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Emilio De Marchi Vecchie cadenze e nuove IntraText CT - Lettura del testo |
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IL ROSARIO DELLA NONNA
Pende dal chiodo sul guancial, di grani fitto il rosario della nonna mia: pende e sui sonni miei torbidi o vani l'ombra distende pia:
Fanciullo, il tintinnir mi piacque e il lento volger di questa coronina antica; e ancor quando la tocco ancor ne sento uscir la voce amica
dei cari giorni e dei misteri santi, che stanno ora confitti al vecchio muro: che non temon di dotti e di pedanti il perfido scongiuro.
Serban le perle le ancor calde impronte delle tue dita, o nonna, ove passasti, quando inchinata al tuo Signor la fronte de' tuoi pensier più casti
gli svelavi i tesori intimi, arcani; onde non morti ancor dopo molt'anni come piccoli cor battono i grani pieni dei santi affanni.
Forse già tutte consumò le nude ossa la terra e accanto al sasso pio della tua tomba già forse si schiude un fior che non è mio;
ma quel che fu tuo spirito immortale palpita e vive in questo scapolare, che il ciel congiunge colla terra e vale per me più d'ogni altare.
Presso qui sta di gravi opere denso un armadio di libri, che raduna in poco il mare della scienza immenso che sta sotto la luna;
che la ragione delle cose amara mi distilla nel cerebro e l'essenza com'acido purifica e rischiara della volgar coscienza;
a cui, del capo urtando al vecchio legno, chiedo la notte e chiedo il dì la sorte del viver mio, ma invan chiedo. - ed un segno che plachi un po' la morte:
chè tutt'insieme il venerando stuolo non fa più breccia, quando il cuore assale, di quel che faccia lento un vermiciuolo nel logoro scaffale....
Ma tu, sol che ti tocchi, una dolcezza versi che definir non san le scuole: scintilla amor e passa una carezza su tutto ciò che duole.
Morremo e immota in suo rigor di sasso starà dei saggi la ragion superba: tu, povera umiltà, col picciol passo, ove più dura e acerba
scende la via, sorreggi il piede e il fianco alla languida vita; e sull'eterna scala ove trema il pellegrin più stanco innalzi una lucerna.
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