III
Sulla
terrazza — una di quelle paradisiache terrazze genovesi, alte ed ampie come il
ponte d'una nave, tutte fiori e penduli rami verdi, dominanti il panorama
maraviglioso del golfo e dei colli rivestiti di palazzi marmorei e di giardini
— stavano sole in quel momento Jole e suor Immacolata. La fanciulla, già in
avanzata convalescenza, ma non ancora in possesso delle sue forze, e sofferente
inoltre di gonfiore alle estremità, come avviene spesso dopo una lunga e
pericolosa malattia, era adagiata in una poltrona di giunchi che le permetteva
di stare distesa come in un letto. Indossava un abito celeste, di foggia ampia
e comoda, increspato solamente al collo, come le vesti dei bambini; ma la
scelta del giovanile colore, la trina che adornava la scollatura e i polsi, e
un piccolo nastro della stessa tinta dell'abito che le rialzava a un lato della
fronte qualche ciocca dei bei capelli a riccioli soffici ancora corti,
denotavano il ritorno alla vita, completo ormai e amoroso, di colei che aveva
veduto così da presso la morte. La suora, seduta dirimpetto in una sedia da
giardino, lavorava a una trina finissima e complicata. Ora non sovrapponeva più
come nei giorni della passata esistenza il largo grembiale e le maniche di
mussollina alla sua veste di lana candida a pieghe rigide, ma vi lasciava
scendere il nero scapolare, contro cui le sue mani sottili e la trina leggera
acquistavano bianchezza e risalto. Jole aveva finito da poco di far colazione e
si abbandonava a quel languore così benefico e così dolce delle convalescenze
inoltrate: e respirava con benessere l'aria odorata dai mille giardini, che le
portava insieme la salsedine e la carezza del fiero mar ligure che avrebbe
finito di ritemprarla.
Era una delle
più terse e tranquille giornate di maggio. Una tenda riparava dal sole la
terrazza dove la temperatura si manteneva alta, dove saliva un vasto e confuso
cinguettare e trillare d'uccelli, e il profumo dei fiori vicini e lontani, tra
cui soverchiava quello della magnolia e del caprifoglio. Jole si era distratta
un poco a guardare le illustrazioni di qualche rivista, ma poi le aveva posate
sullo sgabello accanto, ed osservava ora le dita agili e pallide della suora
muoversi destramente nel paziente lavoro.
— Dove ha
trovato il disegno di quella trina, suor Immacolata? Deve essere difficile da
eseguire, ma è molto bello.
Il gentile
volto della monaca, che appariva più colorito del solito fra le bende, per il
caldo dell'ora, s'illuminò di un sorriso che ebbe un misterioso significato di
malinconia:
— Sono tanti
anni che so fare questa trina — ella rispose. — Avevo poco più della sua età
quando la imparai.... vicina alla mia mamma,
— La sua
mamma.... — ripetè Jole. — E’ strano sa? ma non si pensa mai che le suore
abbiano una mamma.... Vive ancora la sua mamma?
— Sì; ha una
salute delicata, ma Dio me la lasci ancora. Ci scriviamo spesso.... ci vediamo
anche abbastanza spesso....
— E dove sta
la sua mamma?
Jole era
assalita da una delle sue infinite curiosità delle ore di riposo e di languore.
Suor Immacolata rispose dopo un silenzio:
— A Bologna.
— Sola, sta?
— Oh no. Con
mio fratello e la sua famiglia!
— E il papà
non l'ha più, suor Immacolata?
Triste, la
monaca disse:
— Non l'ho
più.... da cinque anni.
— E sorelle
non ne ha?
— Non ne ebbi
mai.... Cioè, sì una, Luisa, ma morì quand'io ero piccola. Ho due fratelli; il
minore, Arrigo, ammogliato con due bimbi: sta con la mamma. L'altro, maggiore
anche di me, Corrado, capitano di marina.
— Lei ha un
fratello ufficiale di marina! — esclamò con una gioconda meraviglia Jole
sollevandosi dalla poltrona.
— Sì.... —
ripetè la suora sorridendo di quella sorpresa puerile — capitano di corvetta, e
sempre in giro per i mari, povero fratello. Ora però si trova a Livorno.
