IV
Jole, la
dolce Jole, era raggiante. Aveva finalmente ottenuto che la madre non si
opponesse più alla sua prima Comunione e vi si preparava da quindici giorni con
un ardore di neofita: diretta da suor Immacolata, che aveva protratto di due
settimane, a questo solo fine, la sua dimora presso di lei. Le tenere suppliche
della fanciulla risanata appena, a cui male si poteva negare alcuna cosa in
quel periodo, l'intervento del padre, grande e vigile difensore della libertà
morale, avevano costretto donna Ester a togliere il suo divieto. Ma il rancore
accumulato contro la monaca, ch'essa accusava d'aver accerchiato e vinto con
arti subdole la sua figliuola profittando della debolezza della malattia, era
tale che non ne tollerava più nemmeno la vista, ed ogni giorno usciva di casa
per non essere presente alle sortite quotidiane di Jole che si recava con suor
Immacolata ad assistere agli esercizi spirituali nella cappella interna di un
educandato vicino.
— Lasciala
fare! — diceva Alda a sua madre, con un largo gesto di fastidio allorquando
donna Ester iniziava le sue ignobili querele — è un periodo di misticismo....
passerà. Infine non danneggia nessuno.... e par così lieta....
Suor
Immacolata non usciva più dalla piccola e povera stanza che le era stata
assegnata, sebbene il precoce caldo genovese la facesse molto soffrire. Per
risparmiare la propria vista alla sua nemica si condannava alla prigionia,
nemmeno recandosi più sulla terrazza, dove l'aria libera e il panorama
splendido le erano di tanto sollievo. Inutilmente Jole la invitava; appena
consentiva a recarsi nella camera della fanciulla, quando questa vi era sola.
Per tagliar corto ai commenti, suor Immacolata adduceva l'obbligo di certe
preghiere, assicurando, che alla sua salute bastava quel po' d'aria e di moto
che si concedeva nell'uscita quotidiana con la giovinetta. Ma in realtà la sua
posizione in quella casa era ormai intollerabile ed essa non poteva impedirsi di
desiderare vivamente di lasciarla, sebbene il pensiero del distacco dalla sua
malatina le facesse molta pena.
I giorni
scorrevano, e la vigilia del Corpus Domini, della festa doppiamente solenne per
Jole, era giunta. L'abito bianco semplicissimo, il fresco ampio velo erano
pronti nell'armadio. Dopo il pranzo a cui la fanciulla aveva partecipato
recandovi la tranquilla letizia dell'anima che le traspariva sul volto come una
luce, mentre il fratello appariva più cupo del solito, si ritirò nella sua
stanza per pregare un poco e leggere una delle pie meditazioni ch'erano la sua
lettura esclusiva di quegli ultimi giorni precedenti immediatamente il gran
giorno santo. Aveva già augurato la buona notte ai suoi genitori chiedendo loro
il permesso di recarsi la mattina di poi, per tempo, a salutarli innanzi di
avvicinarsi alla chiesa: anche la sua buona suora l'aveva lasciata prima del
consueto, quella sera, raccomandandole di dormire presto per essere riposata e
pronta a levarsi di buon mattino: ma le nove erano scoccate da un pezzo che
Jole, appoggiata al davanzale, non pensava ancora a coricarsi. Era una divina
sera di luna; il panorama dei colli della città, del porto, la immensa distesa
del mare, nella luce bianca e fredda acquistavano una vaghezza, una poesia infinita.
Il profumo dei giardini saliva più intenso e più fresco in quella pace dove il
rumore della città s'attenuava e i lumi si confondevano in un generale
chiarore. Ma più che a Genova sottostante, la giovinetta rivolgeva i suoi occhi
bruni e pensosi all'orizzonte, dove la luna solitaria splendeva nel suo pallido
oro, come una gemma.
