"PER
QUARANT'ANNI PARROCO"
Questa nel
vecchio sasso
D'un uom la storia, o grande Machiavello!
Ignoto oltre il cancello
Giace sepolto in un coi morti il tumulo
Nell'erba folta antica,
Che ondeggia ai colpi rigidi del vento:
E va l'amara ortica
Per l'obliato muro a piacimento.
Costui di
stridi e lagrime
Non fe' sua gioia, nè macchiò le mani
Nel vil sangue del popolo,
Come sta scritto dei più chiari eroi:
Non arse ville, nè gli piacque il mobile
Trofeo dei penzolanti corpi umani,
Come si legge ne' volumi tuoi:
Non dei tiranni coll'oblique insidie
Il pallido coraggio
Sostenne e i nappi taciti di morte,
O crebbe illustre di natura oltraggio;
Povero prete, il suo latin col povero
Divise e il poco pane e l'umil sorte.
Di carte
filosofiche
Non consumò nè raddoppiò volumi:
Nè dal suo labbro balbettante uscirono
Dell'eloquenza i fiumi
D'oziosi grandi alto sollazzo e noia:
Predicò, benedisse, al capo languido
De' morenti arrecò l'ultima gioia,
Pregando a sè l'eguale in l'ultim'ora:
Cultor d'umili cose
Come chi per amor veglia e lavora
Nel picciol orto egli incurvò le pallide
Mani tra i rovi e suscitò le rose.
Se non
parlan di lui le larghe pagine
Che il volgo bacia ed ama,
Se della rauca fama
Non vola alto il clangor, nostra è l'ingiuria:
Nostra che il falso orniamo
Ed ai superbi alziam templi di lauro,
Mentre la dolce ai vivi
Virtù nemmen sepolta adombra un ramo
Di lagrimosi ulivi.
Taccia
l'insulsa istoria!
Tu sola, o santa poesia, sei vera,
Che il vivo senso delle morte cose
E i tenui affetti susciti
In mezzo all'ombre, ai sassi, alle nemiche
Care al Silenzio e d'ogni ben gelose
Invidiose ortiche.
Ove manchi il sospiro di Natura,
Irrigidite larve e di cuor vuote
Stan le passate immagini
Di questa labil vita, che si oscura
Di giorno in giorno in disperato oblìo.
Amor, luce di Dio, le scalda e scuote.
Sia gloria
e luce all'ignorato atleta:
Se mai del pianto egli schiarì le torbide
Fonti e dei vivi alleggerì le spalle,
Per quante sciolse dalla rozza creta
De' suoi fratelli mistiche farfalle,
Per quel che disse e tacque
E che non scrisse, o grande Machiavello,
Al vergognoso avello
Sia pace e luce e gloria!
Di lui
qual altro fu maggior poeta,
Di lui che tanto umano
Spirito strinse nelle sacre dita?
Che val la morta mano
D'un re che impugna un'asta irruginita
Di fronte a questa carità serena
Che dei più ciechi osò guidare i passi?
Restino ai
grandi i sassi;
Egli altro onor non brama
Di quel che colla man leggiera e piena
In mezzo all'erbe il grato april ricama.
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