La fanciulla
era rimasta assorta in un pensiero, come se quella rivelazione avesse avuto per
lei un'importanza singolare. Poi senza distogliere i grandi occhi bruni dal
porto che appariva di lassù oltre l'oscura cinta dei magazzini e dei cantieri,
irto di antenne slanciate, osservò:
— Potrebbe
darsi che un giorno o l'altro la corvetta di suo fratello capitano comparisse
laggiù. La riconoscerebbe, lei, di qui?
— Oh, credo
di no — io non me ne intendo.
— Ma io
sì.... Sa che nome ha? Mi farò dare un canocchiale da papà, e cercheremo tutti
i giorni se sia entrata in porto la corvetta di suo fratello... — E mutando
idea, subito:
— Le
piacerebbe, suor Immacolata, di fare un viaggio in mare.... un viaggio lungo
lungo?
— No, non mi
piacerebbe, Jole; eppure spero di farlo prima di morire.
Jole allargò
i suoi occhi morati senza comprendere se la monaca celiasse o dicesse sul
serio. Ma il bel viso delicato fra le bende, intento alla trina non sorrideva.
— Spero di
farlo per andare lontano.... alle Missioni.... nell'Affrica meridionale o in
Oceania, nei paesi barbari, dove non è ancora penetrata la luce della religione
di Cristo; dove sono tanti piccoli esseri da raccogliere, da educare; tante
tribù da incivilire, da conquistare alla fede e alla bontà.
— E lei
avrebbe coraggio, suor Immacolata, d'andare in quei luoghi? tra quella gente?
Ma sono come le bestie, sa? Uccidono con le freccie avvelenate.... mangiano la
carne umana.... sottopongono i prigionieri a supplizi orrendi.... Ho letto
tanti libri che descrivono tutte queste cose terribili.
— Ne ho letto
anch'io — replicò la suora senza turbamento. — So tutto, ma non importa. Il
giorno che noi indossiamo questi abiti, offriamo la nostra vita al Signore;
nulla può dunque arrestarci più, nemmeno la visione del martirio, quando
abbiamo la convinzione d'operare il bene. È molto tempo ch'io provo questo
desiderio, e prego sempre perchè possa essere esaudito. Ogni anno partono molte
suore coi nostri Missionari, ed io sento per esse una santa invidia.... Una
volta o l'altra spero d'essere con loro anch'io.
— Lei non è
dunque libera di partire quando vuole, suor Immacolata?
— Sì, basta
fare una domanda.... Ma finché vive mia madre non la farò. Mia madre ha una
salute molto delicata, e non sopporterebbe l'angoscia di vedermi partire....
forse per sempre. Né io le darò questo dolore.
L'apparizione
di Leo sulla terrazza interruppe il loro discorso. Lo studente era molto
accigliato, ebbe appena uno sguardo per sua sorella. Si avvicinò alla
balaustrata, contemplò un momento il mare in atteggiamento cupo e riflessivo,
poi voltò le spalle, rientrò.
— Ha visto
che umore ha Leo? — osservò la giovinetta con la sua fida infermiera. — È così
da due o tre giorni. Pare in collera con tutti, anche con me.... Questa mattina
ho udito papà che lo rimproverava, ma non ho capito perchè.... Forse non
studia.... Non ha mai avuto voglia di studiare, Leo.
La suora
intenta alla sua trina non rispose. Jole sospirò:
— Mi fa una
pena....
— Pregheremo
per lui — mormorò la suora dolcemente. — Dio gli darà aiuti e conforti.
Mentre la
fanciulla stava per ribattere uscì sulla terrazza colei che la monaca temeva di
più, Alda.
Indossava una
gonna grigia, una blusa di foulard a disegni confusi e policromi. Sul volto
magro teneva fisse le lenti, e fra le mani un grosso volume. Si piantò dinanzi
alla sorella come avrebbe fatto un medico davanti ad un letto d'ospedale.
— Sempre
stesa? — rimproverò. — Ma quel piede ha bisogno d'esercizio se no non prenderà
mai la sua elasticità. Non lo sa, lei suora?
— Ne ha fatto
dell'esercizio questa mattina — spiegò la monaca dominando meglio che seppe il
turbamento che quella creatura le arrecava. — Il signor dottore raccomanda
anche di non stancarla troppo.... Ma non c'è da temere.... guarirà, col
tempo.... Ne ho veduti degli altri....