Con le mani
giunte, Jole alternava alla riflessione la preghiera. Risaliva ai primi giorni
della sua malattia, ne ricordava le fasi, sforzando il suo pensiero a vivere
anche quelle ore in cui non trovava che tenebre d'incoscienza.... e
rabbrividiva all'idea che in una di quelle ore ella avrebbe potuto passare
nell'eternità senza saperlo.... Morta! Ella avrebbe potuto esser morta da due
mesi.... giacere da due mesi lassù a Staglieno, nel bel cimitero popolato di
statue tra il verde e i fiori del colle. Un impulso di
riconoscenza verso Dio che non aveva permesso la sua morte le elevò il cuore,
ed essa ingenuamente pregò: "Ti ringrazio, Signore, d'avermi lasciato
vivere. Ed ora questo avvenire che Tu mi hai dato, è doppiamente Tuo. Io non so
che sarà di me, ma in qualunque stato Tu mi voglia, io ti servirò, ti renderò
gloria con le opere e con le parole".
La sua
preghiera somiglia a quella d'un uccellino scampato da una bufera. Ma subito
nel suo cuore candido una voce che le parve quella di suor Immacolata parlò:
"Dio ti
ha richiamato alla vita perchè tu faccia tutto il bene ch'è in tuo potere di
fare; perchè il tuo esempio e la tua fede avvicinino a Lui coloro che gli sono
ancora lontani...".
Sì, sì! Un
velo di lagrime sommerse i begli occhi bruni. Ma quanto lontani! Ecco la grande
tristezza, ecco la grande ombra che immalinconiva quella vigilia solenne.
Nessuno! In chiesa ella non avrebbe vicino nessuno della sua famiglia: né suo padre,
né sua madre, né sua sorella, né suo fratello; nessuno.... Il grande rito
cristiano a cui partecipava per la prima volta, si compirebbe senza che alcuno
di coloro che amava si trovasse accanto a lei a raccogliere, a dividere la sua
emozione. Mentre vi erano pure delle fanciulle felici che la madre, le sorelle,
anche il padre, qualche volta, accompagnavano all'altare; e dopo, in casa,
erano festeggiate, carezzate, così che il giorno della prima comunione rimaneva
nei loro ricordi come uno dei più soavi e felici della loro esistenza.... La
buona giovinetta offerse a Dio la sua tristezza, e là, appoggiata al davanzale
in cospetto di quella meravigliosa visione notturna, si rimise ferventemente a
pregare, a chiedere al Padre Onnipotente la grazia desiderata; la fede e la
conversione delle creature a cui si sentiva avvinta coi più tenaci vincoli
dell'affetto e della consuetudine. E specialmente indugiò a raccomandare al
Signore il fratello Leo, che vedeva tanto assorto e accigliato, nella cui anima
indovinava una segreta pena, un'amarezza, uno scontento: un complesso atto a
far soffrire. Mai le era avvenuto di pregare per il fratello con tanta
intensità, con tanta inquietudine. Una voce del cuore le ripeteva con
insistenza: "Prega, prega per lui".... quasi si trovasse in pericolo.
Eppure Jole lo aveva veduto salire nella sua stanza con un pacco di libri,
nell'evidente intenzione di studiare. Gli esami erano prossimi, forse egli
aveva preso finalmente qualche buona risoluzione. Chiese a Dio di afforzarlo,
di dargli la vittoria.... Ma non era questo, non era questo.... Sentiva di
doverlo raccomandare per qualche cosa di più minaccioso che sovrastava.... Che
cosa mai? Un presentimento era nel suo cuore, ma vago, inafferrabile. Disse
allora la preghiera delle ore di pericolo e di angoscia, la tenera e ardente
preghiera di San Bernardo a Maria: "Ricordatevi, o Nostra
Signora"....
Invece suor
Immacolata, chiusa nella sua cameretta, non poteva pregare. Aveva riposto nella
valigia le sue robe, poiché l'indomani non sarebbe tornata più in quella casa,
ed ora avrebbe dovuto recitare il rosario come tutte le sere, ma la ghirlanda
delle Ave-Maria si spezzava nel suo agitato pensiero che non poteva
distogliersi quella sera da una tragica imagine di morte. Dianzi, mentre faceva
il suo sobrio pasto, seduta al tavolino accanto alla finestra aperta, sola e
reclusa, le era avvenuto di assistere involontariamente al dialogo che seguiva
tra Leo e la sorella maggiore, affacciati alla finestra della stanza di costei,
attigua a quella abitata dalla monaca.
