui ginocchi, con la
faccia nel fazzoletto, col collo gonfio, con gli occhi pieni di lagrime...
reprimendo a stento il fragore dei singhiozzi convulsi della più pazza
ilarità....
Scucci, che era veramente
l'amante delle due mogli, guardava i due mariti gabbati e non comprendeva nulla
di quella farsa germogliata all'improvviso dalla paventata tragedia.... ma
aveva quasi voglia di piangere dalla gioia, sull'accompagnamento di quelle
risa, perchè cominciava a sperare che la dolce armonia del quintetto (che per
un momento aveva creduta turbata per sempre) potesse essere ristabilita....
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