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Camillo Berneri Novelle IntraText CT - Lettura del testo |
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Una persona seria
Anche quel trimestre Bianchina portò a casa una pagella che faceva sperare poco di buono. Suo padre tuonò contro la gioventù d'oggi, che non studia; contro i professori, che fanno il loro comodo; perfino contro il governo, che non mette le cose a posto. Sua madre consigliò di far prendere delle ripetizioni a questa benedetta figliola che è un po' gracile e non può, così giovane, studiare tanto, chè rovina la salute. Il padre borbottò che erano soldi buttati via, ma poi finì col dire, col tono più energico: "Vediamo anche questo. Ma se non passi, si rimane qui tutta l'estate. Nemmeno un giorno al mare. E, la domenica, in casa!". Lacrime e promesse della Bianchina; sgridate paterne in tono minore; poi la vita della casa Bosetti ritornò sui suoi binari. Chiesero consiglio alla signora Papini, vecchia amica di casa, che conosce tutta la città, tanto bene da dir male di tutti. Il consulto concluse che ci voleva una persona seria. "Il Sinibaldi è un bravo ragazzo. Ha vent'anni ed è già al terz'anno di università. Ma è troppo giovane. Non che ci sia pericolo per la Bianchina. Fossero tutte come lei! Ma è sempre meglio... e poi chissà quanti pettegolezzi! C'è tanta gente maligna!". I giovani furono scartati. I vecchi anche, perché o sono rimbambiti o sono peggio dei giovani. A forza di esclusioni, rimase il prescelto il professore Carli, uomo di mezza età, ammogliato e con figli: una persona seria sotto tutti gli aspetti. La persona seria si presentò il giorno dopo. Fece buona impressione. Occhiali, barba con qualche pelo grigio, faccia severa. Proprio quel che ci voleva per quella scapata della Bianchina - pensò la madre.
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Il professore parlava con solennità e non perdeva tempo in chiacchiere. La scolara lo trovava noioso e cercava di rompere la monotonia della lezione con qualche divagazione, ma lui tagliava corto. Alle lezioni di latino fu necessario aggiungere quelle d'italiano, poiché la Bianchina zoppicava anche lì. Il professore cominciò ad animarsi. Abbandonava il tono cattedratico e giungeva a divagare. I commenti alle poesie lo facevano parlare di tante cose che gli rendevano gli occhi vivi e la voce calda. Bianchina pensava, guardandolo — Quante cose sa! Quante idee! Come parla bene! — e certe frasi le aprivano finestre ignorate su panorami di sogno, un po' nebulosi, ma attraenti col loro fascino ambiguo. E si sforzava di fare dei bei componimenti, vergognandosi di fare la figura della sciocchina, di fronte a lui. E nei componimenti metteva, velato di retorica, un po' della sua piccola anima di signorina di liceo e di buona famiglia, che legge i romanzi proibiti, che va in estasi nelle sere punteggiate di lucciole ed è capace di piangere perchè le campane sono melanconiche quando il cielo è rosso viola. Bianchina si sentì lusingata dal fervore che il professore metteva nelle lezioni, e quando la mamma si affacciava a dire — Professore, l'ora è passata. Sarà stanco, eh! — le pareva che venisse ad importunare. Deve piacere molto l'italiano al professore — diceva la madre di Bianchina, ma la ragazza pensava, compiacendosene, che era lei che piaceva, ed aveva una voglia matta di confidarlo all'amica del cuore. Ma temeva di non essere creduta e di far la figura di quella sciocca della Dina, che, a sentirla, son tutti innamorati cotti di lei. Il professore Carli, è doveroso dirlo, trattandosi di una persona seria, non era innamorato della scolara. Non era, però, molto lontano da questo, poiché era innamorato dell'amore.
