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Emilio De Marchi Vecchie cadenze e nuove IntraText CT - Lettura del testo |
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IL MAESTRO CONTENTO
Purchè d'inverno il fuoco non mi manchi E un botticel nell'angol del camino, Mi creda, professor, rinuncio ai banchi Dove lei spiega il greco ed il latino.
Che vuole? l'aria è pura alla campagna E sdrucciola dai monti imbalsamata: Il sole, grazia a Dio, non si sparagna Nell'abbaino un tanto la fiammata:
Ma schiara i muri ed entra da padrone Ad asciugar i travicci tarlati, Scaldando l'ali d'oro a una legione Di farfalle, che brillano sui prati.
Esco al mattin, ove qua e là si perde Un sentierol che mena alla ventura Fra due file di salici e nel verde Delle foglie che fremon la frescura.
Vado lungo il sentier, la mente e il cuore Che svolazzano via secondo l'estro, Finchè dal campanil, sonando, l'ore A scuola non invitino il maestro.
Ritorno e avvien talvolta che da un denso Cespuglio io tragga i renitenti fuori. Ma del cespuglio, quando ben ci penso, Siam noi le spine ed essi sono i fiori.
Son cento insieme, ma trecento, mille Se parlano e fra tanto ondeggiamento Di teste bionde spiccan le pupille, Come lucciole in campo di frumento.
E quando al cicalìo segue la pia Cantilena al gran Padre dei bambini, È inutil, professor, ch'ella mi stia A citarmi i suoi Greci e i suoi Latini;
Allora provo - e piango - un senso nuovo Come se navigassi in un gran mare.... Un non so che, mi scusi, che non trovo Nei libri che m'han fatto studiare.
Fra quei piccini dalle mani ladre, Dai musi tinti e che non taccion mai, Vi son di quei che chiamano la madre Ita lontana, assai lontana, assai....
Vi son cervelli modellati a stampo Dei crani d'una volta e ingegni vivi In cui divin guizza talora un lampo.... È il pan che manca che li fa cattivi.
Io penso (se tra i banchi una lacuna Ricorda un saggio che morì giocando) Che mal si resta a specular la bruna Ora di morte e a ritardarne il quando.
Bello il morir, quando s'ignora il mondo, Piegando come un uccellin la testa. E il funeral, spettacolo giocondo, Si fa con fiori e le campane a festa.
Qui nel mio seggio in legno di castagno Io sono quel che son, nè i birbi sanno Che sol trecento e trentatre guadagno Lirette magre quanto lungo è l'anno.
Non sanno i punti che nel vecchio tema Dello sdruscito ferraiol ricamo: E note son che valgono il poema, Come fa lei coi classici, mettiamo.
A sera il luogo è bello entro un tranquillo Vïal divago al cimiter pian piano; Brillan le stelle, si riscuote il grillo E dei fanciulli il chiasso da lontano.
Sì, quando un giorno essi diranno (il volto Fisso al cancello l'uno all'altro in spalla) - L'han sepolto laggiù, l'hanno sepolto.... - Io dal cespuglio balzerò farfalla.
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