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Camillo Berneri Mussolini alla conquista delle Baleari IntraText CT - Lettura del testo |
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Introduzione
Con la più opaca delle ipocrisie, la stampa fascista tenta dare all'intervento armato dell'Italia imperiale a fianco dei faziosi Spagnoli la colorazione di una crociata in difesa della libertà e della giustizia. Come per la conquista dell'Etiopia essa ha speculato sullo schiavismo, così per la tentata conquista della Spagna essa specula sulla «barbarie rossa». In realtà l'Italia fascista è partita alla conquista della Spagna attuando disegni lungamente meditati e sviluppati. L'invio di armi, di munizioni, di unità navali, di aeroplani nonché di truppe di «volontari» arruolati dai distretti militari e apertamente assoldati, inquadrati ed addestrati, è una patente realtà che invano si tenta di mascherare. La rivolta fascista non è soltanto un'occasione per l'imperialismo italiano; è stata anche uno dei tanti effetti dell'azione internazionale di quella vorace ed ambiziosa volontà di dominio che ha condotto l'Italia al tentativo di Corfù, alla feroce politica di sterminio degli indigeni della Libia e alla conquista d'Etiopia. L'Adriatico non è più dal 1920 «un modesto golfo» per la megalomania imperiale di Mussolini, aspirante alla conquista di «un vasto mare», il Mediterraneo, «nel quale le possibilità vive dell'espansione italiana sono fortissime» (Popolo d'Italia, 13 novembre 1920). Il destino mediterraneo è diventato uno dei miti della mistica mussoliniana ed una delle parole d'ordine della politica imperialista del fascismo italiano. Nelle sue mire egemoniche, l'Italia fascista doveva incontrare sulla via dell'Impero la Spagna. Non potendola presentare come una delle «nazioni capitaliste» schiaccianti le «nazioni proletarie», come il fascismo italiano fa con la «perfida Albione» e la «Francia negroide», denunciò come scandaloso il fatto che la Spagna, con una popolazione che è la metà di quella italiana, possieda un territorio che è quasi il doppio di quello italiano. La Spagna apparve all'imperialismo mussoliniano un paese da colonizzare. Non è, questa, una deduttiva ipotesi, bensì un'induttiva constatazione basata su numerosissime ed evidenti prove, che saranno ben presto riunite e presentate al giudizio dell'opinione pubblica. In queste pagine, ho voluto circoscrivere il quadro. Qui s'illustra soltanto come Mussolini mirasse alle Baleari come ad una testa di ponte della conquista del Mediterraneo. Qui, a parlare, è il documento, soltanto il documento. Del martirio di Majorca non è detto niente, che la storia di essa è prematura. I massacri furono, e sono, orrendi di estensione e di ferocia. A contenere i prigionieri più non bastando i castelli, sono adibiti i conventi. Ma che in quattro mesi siano stati fucilati a Palma di Majorca 5.250 persone; che i cadaveri mutilati testimonino della barbarie degli occupanti; che Majorca abbia vissuta tutta la tragedia del popolo italiano, dall'olio di ricino allo stupro, che cosa importa all'Europa ormai così vecchia da avere il cuore sordo? Non scriviamo con l'illusione di commuovere l'opinione pubblica, bensì con il proposito d'illuminarla. Majorca è il centro della pirateria faziosa, è il centro della fabbricazione di armi organizzata dall'Italia fascista, dall'aviazione da bombardamento, Majorca, Ibiza, Catalogna: ecco le tappe della conquista sognata da Mussolini. Ma anche delle Baleari si accontenterebbe l'imperialismo italiano che capisce quale importanza esse abbiano nel giuoco delle forze mediterranee. Quella che non lo ha mai capito, come osservava recentemente Guglielmo Ferrero, è la Spagna. Queste pagine dimostrano come dal governo di De Rivera in poi, il fascismo italiano abbia potuto preparare la conquista delle Baleari con l'acquiescenza, quando non con l'aiuto, del governo e del nazionalismo spagnolo. Conoscere l'opera di preparazione di quella conquista vale ad afferrare lo spirito imperialista dell'Italia fascista e porta a conoscere la tecnica della sua opera di conquista, tecnica che bisogna confessare abile e tenace. Le aquile romane entrano di frodo, nel cavallo di Troia dell'amicizia tra le «sorelle latine». Il ramoscello di ulivo, Roma lo offre con la sinistra, ché nella destra impugna la spada. Vero è che la tiene, la destra armata, ripiegata dietro il dorso. Domani si mostrerà il volto belluino del ladro della perla del Mediterraneo. Per ora basta mostrarne la maschera. |
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