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I figli erano il suo sollievo, il suo rifugio. Quando tornava stanco ed amareggiato, bastava che prendesse sulle ginocchia Lisetta perchè quelle manine di rosa e quegli occhioni azzurri gli snebbiassero l'anima. Sua moglie, una donna arida arida, che non lo capiva e l'amava di sola fedeltà, non era più che un'abitudine. L'aveva conosciuta in una cittadina toscana, in principio di carriera, quando ci si trova internati da una supplenza, senza conoscenze, lontano dalla famiglia, con la nostalgia della città grande, in qualche isolotto di case, dove la vita si svolge tra la noia e la maldicenza. Era stanco della solitudine. Gli piacque, così bella e così fredda da parere racchiudesse un tesoro di tenerezza. L'amò con tanta veemenza da non poterla conoscere. Quando si trovò dinanzi la realtà di una moglie e vide svanito il sogno dell'amante dei suoi sogni, si sentì invecchiato. Vennero i figli, a rinverdire l'autunno. E la scuola, lo studio, le preoccupazioni colmarono il tempo. L'anima si fece un bozzolo di sogni, che lo conservava fanciullo. Troppo nobile per cercare l'avventura volgare, troppo padre per abbruciarsi in una passione, si accontentò dei miraggi della fantasia. I peccati di pensiero, le scappate dei romantici, furono il suo conforto. Ma un conforto triste, che lo rendeva rassegnato ma non sereno.
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Una sera, dopo una lezione alla Bianchina, tornò turbato, da cenare in silenzio e come trasognato. Cercò di distrarsi. Cominciò a sfogliare un album di disegni, illustrandolo con raccontini fantasiosi alla Mirella, che lo ascoltava, attenta, con quel suo visetto pallido ed espressivo, che gli faceva pena, poiché sapeva che cosa vuol dire aver cuore. Una figura lo colpì, risvegliando il pensiero a lei. La rivide, con i capelli sciolti, legati con un nastro, come una bambina; ma con gli occhi neri, un po' oblunghi, mobili, che rivelavano la donna che intuisce la potenza dello sguardo e l'usa. Quegli occhi neri e brillanti lo guardavano con strana fissità, poi illanguidivano, per ribrillare in uno sguardo audace. E la piccola bocca mostrava tra le labbruzze rosa dei dentini bianchi ed aguzzi di gattina giovane. E il collo era pieno e bianco, come le spalle. Cacciò l'immagine, ma un accoramento di fanciullo lo prese.
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La vita l'aveva reso uomo prima del tempo. Fanciullo, aveva aiutato il babbo, in bottega. Giovinetto, era stato qualche anno in collegio. Poi all'università, in una grande città, senza amici e con la necessità di pagarsi la vita. Non aveva amato con speranze e propositi. Timido, sognatore, refrattario alla realtà quotidiana, che è insolente come lo schioccare di frusta delle vetture da piazza e volgare come un postribolo di soldati. Povero, non poteva offrire che un cuore. Troppo poco per le signorine di buona famiglia. Le donne che si conquistano con poche lire lo disgustavano. I suoi amici erano senza speranza. Una ragazza bionda dal profilo d'angelo che cuciva, sempre assorta, alla finestra di faccia. Una signora pallida e dagli occhi fieri e dolorosi che vedeva passeggiare sempre sola in un solitario giardino pubblico. Furono questi i suoi primi amori. Poi l'illusione prese forma: quella di sua moglie. E diventare la realtà quotidiana di uno sguardo senz'anima, di una voce senza vibrazioni, di un amore freddo, quasi rassegnato. Fuggiva la realtà, correndo lontano, a fianco dell'ignoto; verso orizzonti sempre uguali e sempre nuovi.
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Quando il professore Carli ricevette l'annunzio di matrimonio di Bianchina, rimase con quel cartoncino giallo dai bordi dorati, a rileggere: Bianchina Roselli e G.
De Lupo Era la realtà, quel cartoncino. Rimase lì, come trasognato; col cuore gonfio di tristezza. Ma Mirella vide il cartoncino e portò le forbici al babbo, perchè vi ritagliasse una bambolina. |
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