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Emilio De Marchi Vecchie cadenze e nuove IntraText CT - Lettura del testo |
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IL FUNERALE DEL POVERO
Il morto passa in mezzo al rumor grande Della città, che brulica e non sente La voce che dal feretro si spande... Ad altre cose ha da pensar la gente.
La gente? - butta la spregiata creta Nell'angolo dei cocci e passa via. Oh ch'io ti segua, io sol, zoppo poeta, Col mio rosario e colla fede mia:
«Ave, corpo mortal, in cui piangea Tra duri ceppi l'anima divina, O rozzo vaso d'un'eterna Idea, O diroccato altar, ave, o rovina!
«Ave, spirto immortale, che s'inciela A terger l'ali in più sereni amori. O sfuggita da sozza ragnatela Farfalla nata per gli eterni fiori.
«Tu scendesti una notte al lume bianco Degli astri in mezzo ai campi, ove ti accolse La madre poverina entro il suo fianco; Poi de' suoi baci tiepidi ti avvolse....
«Era di sangue e latte il picciol viso, La bocca era una frugola vermiglia: Il cor nel dolce mar degli occhi fiso, Tutta stringendo in te la sua famiglia,
«Contemplò la tua mamma una gioconda Serenità che valica i confini Della mente e che i sensi umani innonda: Amor ti sprimacciò gli stracci lini.
«Di tua magrezza vergognoso al sole Quindi posando sul materno petto, Nel bel canto imparasti le parole Che schiudono le porte all'intelletto.
«Poi corresti, fanciul, scalzo nel giallo Frumento a fare l'eco alla cicala, E a te dalla cascina ilare il gallo Rispondea starnazzando sulla scala.
«Natura, al poverin sempre gentile, T'empiè di bacche le siepi e di more, Nè ti rifiutò del lieto aprile Un bel raggio e d'un prato il più bel fiore.
«Te respinto dagli usci alfin raccoglie Nelle sue braccia e t'offre un cataletto Entro un lettuccio squallido di foglie Pur dianzi cadute a farti il letto.
«E ancora, o Madre pia, culli i tuoi morti A un modo istesso e il nome non ne chiedi; Di pratoline e di virgulti smorti A tutti una ghirlanda alfin concedi.
«Ave, corpo mortal, in cui piangea Tra duri ceppi l'Anima divina, O rozzo vaso d'un'eterna Idea, O diroccato altar, ave, o rovina!
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