Alda lo
rimproverava della sua vita dissipata, gli dava dei virili consigli a cui il
giovine rispondeva laconicamente, ora con ironia, ora con fastidio. A un certo
punto suor Immacolata udì lo studente proferire queste parole:
— Sai come va
a finire? Io m'ammazzo....
— Ih! che
lusso! — esclamò Alda ridendo — per così poco.
— Sono stanco
— mormorò il giovane con un accento accorato che scosse l'anima sensibile
dell'involontaria ascoltatrice — sono stanco.... vivere è troppo difficile....
meglio morire.
— Chi lo dice
non lo fa — ribattè l'altra in un prudente tono leggero.
— Ah non lo
fa? Vedremo! e più presto di quello che tu credi....
Suor
Immacolata non udì altro. Comprese che i giovani si erano ritirati dalla
finestra. Di lì a poco uscirono dalla stanza di Alda, e da una mezz'ora ella
sentiva qualcuno che s'aggirava senza posa disopra, nella camera corrispondente
alla sua, ch'ella sapeva essere quella di Leo. Lo studente non era dunque
uscito quella sera.... e non studiava.... Che meditava solo lassù? Quali
pensieri gli davano quell'inquietudine senza tregua? Le parole udite dianzi le
avevano agghiacciato il sangue, l'avevano gettata in uno stato d'angoscia
inesprimibile. La morte non le faceva terrore; anzi molte volte l'aveva veduta
giungere dolce e pietosa, come una liberatrice. Ma non così, non così! Non la
violenta morte di colui che sprezzando la vita e la Divinità si getta con un
balzo nel Mistero. Ella pensò la casa ignara e tranquilla nella molle e mite
notte plenilunare, turbata da un'orrenda tragedia.... Ad ogni momento le pareva
udire il colpo secco d'una rivoltella, o temeva scorgere dalla finestra la
caduta di un corpo.... Un sudore gelido le imperlava le tempie nel conflitto
aspro di idee, di suggerimenti, tra cui non sapeva a quale appigliarsi. Il
professore era uscito, donna Ester e Alda stavano sulla terrazza con alcuni
amici? Che fare? Avvertire? e in qual modo, e perchè, se il pericolo esisteva
forse solamente nella sua fantasia? Poi come dire che aveva udito senza farsi
accusare d'intrigante e peggio?
Infine Leo
aveva parlato con sua sorella, e senza mistero. Se Alda non dava importanza
alle minaccie di lui, come poteva essa richiamarvi l'attenzione?
Suor
Immacolata prese il rosario, sedette su una sedia nella zona di chiarore lunare
che inondava la piccola povera stanza, e si accinse a pregare. La sua figurina
chiusa nell’abito bianco su cui scendeva rigido e severo il nero scapolare,
l’angelico volto circondato dalle bende, acquistavano a quel lume blando
un’idealità, una bellezza sovrumana. Non una creatura vivente pareva, ma
un’apparizione spirituale scesa dal cielo in quel raggio di luna e penetrata
fra quelle pareti per compiervi qualche alta missione. Con le dita fini
intrecciate al rozzo rosario di legno, gli occhi limpidi e pieni di ansietà
rivolti al cielo, ella pregava: "Pietà, pietà, Signore"….
Ad un tratto
balzò, in piedi. Le era parso d’udire…. Ascoltò. Silenzio: Ascoltò ancora. Il
silenzio si prolungava là in alto, e dopo quell’agitazione aveva per lei un significato
lugubre. Il cuore le martellava, Ella giunse le mani e disse ancora in
un’angoscia infinita:
"Comandami,
o Signore, parlami…. Dimmi quello che conviene ch’io faccia"….
E subito si
sentì come sospinta da una forza, invisibile, e nel suo cuore, nella sua
coscienza, in tutto il suo essere insorsero mille voci a dirle la parola
medesima: "Va va, va"....
Stordita,
quasi inconscia dei suoi atti, come una ipnotizzata che agisce sotto l'impulso
di una volontà che non è la propria, suor Immacolata aperse l'uscio della
cameretta, si trovò nel corridoio, stretto, deserto, illuminato da una lampada
elettrica. Non era mai salita al secondo piano dell'appartamento e non sapeva
nemmeno dove fosse la scala. C'era una porta a vetri, la spinse, metteva
proprio alla scala; ed essa ascese, ardita e leggera. Un uscio era a sommo, sul
pianerottolo: bussò, nessuno rispose: girò la maniglia, l'uscio cedette ed ella
entrò a tempo per vedere la scena che da un'ora la fantasia le dipingeva: lo
studente seduto al tavolino, col braccio sollevato verso la tempia....