Alda fissò un
momento la suora attraverso le lenti con gli occhi penetranti che somigliavano
a quelli del padre. E sorrise a sua sorella sedendole vicino. Aveva una
giornata buona. Suor Immacolata tacitamente si riconfortò.
La studiosa
aperse il volume a un punto dove aveva lasciato un lapis sottile, e scorrendo
le pagine, tracciava ogni tanto qualche segno sui margini, Jole le chiese che
cosa leggesse,
— Il libro
d'un russo, sull'emancipazione della donna. Un'opera forte e meditata che
porterà molta luce. Forse la tradurrò in italiano.
— La leggi in
russo, ora? — domandò stupita la minor sorella, pronta a tutto credere quando
si trattava della cultura di Alda.
— No, la
leggo in francese.... Ah i tempi sono maturi.... — ella continuò con
intenzione, battendo il lapis sulla copertina e guardando la suora intenta al
suo paziente lavoro muliebre. — I nostri diritti stanno per essere
riconosciuti.... noi faremo modificare le leggi, ne faremo aggiungere delle
nuove.... Le antiche istituzioni, gli antichi sistemi cadranno in rovina,
lentamente, abbandonati come le rocche feudali che sono là a rappresentare
solamente un'era di barbarie.... La donna dell'avvenire avrà spezzato tutte le
sue catene.
Alda parlava
con una voce alta e sicura, la voce di chi è abituato a farsi ascoltare, a
dominare nelle discussioni. Jole la osservava con quel misto di curiosità e di
ammirazione che la personalità della sorella — ingrandite dalla sua mente di
semplice fanciulla — le infondeva. Pur sentendo confusamente che Alda poteva
sbagliare, essa non sapeva mai ribattere le sue affermazioni: ella credeva che
per contraddire Alda occorresse un ingegno e un'istruzione particolari. Suo
padre, il loro padre, forse, avrebbe potuto mettersi a discutere con essa. Del
resto....
Si voltò
quindi meravigliatissima quando udì la dolce voce di Suor Immacolata chiedere
tranquilla:
— E che cos'è
che domandano loro? L'uguaglianza?
La suora
aveva rialzato il delicato volto roseo nel cerchio fresco e candido delle
bende, e gli occhi soavi, cerulei che vi fiorivano come due corolle di
fiordaliso. Le sue mani allungate e pallide le erano ricadute in grembo sulla
trina, inoperose.
— Già —
rispose Alda misurando la monaca con lo sguardo, come un avversario che
l'avesse sfidata improvvisamente. — Uguaglianza di diritti, in ogni campo, nel
campo sociale, nel campo morale, nel campo intellettivo, nel campo giuridico.
Questa opressione d'una metà del genere umano sull'altra è un'assurda barbarie.
È tempo che la donna ci pensi e provveda.
— E lei crede
che questo possa essere possibile proprio, in pratica, signorina?
— E perchè
no, dunque? — ribattè Alda che non riusciva a nascondere una specie di grata
meraviglia nel vedere l'umile suora interessarsi alle questioni a cui si era
ardentemente consacrata. — Perché no, dunque, suora? Certo ci vorrà ancora del
tempo, giacché lo stato d'umiliazione e d'ignoranza in cui fu tenuta finora la
donna la fanno cieca e noncurante del suo bene. Ma grado grado aprirà gli occhi
alla luce, si ricrederà. Essa non è che un uomo arretrato. Anche gli uomini
hanno vissuto dei periodi interi di storia nell'accidia e nella mollezza:
anch'essi hanno adoperato le stoffe di colori vistosi, le trine, i gioielli.
Diventando più intellettuali hanno abbandonato queste frivolezze.... La donna
seguirà questa via. Diventerà il collega dell'uomo. Le professioni liberali e
le funzioni politiche saranno esercitate dai due sessi, indistintamente, come
oggi molti mestieri. Le donne industriali, negozianti, professori, medici,
deputati lavoreranno accanto ai loro colleghi uomini e sederanno con essi in
tutte le assemblee. Il tipo femminile si è formato per la differenza delle
funzioni sociali.... E solamente per mezzo della libertà e dell'uguaglianza
questo tipo nefasto verrà distrutto.
