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Emilio De Marchi Vecchie cadenze e nuove IntraText CT - Lettura del testo |
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IL FABBRO
Tra i muti casolari odi frequente il suono che rimbalza sull'incude: è Bellincion, che colle braccia nude
Ei sta fosco Vulcan da mane a sera al mantice, al martel, alla tenaglia: batte, inchioda, arroventa, il ferro scaglia
Copron serrami e toppe aspre e ferraglie l'affumicata volta della muda: ansa la vampa sulla carne ignuda
Grida al compagno e cade in una dura danza la solfa delle salde braccia: tuona il martel, che rompere minaccia
Se il vino canta e scalda il sentimento, piomban sì giusti i colpi del martello, che la torre merlata del castello balla sul fondamento.
Quindi egli siede ai caldi occhi del sole sull'uscio e in così grasse risa il pane accompagna che fuggono lontane
Oppur si piglia in braccio o sui ginocchi un suo vezzoso bambinel di latte: e le morbide incudini gli batte, soffiandogli negli occhi.
Dell'uom barbuto e nero il picciol fiore mitiga i sensi e le parole audaci: scendon spesse carezze e scendon baci
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