La suora si
slanciò, gli afferrò il polso, fece deviare il colpo dell'arma prima ancora di
rendersi conto dell'atto e del pericolo a cui si esponeva. La palla si conficcò
nella parete.
Dopo il primo
istante di sorpresa durante il quale quasi involontariamente il dito del
giovane aveva premuto sul grilletto della rivoltella, Leo pallidissimo, con una
luce di follìa negli occhi smarriti, con voluta freddezza avvertì:
— Ci sono
ancora cinque colpi.... Ce n'è per me e per lei....
— Io non temo
la morte — disse suor Immacolata con fermezza — e ho il dovere di impedirle a
costo della mia vita di compiere questo delitto.
Ella
tratteneva sempre il polso del giovane con una forza nervosa di cui quelle
gracili fibre non si sarebbero credute capaci. E Leo non reagiva.
— In nome di
Dio.... — la suora supplicò.
Lo studente
sorrise beffardamente e dichiarò:
— Io non
credo in Dio.
— In nome di
sua madre — incalzò suor Immacolata — in nome di sua sorella, in nome di quanto
ha di più caro....
Il momento
tragico si prolungava, la suora non aveva abbandonato il braccio di Leo che
sotto la ostinata pressione s'irrigidiva in un principio di lotta.
— Io sono
padrone della mia vita.... io solo.... — affermò il giovine.
— No!
— Io non ho
chiesto di nascere.... io non voglio soffrire....
Allora dalle
labbra della suora, le dolci labbra che parevano fatte soltanto per la
preghiera e per la consolazione, cadde una parola insolita:
— Vile!
Certo in
quell'istante aveva parlato l'anima eroica di qualche antenato della sua
schiatta nobile e altera, tanto disprezzo, tanto dominio ella mise in quella
breve parola.
— No.... — si
difese Leo colpito, offeso — mi lasci libero.... le dimostrerò che non sono un
vile.
— È vile chi
fugge.... — insistè la suora. — La vita bisogna viverla tutta.... lottare, non
aver paura di soffrire....
La mano del
giovane paralizzata dalla stretta tenace si schiuse, il revolver cadde sul
pavimento. La suora lo raccolse pronta, mentre Leo in preda a un accesso convulso
abbandonava il capo tra le braccia sul tavolino prorompendo in singhiozzi
infantili. Era la vittoria, era la liberazione. Con uno slancio ineffabile di
riconoscenza verso Dio la suora lo comprese. Si ritrasse verso la porta,
l'aperse per uscire, ma con sua grande sorpresa la voce dello studente,
soffocata dalle lagrime, la richiamò:
— Suora....
Ella si
rivolse, severa, tenendo sempre stretto nel piccolo pugno bianco quell'oggetto
così in disaccordo col suo abbigliamento religioso. Leo si era cacciato le dita
tra i capelli in atto disperato.
— Suora.... —
mormorò — non mi lasci solo.... per carità, non mi lasci solo....
Il suo
aspetto, la sua voce, erano tutti mutati. Suor Immacolata vide che nulla
rimaneva più a temere da quel fanciullo umiliato e piangente.
— Eccomi: —
rispose con semplicità.
Tornò verso
il tavolino ingombro di libri e di quaderni; e solamente allora notò che lo
studente aveva incominciata a scrivere una lettera. Disse:
— Si calmi un
poco....
La sua voce
era tornata soave e grave, come quando parlava ai suoi infermi, ai suoi
protetti. Leo si passò a parecchie riprese il fazzoletto sugli occhi arrossati
e accennò, infatti, a calmarsi. La suora chiese:
— Ma perchè
voleva morire?
Lo studente
le porse la lettera incominciata. Ella lesse:
"Papà,
perdonami sono stanco della vita".
— Solamente
per questo? — ridomandò. — Ma allora il mondo dovrebb'essere un cimitero....
Chi non ha provato la stanchezza della vita?
