"Quaranta franchi? Non
potrebbe farmela a meno?". No che non poteva. "Per lei lo farei più
che volentieri. Ma una bambola biscuit, come questa, creda è difficile
trovarla a questo prezzo. È roba fina, lei capisce. Non si può darla a meno.
Roba che viene dall'estero, e col cambio...".
Gino Taddei, stordito da quel
diluvio di parole, esce avvilito e mastica: "Quaranta lire? Ladri!
Ladri!".
Poi si calma. E si consola
pensando che in due mesi, qualche spesuccia di meno, a quaranta lire ci si
arriva. Sono soldi buttati via, per una bambola. C'è bisogno di tante cose in
casa. Bianca ha un cappello vecchio, da vergognarsi ad andar fuori. Lui le
scarpe che c'è da aver paura di perdere le suole per strada. E il pastrano
stinto, spelato. E il debito dal macellaio.
— Maledetta miseria! Ma sarà
sempre così? — E Gino Taddei che legge Il Giornale d'Italia e fischia
l'ultima canzonetta in voga quando c'è un po' di sole e la paga è vicina,
maledice il governo, la vita, l'idea di metter su casa, e rimpiange di non
essersi messo a fare un altro mestiere: lo spazzino, magari.
— Bell'impiego il mio. Ci muoio
in quello sgabuzzino.
Gino Taddei, impiegato in un'agenzia
di collocamento, è povero. Quando ci pensa si infuria. Il cuore gli si gonfia
come una pozza giallastra.
Quaranta lire... lire
quaranta... L.40... bambola... biscuit... Lisetta... Ladri!!!
Ha un foglio davanti, Gino
Taddei, impiegato. E nello sgabuzzino non capita nessuno. La penna stride sul
foglio e scrive parole, segna le cifre, traccia profili. Poi cancella, poi
scrive, segna e traccia di nuovo.
Gino Taddei, prigioniero della
paga, si annoia. Preferirebbe avere lo sgabuzzino zeppo di gente che ha fretta
ed è prepotente, che brontola e grida. Allora c'è da faticare e da tenere la
rabbia coi denti. Ma queste ore, in cui non c'è che il rumore della strada a
tenerti compagnia sono lunghe.
Pensa ai guai, alle gioie mai
vissute, al domani, che pare la bocca di un pozzo nero nero.
Gino Taddei pensa ai suoi. La Bianca ha una tossaccia da
sputar l'anima e non le vuol passare. E per risparmiare soldi fa il bucato in
casa. Si alza presto, al mattino, con questo freddo! E nella cucina risuonano i
colpi sull'asse. Se li sente risonare nel cuore, quei colpi, e sospira. La Lisetta cresce bene, però.
È la loro consolazione quella bimbona. Ha le sue bizze, ma è buona. Qualche
volta è fastidiosa, perchè si annoia, così, sempre in casa. Bisognerà mandarla
all'asilo. Là avrà compagnia e imparerà qualche cosa. Quando sarà grandina: a
scuola! Lei deve diventare una dottoressa e guadagnare tanto.
*
Il direttore li ha contati i
pochi biglietti da cento. E Gino Taddei li ha ricontati poi li ha piegati con
cura. E li ha messi nel portafoglio, dove c'era un superstite biglietto da
cinque, solo solo.
Ora cammina svelto, e gli pare
che la pioggia canti una bella canzoncina, sulle grondaie. L'acqua entra per i
rotti delle scarpe. Bisognerà portarle dal calzolaio. Fischiettando, va a
pagare il debito dal macellaio. Gli faceva il muso duro da due mesi in qua, ma
ora gli sorride e gli dice, alle scuse per il ritardato pagamento: Fra
galantuomini... Al bazar c'è ancora la bambola dagli occhi turchini e dai
capelli biondi. È matto a buttar via quaranta lire per una bambola da signori.
Ma pensa al caro musetto che si illuminerà.
*
Nemmeno la scatola gli hanno
dato — Ladri — L'ha dovuta avvolgere in un giornale, la bella bambola, ma la
porta trionfante; e la strada gli pare lunga lunga.
— Lisetta, guarda cosa t'ha
portato il papà — ripete, fra sè, indugiando nel pensiero della gioia che sta
per dare. E la vede felice, la sua bimbetta, con la bambolona da cullare, da
mettere a nanna, da vestire.
Ma cosa succede in fondo alla
strada che c'è tanta gente ferma a vociare?
Gino Taddei, uomo prudente,
pensa di cambiar strada. Ma dovrebbe fare un lungo giro ed è impaziente
d'essere a casa.
Un uomo fugge e gli altri lo
rincorrono, coi bastoni alzati. Fa per scansarsi, ma un urtone lo sbatte contro
il muro. Sparano. La gente fugge. Sbatacchiare di imposte e di porte, srotolio
di saracinesche, urlio di donne che non trovano un portone aperto e corrono
lungo i muri.
Gino Taddei, uomo prudente,
rimane lì sul marciapiede. A terra c'è la bambola, in pezzi. Pallido, con un
tremito alla gambe, la guarda. E vede le manine grassoccie di Lisetta tese
nell'impaziente desiderio del dono.
Guarda la bella bambola, ma le
lacrime gli offuscano la vista. Un dolore di bambino l'à preso alla gola e lo
soffoca.
Se ne va, verso casa, un po'
curvo e con passo lento. Sulla porta indugia, perchè Lisetta gli correrà
incontro con le manine tese. Come per ricevere la bella bambola dagli occhi
turchini e dai capelli biondi.
Camillo
da Lodi
(alias,
Camillo Berneri)
|