LA FANCIULLA BENEFICA
Quando tu
scendi al poveretto albergo
in man recando del tuo cor la manna,
ogni misero a te guarda e sorride
come ad angelo suo.
La madre
cui la voce acuta strazia
del bambinel, che invan le batte il seno,
ti saluta: - Da qual discesa a noi
scala celeste, o buona?
Cercano i
fantolini, alto levando
le mani picciolette, onde dal tergo
ti si spicchino l'ale e donde al crine
tanto splendor ti venga,
inebriati
al suon delle soavi
parole. Ed io, quando tu passi, anch'io
cerco, ma invan, dei molli piè la molle
orma nel fango impressa:
chè un
alito ti porta tra le case
e per le vie correnti, un caldo affanno
ti accende ai mali altrui, sì che non pesa
a te la tua persona.
- Addio -
ti gridan dalla soglia i ciechi
padri che ascoltan trasognati il sole
sulla morta pupilla. -. Addio fanciulla,
bella siccome il sole!
In tua
beltà tu scendi entro gli spiriti
chiusi nell'ombra, vision lucente,
scendi e vi lasci un pio calor di santo
raggio che d'alto piove.
Dal
capezzal di gravi morbi afflitto
ti chiama e bianca a te volge la testa
la moribonda, quando vai pietosa
tra i molti letti in fila.
Sì, tu,
come la mite entra di luna
luce per le finestre, ai molti mali
rechi un sorriso e ancor più dolce mesci
ai pianti umili il pianto.
Bontà,
raggio di Dio, passa le pietre,
trapassa i cuori nel dolor sepolti,
di lei vivono i morti e in lei non muore
chi sen riveste e cinge.
Tu, perchè
buona, fatta già sicura
tra noi mortali dubitosi e tardi
cammini innanzi e colla mano accesa
a noi rompi la via;
si che
possiamo nella triste valle
credere a un raggio dell'eterna Luce
e sul tuo piede rintracciar la meta
delle lontane cose.
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