— Ah! non è
quello che lei forse crede — rispose il giovane con voce soffocata dall'interno
tumulto — è una cosa orribile.... lei non può averla provata mai. Peggio che il
dolore, un dolore definito: è un tedio supremo.... è la conoscenza
dell'inutilità d'ogni cosa…. è la mancanza totale d'ogni energia.... è la
delusione continua, quotidiana, di tutto ciò che avevamo creduto....
— Che cosa
aveva creduto? — chiese la suora.
— Che la vita
fosse gioia e bellezza.... — ribattè il giovane.
— La vita è
dovere — corresse suor Immacolata. — E solamente il giorno che questa verità si
farà luce al nostro spirito potremo esser paghi e tranquilli. Finché
perseguiremo delle chimere, esse ci tradiranno. Bisogna dare una base solida
alle nostre idee, alle nostre azioni; bisogna illuminarle con la luce
dell'ideale che non tramonta: Dio.
— Io non
credo.... — ripetè accasciato il giovane.
— Eppure —
riprese la suora con calma soave dopo un silenzio — Dio non si è mai rivelato a
Lei nella sua verità e nella sua provvidenza come adesso.
Leo sollevò
lo sguardo incerto, nel quale suor Immacolata lesse un nuovo senso di rispetto
e di bontà.
— Chi mi ha mandato qui da lei.... in un momento simile?
— riflettè a voce alta la pia esortatrice; — chi mi ha agitato da un
presentimento così vivo, così lucido, così funesto, da farmi compiere un atto
d'indiscrezione che senza questo suggerimento interno non avrei mai osato
commettere? Stavo tranquilla nella mia stanza, pregavo.... Ad un tratto il
Signore mi ha comandato di venire verso di Lei.... Ho obbedito.... Un minuto
dopo sarebbe stato forse troppo tardi.... Ah e Lei non pensava, e Lei non pensa
che cosa sarebbe ora questa casa, se....
Il giovane
parve colpito da quest'ultima considerazione. Forse anche altre parole lo
avevano scosso. Rimase qualche istante in silenzio, col capo appoggiato alla
mano e gli occhi fissi sul tavolino.
— Forse era
una pazzia — mormorò — ma in certi momenti non si è responsabili....
— Questo
tentativo non deve rinnovarsi — disse la suora con una specie di autorità. — Me
lo promette?
Leo guardò la
piccola rivoltella ancora carica, stretta nel pugno bianco e delicato della
suora, lungo la tunica candida, ed ella vide una specie di terrore passare in
quegli occhi quasi ancora di fanciullo. Promise.
— Sì.
— Allora —
soggiunse l'altra — porto con me questo come pegno della sua promessa — e
additò l'arma micidiale. — E perchè Lei la ricordi.... ecco....
Staccò dal
cordoncino dell'orologio un piccolissimo crocifisso d'argento e lo posò sul
tavolo.
— Mi veniva
da uno dei miei nipotini, lo tenga Lei, lo porti con sé.... guarirà.
A occhi
bassi, lo studente rimaneva immobile.
— Guarirà....
— continuò la voce dolce della monaca. — Io pregherò per lei. Pregherò perchè
le discenda nell'anima la forza e la luce.... perchè la vita le si apra dinanzi
utile e nobile.... perchè le venga rivelata la sua missione, alta e benefica
per gli altri e per lei.... Ci si prepari intanto, da valoroso. Il Signore la
benedica.
Ella si mosse
per uscire. Leo allora si levò.
— Sento che
dovrei dirle.... non so.... qualche cosa.... ma non trovo.... Sono stordito....
sono malato davvero.... ho la febbre.... Però mi perdoni! Di tutto, mi perdoni.
— Il Signore
la benedica, figliuolo — ripetè suor Immacolata e sparì.
Ridiscese la
scala col suo passo leggero stringendo tuttavia il piccolo revolver che ora,
passato il momento di eccitazione, le incuteva ribrezzo. Sospingendo la porta a
vetri si trovò a faccia a faccia col professore che si toglieva il soprabito
prima di rientrare nello studio.
Andrea Denza
parve stupito all'apparizione di lei e s'immobilizzò senza nemmeno salutarla.
Poi con freddezza:
— Lei
veniva?...
