IL ROSARIO
DELLA NONNA
Pende dal
chiodo sul guancial, di grani
fitto il rosario della nonna mia:
pende e sui sonni miei torbidi o vani
l'ombra distende pia:
Fanciullo,
il tintinnir mi piacque e il lento
volger di questa coronina antica;
e ancor quando la tocco ancor ne sento
uscir la voce amica
dei cari
giorni e dei misteri santi,
che stanno
ora confitti al vecchio muro:
che non
temon di dotti e di pedanti
il perfido scongiuro.
Serban le
perle le ancor calde impronte
delle tue
dita, o nonna, ove passasti,
quando
inchinata al tuo Signor la fronte
de' tuoi pensier più casti
gli
svelavi i tesori intimi, arcani;
onde non morti ancor dopo molt'anni
come piccoli cor battono i grani
pieni dei santi affanni.
Forse già
tutte consumò le nude
ossa la terra e accanto al sasso pio
della tua tomba già forse si schiude
un fior che non è mio;
ma quel
che fu tuo spirito immortale
palpita e vive in questo scapolare,
che il ciel congiunge colla terra e vale
per me più d'ogni altare.
Presso qui
sta di gravi opere denso
un armadio di libri, che raduna
in poco il mare della scienza immenso
che sta sotto la luna;
che la
ragione delle cose amara
mi distilla nel cerebro e l'essenza
com'acido purifica e rischiara
della volgar coscienza;
a cui, del
capo urtando al vecchio legno,
chiedo la notte e chiedo il dì la sorte
del viver mio, ma invan chiedo. - ed un segno
che plachi un po' la morte:
chè
tutt'insieme il venerando stuolo
non fa più breccia, quando il cuore assale,
di quel che faccia lento un vermiciuolo
nel logoro scaffale....
Ma tu, sol
che ti tocchi, una dolcezza
versi che definir non san le scuole:
scintilla amor e passa una carezza
su tutto ciò che duole.
Morremo e
immota in suo rigor di sasso
starà dei saggi la ragion superba:
tu, povera umiltà, col picciol passo,
ove più dura e acerba
scende la
via, sorreggi il piede e il fianco
alla languida vita; e sull'eterna
scala ove trema il pellegrin più stanco
innalzi una lucerna.
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