Jole sgranava
i suoi occhioni neri, immobile e silenziosa dalla poltrona di giunco su cui stava
adagiata col suo abito celeste, il nastro celeste fra i riccioli, quasi esempio
vivente di quel "tipo nefasto" contro cui inveiva la sorella. Suor
Immacolata, che aveva ascoltato con attenzione, osservò:
— Eppure Dio,
creando la donna diversa dall'uomo, assegnandole la funzione delicata e sublime
della maternità, mettendo nella sua anima istinti differenti, sentimenti
differenti da quelli del suo compagno, ed anche ideali e necessità diversi,
come mai li avrebbe destinati a sostenere la stessa parte nel mondo! Non li
avrebbe invece Egli, nella sua Sapienza, creati diversi perchè si
compensassero, perchè si aiutassero a vicenda nei diversi campi delle loro
attribulazioni naturali! perchè la più debole fosse obbligata a ricorrere al
più forte per sostegno e difesa, e il più forte ricercasse la più debole per
conforto, dolcezza e riposo? E così uniti, nel dolore e nella gioia,
completandosi, non formerebbero una ideale armonia?
— Tutto
questo è romanticismo della vecchia scuola, suora. Noi sappiamo soltanto che il
più debole è schiacciato dal più forte, e che non è piacevole d'essere
schiacciati.... — Alda oppose.
— Ma non sarà
tanto più facile farsi schiacciare affollandosi tutti sulla stessa via che non
operando in due vie, parallele ma distinte? — chiese con molto buon senso la
suora.
Jole poneva
mente, stupefatta. La sua dolce confortatrice, la sua paziente custode, colei
che per due mesi le aveva reso i più umili servigi, dimostrandole una diligenza
e un'esperienza perfetta nel disbrigo delle sue pratiche attribuzioni, le si
rivelava ora sotto un aspetto nuovo e insospettato. Non era nemmeno più
l'ispirata sposa di Cristo che si esaltava nel parlare della sua fede; no: era
la donna intelligente che esponeva le sue idee, che faceva uso del suo libero
pensiero per la buona causa; ed era, nello stesso tempo, la signora, la dama
che appariva, nel tono della voce, nel gesto, nel mover del capo, nel sorriso.
L'origine
aristocratica di suor Immacolata non si era mai più chiaramente tradita dal
contegno di lei, disinvolto estremamente ed estremamente dignitoso. Alda
medesima ne fu impressionata e subì senza volere il fascino di poesia e di
mistero di quell'incognita che le stava dinanzi celata nella veste umile.
— Vede
signorina, — diceva ora la monaca con la sua voce smorzata e melodiosa; — io
credo che le radici del male e del rimedio bisogna cercarle più in alto, dove
le teorie non arrivano più in una zona spirituale. Ai nostri giorni ci si
preoccupa soprattutto del benessere materiale, dell'appagamento dei desideri e
degli istinti della nostra persona, e noi crediamo di poter raggiungere o
d'aver raggiunto il massimo grado di felicità, quando avremo dato, o dopo aver
dato ai nostri cinque sensi tutto il pascolo ch'essi possono desiderare. E in
questa preoccupazione noi dimentichiamo niente di meno che la nostra anima!
L'anima, ch'è così bizzarra da contentarsi d'un nonnulla talvolta, e tal'altra
da non appagarsi dei più copiosi e rari tesori. Se noi cominciassimo invece ad
adoperarci per contentare l'anima nostra prima di tutto, e contentarla nel modo
migliore, sfidando ostacoli e sofferenze, persistendo con tenacia e con ardore,
come si fa perseguendo un bene materiale, io credo che molti problemi
riguardati insolubili si risolverebbero da sé, e che molta di quest'ansia di
cercare, di arrivare, di conquistare, sarebbe tolta. Se i costumi mutano il
sentimento è immutabile e in fondo all'anima della donna più moderna — pur
troppo assai in fondo, dove li ha ricacciati — troveremo gli stessi sentimenti
fondamentali di cui viveva l'anima della donna antica, la donna delle prime
civiltà. Ebbene, la donna non ha che da seguire questi sentimenti che Dio mise
in lei nell'atto della creazione, per trovare la più sicura, la più vera
felicità: per convincersi che è vano ed umile tutto il resto....
Alda rimase
un momento in silenzio, a fissare la sua contradittrice con gli occhi
penetranti e freddi dietro le lenti, come se le avesse proposto un quesito
impreveduto. Quella strana suora la disorientava. Si levò, andò ad appoggiarsi alla
balaustra della terrazza; accanto a lei che aveva ripreso intanto a lavorare
nella sua trina.