— Posso
entrare nello studio? — ella chiese alla sua volta. — Qui non voglio spiegarle.
Il professore
la precedette, girò la chiave della luce elettrica che diede alla stanza tetra
e severa un aspetto meno triste di quello che le veniva dalla luce del giorno.
— Chiuda....
— ordinò, quasi, la suora con fare risoluto, accennando l'uscio rimasto aperto.
Il professore
eseguì, poi le rimase innanzi in tutta l'imponenza della sua figura, alta, magra,
autorevole, fissandola con gli occhi acuti dietro le lenti.
— Vengo —
disse suor Immacolata con semplicità e con gravità insieme — vengo dall'aver
salvato suo figlio.
E posò sulla
larga tavola che faceva da scrittoio, la rivoltella.
Andrea Denza
parve non ben capire. Stese la mano....
— Badi, è
carica — avvertì ella — ci sono ancora cinque colpi. Uno è partito. Si troverà
la palla nella parete.
Ancora il
professore guardò lei, poi l'arma, come trasognato. Finalmente immergendosi
adagio una mano nei capelli, con gesto di terrore balbettò:
— Che?!...
Mio figlio.... Leo....
— È salvo,
non tema, e nemmeno si è ferito. Ma ha tentato d'uccidersi. Un caso volle che
io udissi qualche parola detta a sua sorella, alla signorina Alda.... questa
sera, dopo pranzo.... qualche parola che m'impressionò.... Mentre pensavo come
mai avrei potuto avvertir loro, qualche cosa.... un presentimento, un impulso,
m'ha fatto salire quella scala che non avevo mai veduta, e il Signore ha voluto
che io arrivassi a tempo per.... afferrargli il braccio.... Forse sentendo
aprire l'uscio aveva affrettato l'atto.... Davanti a lui sul tavolino, era una
lettera incominciata....
Immobile nel
suo atteggiamento disperato, Andrea Denza ascoltò sino alla fine, poi portando
lentamente l'altra mano al volto e reclinando tra le palme gemette:
— Dio....
Dio....
Per la prima
volta, forse, il nome di Dio risuonò tra quelle pareti date a una scienza
ribelle, su quelle labbra che non l'avevano mai pronunziato se non per negarlo,
come un'implorazione. La suora lo notò, e a lei parve che con quel Nome fosse
entrato nell'arida stanza uno spirito conquistatore.
— Dio ha
permesso il miracolo — ella rispose. — Egli volle soltanto dare un
avvertimento. Bisogna raccoglierlo.
— Ma perchè,
ma perchè — gemeva il professore abbattuto su una poltrona — perchè mio figlio
può aver voluto far questo? Noi lo adoriamo; noi non gli lasciamo mancar nulla;
è sano, intelligente, libero…. L'ho rimproverato, è vero, per la sua
trascuratezza nello studio, ma l'ho sempre ripreso con calma, ho sempre
procurato di indurlo per le vie della riflessione, dell'amor proprio.... Non
son mai stato violento con lui.... Ma era mio dovere.
Suor
Immacolata si sentiva commossa profondamente da quell'angoscia paterna, che
dilagava, che rivelava ad un tratto così vana e così debole quella specie di
corazza di calma e di ragionamento di cui il filosofo si rivestiva e che gli
aveva valso ad acquistare e ad affermare la sua superiorità. Forse in presenza
dell'umile suora egli trovava superfluo infingersi; forse cedeva alla seduzione
malinconica e dolce che anche gli spiriti più temprati sentono qualche volta
nelle ore d'amarezza, di abbandonarsi, d'umiliarsi, di confessare la propria
debolezza, la propria impotenza, dinanzi a un cuore che può tutto comprendere,
tutto compatire, e da cui non hanno nulla a temere. Nel suo lungo esercizio di
misericordia, suor Immacolata non aveva mai veduto china, davanti a lei, vinta,
una testa più dominatrice e temibile.
"O
fratello Dolore — ella francescanamente pensò — sii lodato e benedetto, poiché
forse tu puoi vincere questa grande anima orgogliosa, più delle esortazioni del
più gran santo della terra....". E subito l'imponente personalità dello
scienziato, vanto d'Italia intera, svanì agli occhi suoi; non rimase che la
creatura travagliata.
