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Emilio De Marchi Vecchie cadenze e nuove IntraText CT - Lettura del testo |
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"PER QUARANT'ANNI PARROCO"
Questa nel vecchio sasso D'un uom la storia, o grande Machiavello! Ignoto oltre il cancello Giace sepolto in un coi morti il tumulo Nell'erba folta antica, Che ondeggia ai colpi rigidi del vento: E va l'amara ortica Per l'obliato muro a piacimento.
Costui di stridi e lagrime Non fe' sua gioia, nè macchiò le mani Nel vil sangue del popolo, Come sta scritto dei più chiari eroi: Non arse ville, nè gli piacque il mobile Trofeo dei penzolanti corpi umani, Come si legge ne' volumi tuoi: Non dei tiranni coll'oblique insidie Il pallido coraggio Sostenne e i nappi taciti di morte, O crebbe illustre di natura oltraggio; Povero prete, il suo latin col povero Divise e il poco pane e l'umil sorte.
Di carte filosofiche Non consumò nè raddoppiò volumi: Nè dal suo labbro balbettante uscirono Dell'eloquenza i fiumi D'oziosi grandi alto sollazzo e noia: Predicò, benedisse, al capo languido De' morenti arrecò l'ultima gioia, Pregando a sè l'eguale in l'ultim'ora: Cultor d'umili cose Come chi per amor veglia e lavora Nel picciol orto egli incurvò le pallide Mani tra i rovi e suscitò le rose.
Se non parlan di lui le larghe pagine Che il volgo bacia ed ama, Se della rauca fama Non vola alto il clangor, nostra è l'ingiuria: Nostra che il falso orniamo Ed ai superbi alziam templi di lauro, Mentre la dolce ai vivi Virtù nemmen sepolta adombra un ramo Di lagrimosi ulivi.
Taccia l'insulsa istoria! Tu sola, o santa poesia, sei vera, Che il vivo senso delle morte cose E i tenui affetti susciti In mezzo all'ombre, ai sassi, alle nemiche Care al Silenzio e d'ogni ben gelose Invidiose ortiche. Ove manchi il sospiro di Natura, Irrigidite larve e di cuor vuote Stan le passate immagini Di questa labil vita, che si oscura Di giorno in giorno in disperato oblìo. Amor, luce di Dio, le scalda e scuote.
Sia gloria e luce all'ignorato atleta: Se mai del pianto egli schiarì le torbide Fonti e dei vivi alleggerì le spalle, Per quante sciolse dalla rozza creta De' suoi fratelli mistiche farfalle, Per quel che disse e tacque E che non scrisse, o grande Machiavello, Al vergognoso avello Sia pace e luce e gloria!
Di lui qual altro fu maggior poeta, Di lui che tanto umano Spirito strinse nelle sacre dita? Che val la morta mano D'un re che impugna un'asta irruginita Di fronte a questa carità serena Che dei più ciechi osò guidare i passi?
Restino ai grandi i sassi; Egli altro onor non brama Di quel che colla man leggiera e piena In mezzo all'erbe il grato april ricama.
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