— Quanto al
campo del sentimento — le disse, e nella voce della studiosa era un rispetto
nuovo — avrei altre e serie considerazioni da sottoporle: ma non posso farlo in
presenza di quella bambina — aggiunse abbassando la voce. — Torneremo però su
questo discorso.... le darò libri....
— Grazie, è
inutile — interruppe suor Immacolata col suo soave sorriso. — Tanto, non avrei
tempo di leggerli, e poi a che mi servirebbero? Lei non arriverà a convincer
me, come io non riuscirò a convincer lei. I nostri destini sono troppi
diversi.... C'è però un punto su cui possiamo trovarci: quello della
fratellanza cristiana.
— Sì,
acconsentì Alda lealmente. — Voi siete delle vere socialiste, e l'uguaglianza
l'avete messa in pratica da gran tempo. Qua la mano, cittadina suora....
La mano
aristocratica, uscente dalla tonaca e la mano bruna e forte dell'apostolessa
d'una civiltà nuova, si strinsero in atto cordiale.
Parve così
che la donna del passato e la donna dell'avvenire potessero trovare l'accordo
nel nome più santo, quello dell'altruismo. Ma in colei ch'era guidata dalla
parola Divina appariva spontaneo come un fiore, mentre in quella che seguiva le
dottrine degli uomini rispuntava meschino e sterile come un'erba....
Donna Ester
comparve, abbigliata per uscire. Indossava un ricchissimo abito di broccato
nero, e sul sapiente edifizio delle sue chiome, in apparenza corvine, aveva
posato un grande giovanile cappello ornato di piume e d'un tralcio di rose
rosse sotto la falda. Le sfavillavano agli orecchi i grossi brillanti, di gemme
aveva cariche le dita, e il manico dell'ombrellino era incrostato di turchesi.
Col suo passo molle e incerto di donna pingue abituata a lunghi riposi indolenti,
mosse verso la figlia minore, le chiese come si sentiva, se desiderava nulla.
— Ti porterò
i cioccolatini Suchard.... va bene? — e le sfiorò i riccioli. — Ah, senti, ti
faccio preparare un vestito da Madame Legrand, un vestito per uscire, di lana,
col paltoncino uguale.... Il dottore ha detto che puoi fare qualche giro in
carrozza.... Di che colore ti piacerebbe; grigio o nocciuola chiaro?
— Nocciuola
chiaro, ma molto chiaro....
— Va bene....
e poi fiderò di madame Legrand che ha buon gusto. Passerò poi dalla modista, ma
ora che hai i capelli tutti tagliati, così come un maschietto, ti ci vorrà un
capellino semplice.... Ne farò mandare a casa alcuni, da scegliere....
— Sì,
mamma.... — Jole disse docilmente, con un velo di tristezza negli occhi vellutati
rivolti in alto verso la madre.
— Vedrò le
Doria. Vuoi che dica a Marcella di venirti a tenere un po' di compagnia?
— Non
ancora.... Mi stancano le persone nuove.... Ieri, ti ricordi? dopo la visita
delle Santelmo mi era venuto male di testa.... E Marcella parla tanto....
— Bene, come
vuoi. — Donna Ester parve scontenta del rifiuto: tenne ancora un momento gli
occhi fissi sulla fanciulla, e poi come per un'associazione di pensiero li
portò sulla suora carichi d'antipatia.
— Dovrai pure
abituarti, però, Joletta.... — osservò scostandosi dalla poltrona di giunchi
per raggiungere Alda che leggeva appoggiata alla balaustra a poca distanza da
suor Immacolata — dovrai pure abituarti di nuovo a sentire un po' di vita
intorno.... Giacché non credo che tu voglia rinchiuderti in un monastero....
La frase fu
detta con intenzione maliziosa, ma nessuna delle tre donne la raccolse: né Alda
che non aveva udito, assorta nella lettura; né la monaca che non battè ciglio
intenta alla sua trina; né la convalescente che non osò ribattere, sebbene se
ne sentisse punta in qualche parte della sua sensibile anima rinnovellata. Alla
figlia maggiore, donna Ester chiese se lo studente fosse uscito.
— Non so —
Alda rispose brevemente.