— Si faccia
coraggio, professore.... — disse con la sua soavissima voce la suora — nessuna
disgrazia è avvenuta, infine: e io spero, io credo, che suo figlio non ripeterà
più il tentativo disperato. Ha un buon cuore, e s'ella gli parlerà
amorosamente.... s'ella con la sua mente così illuminata e così saggia lo
istruirà intorno ai suoi doveri, al vero fine della vita.... io sono certa....
— Ma se non
ho fatto altro! — proruppe Andrea Denza singhiozzando, tergendosi col
fazzoletto lagrime dagli occhi e sudore dall'ampia fronte di pensatore — ma se
fino dalla sua infanzia io gli ho parlato di doveri, d'energia, di ideali di
bene, della necessità del proprio perfezionamento, di moralità.... di tutte le
più alte e nobili virtù umane.... E questo figliuolo che dovrebbe essere il mio
orgoglio e il mio conforto, questo ragazzo a cui io non ho dato che esempi di
onestà e di lavoro, è forse destinato a rimaner vittima di chissà quale
terribile germe atavico rigermogliante nella profondità del suo essere....
— Dio lo
affrancherà.... — affermò la suora con la sua convinzione profonda.
— Come vorrei
avere la sua fede suor Immacolata! — esclamò in uno slancio di sincerità il
filosofo. — Un raggio di quella sua fede così salda, così sicura.... Che
soccorso nella vita....
— Chi
desidera di possedere la fede, la possiede già.... — riflettè ella con un gran
palpito, ma semplicemente. — Sant'Agostino divenne credente in un giorno di
dolore. Dio è stato meno severo con Lei, non le ha dato che un avvertimento....
Anzi dovevo dire che Dio è stato molto misericorde, poiché non ha voluto
privarle né di sua figlia, né di suo figlio.
Andrea Denza
rimase silenzioso, a forbire col fazzoletto le lenti dei suoi occhiali
appannati dalle lagrime. Si levò poscia, si avvicinò alla tavola presso cui
stava la suora, esaminò la rivoltella.
— Badi, è
carica.... — avvertì ancora femminilmente la monaca.
— Non lo
dimentico — disse il professore. — Un revolver nuovo.... comperato apposta....
— Suo figlio
ha fatto dono a me di quell'arma — ella dichiarò: — ed io la deporrò nella
cappella di Nostra Donna del Miracolo, se mi permette.
— Ne ha il
diritto — convenne il professore togliendo all'arma una per una, con visibile
emozione, le piccole palle micidiali. — Ed io non so come potrò mai dimostrarle
il mio sentimento di devozione.... Salvando la vita al mio figliuolo ella ha
salvato più della mia vita e del mio onore....
Accadde
allora qualchecosa di inatteso e di singolarissimo. Andrea Denza, l'uomo
illustre, colui che negava audacemente il Creatore e che riprovava il culto
come un avanzo di oscurantismo e di idolatria, piegò il ginocchio a terra
davanti all'umile figlia della carità cristiana e tentò baciarle un lembo dello
scapolare.
— Non innanzi
a me — ella disse ritraendosi, presentando il crocifisso che pendeva dal suo
rosario — davanti a Questi bisogna inginocchiassi e adorare.... Studi....
legga.... legga il Vangelo.... Le rivelerà la verità vera.... La pace sia con
lei e Dio le parli al cuore....
Quando il professore
Denza, in preda a uno smarrimento supremo, trovò la forza di rialzarsi, di
ricomporsi, la suora era sparita. Egli non l'aveva veduta né udita uscire. Si
guardò intorno, trasognato, si passò le mani sulla fronte, chiese a sé medesimo
s'egli non era stato gioco di un'allucinazione, di un sogno. La bianca
monachella dal viso d'angelo e dalla parola soavissima, gli era veramente stata
innanzi agli occhi? L'ala del fatto tragico era veramente passata sulla sua
casa che a quell'ora notturna pareva così quieta, così silenziosa? Girò lo
sguardo sulla sua tavola di lavoro.... L'arma non c'era più, ma il gruppo
feroce delle piccole palle di piombo gli diede un sussulto. Di nuovo s'abbattè
sulla poltrona e pianse.
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