— È venuto
poc'anzi qui sulla terrazza, poi è rientrato subito — informò la suora.
— Mamma, che
cos'ha Leo? — chiese Jole con la sua voce ancora un po' stanca, piena di
malinconia. — Mi par tanto triste, da due o tre giorni....
— Uhm....
sai.... le solite questioni. Poca voglia di studiare.... troppa voglia di
divertirsi.... Papà lo ha rimproverato. Sarà per questo....
— Papà lo
rimprovera troppo.... — osservò Alda senza distogliere gli occhi dalle pagine
che andava scorrendo ed annotando in margine. — Sono due caratteri tenaci.
Finiranno per urtarsi a pura perdita.
—
Pretenderesti forse che lasciasse fare? Ma non sai che Leo si mette su una
cattiva strada, se seguita così? Tuo fratello è giovine, ha bisogno d'una
guida.
— Mamma,
perchè nessuno prova a persuaderlo con le buone, Leo? Forse si otterrebbe di
più....
Era la vocina
dolce di Jole che aveva rivolto il viso pallido e i grandi occhi neri verso di
esse.
— Prova tu,
se ti viene il destro.... — mormorò donna Ester, il cui abito di seta pesante
frusciava ad ogni movimento. E Jole in silenzio mise gli occhi sulla suora.
Suor
Immacolata sentiva il penetrante profumo di che le vesti fastose della ricca
ebrea erano olezzanti. Essa le era vicina e le voltava le spalle in modo
superbo e screanzato. Pareva, così adorna, veduta di dietro, un enorme bambola
da vetrina infagottata secondo l'ultimo figurino francese. Seguitando a
lavorare nel suo merletto, con le mani un po' nervose, l'umile suora che doveva
domare in sé un sangue fiero di castellana, costringeva la sua mente in un
ordine di considerazioni e di idee generali e superiori. Pensava, suor
Immacolata, se fra la femminilità frivola, ristretta e vana, di cui donna Ester
era un esempio, e il femminismo rigido ed arido di Alda, non vi potesse essere
una fusione armoniosa di spirito e di cuore, di gentilezza e di energia, di
intelligenza e di bontà. Pensò, cercò, risalì il suo passato fino oltre i
limiti della sua seconda esistenza. E allora, con le memorie care della
giovinezza, una nobile figura di donna emerse: una giovine figura spirituale,
la cui vita era stata lavoro, virtù, sacrificio, elevazioni; l'imagine di colei
che portava il suo nome medesimo, il dolce nome abbandonato di là dalla riva
insieme a tutto quanto le era appartenuto: Maria Carletti. Rivide l'amica sul
cui petto aveva disperatamente pianto il suo sogno svanito, e dalle cui labbra
saggie e tenere tanta onda di conforto e di consiglio le era derivata. Ricordò
un giorno di maggio, del quale ricorreva forse nel presente l'anniversario, si
rivide nel giardino del suo palazzo avito, di Bologna, cogliere con lei le
rose, confidarle, per la prima, la sua aspirazione alla pace del monastero, che
ancora alla trepida anima propria — così debole allora! — pareva un sogno quasi
irraggiungibile. Ricordava come l'aveva consigliata, con quanta delicatezza
dissuasa, dapprima, e poi animata a rincorrere al discernimento superiore e
illuminato d'un vecchio e colto sacerdote amico d'entrambe: monsignor
Altabella: e la visita che gli avevano fatto insieme, e le sante parole
dell'uomo pio....
Sì, sì, Maria
Carletti, dall'anima così appassionata e grande, dall'ingegno vivo e adorno,
Maria, in cui il senno e la modestia e la semplicità serena erano pari
all'elevazione, alla dignità, alla forza morale: Maria, dai grandi occhi tristi
che così a lungo avevano contemplato un sogno d'amore e che ora — finalmente! —
carezzavano le testine bionde di due bambini; Maria Carletti Aldini era il
vero, il perfetto ideale muliebre. E il pensiero della suora raccolse il volo
accanto all'amica lontana con un nuovo e delicato senso di gratitudine, poiché
— fosse pure come eccezione — le permetteva di credere nella realtà d'un tipo
di donna di cui si negava l'esistenza e che avrebbe dovuto servire di modello a
chi vagheggiava per le generazioni venture una donna più atta a formarne la
felicità.
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