Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Maria Majocchi Plattis (alias Jolanda) Suor Immacolata IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
Suor Immacolata non era venuta volentieri in casa Denza, né era stata accolta volentieri. La delicatezza della sua anima e della sua persona che le provenivano da un'origine aristocratica, la facevano ripugnare dall'assistenza dei malati a domicilio, per cui era mestieri entrare nell'intimità delle famiglie, mettersi a contatto con caratteri, abitudini, miserie e dolori più determinati, vari e complessi di quelli degli ospedali, dove la tristezza, la malattia, la morte medesima, sembrano sottostare a una specie di legge ineluttabile e fatale che non è senza pace. Poi, nell'ospedale, ella si sentiva un po' regina della corsia, della sala affidata alle sue cure; e pur prestando i più umili uffizi cristianamente, sapeva di dovere e poter esercitare un'autorità su quell'accolta di sofferenti che la guardava sempre con rispetto e con timore, che la desiderava come il sollievo e come il conforto, che non si ribellava mai. Mentre nelle case, se anche trattata con rispetto, si sentiva in una posizione inferiore, incerta, scabrosa e penosa; o per la insubordinazione dei malati stessi, o per la volontà dei parenti, discorde dalla sua, con cui doveva lottare, o per i pettegolezzi e gli urti a cui si sentiva mescolata, quando non erano scene disgustose o strazianti. Così i suoi superiori le risparmiavano il più possibile questa prova rude, anche tenuto conto della giovinezza di lei — aveva appena trent'anni — e della sua fine bellezza, che l'avrebbero troppo esposta ai pericoli del mondo. Da casa Denza avevano domandato al convento, ove suor Immacolata si trovava per prendersi un po' di riposo, una monaca per pochi giorni in sostituzione provvisoria d'una infermiera laica, e suor Immacolata era in quel momento l'unica disponibile.
Suor Immacolata, di mente e d'istruzione superiore alla maggioranza delle altre religiose, pure provando una ripugnanza e uno sgomento al pensiero di abitare sotto un tetto senza fede e senza Dio, non aveva avuto nemmeno per un istante l'idea di sottrarsi. Nel delicato involucro, sotto la soavità mistica della sua persona angelicale, batteva un cuore appassionato, vegliava un'anima invitta, temprata per sempre da un amarissimo disinganno di giovinezza che aveva deciso di tutto il suo avvenire. La contessina Maria Farigliano era entrata nell'Ordine come in un supremo rifugio a vent'anni, nel fiore d'una bellezza ideale quasi celebre, staccandosi senza rimpianti dalla sua vita signorile, dalle abitudini aristocratiche, dagli allettamenti che il mondo le offriva: vincendo con dolcezza rispettosa, ma risoluta, le opposizioni della famiglia consolando le lagrime materne con la dimostrazione d'una vera, d'una profonda, d'una grande vocazione che la delusione amorosa subita non aveva fatto che rivelarle. Infatti, quando i suoi fini capelli biondi caddero sotto le cesoie nel
solenne giorno della sua consacrazione, e sul candido abito di novizia le scese
il nero scapolare, suor Immacolata si sentì e fu davvero un'altra creatura. Se
la prima tempesta dell'esistenza l'aveva condotta a cercare la salvezza nel
porto della fede, ella non intendeva però gettarvi l'àncora per rimanervi in
una immobilità neghittosa. Per altri e più lunghi
Alla sua fede, al suo mistico ideale, suor Immacolata portava la fortezza delle sua verginità altera, la freschezza e la purezza d'un cuore di angelo, la poesia d'un passato innocente, svoltasi ora per ora sotto la vigile tenerezza d'una madre incontaminata, in una santa atmosfera domestica di affetti, di pace e di virtù tradizionali e salde. Nella sua adolescenza aveva un po' il difetto dell'indolenza e dell'apatia; difetto che l'arte musicale, di cui era eccellente e appassionata cultrice, sapeva vincere a tratti: ma ora, quello che l'arte qualche volta otteneva, ottenevano sempre le mutate abitudini d'una vita radicalmente diversa e consona alle sue tendenze, ai suoi gusti, alle sue aspirazioni ideali. La sensibilità generosa della sua anima così crudelmente offesa
dall'ingratitudine e dalla bassezza, trovava ora modo d'espandersi,
d'alimentarsi in mille modi a vantaggio dell'umanità sofferente; il suo ardente
bisogno di dedizione, d'annientamento della propria individualità in un affetto
possente si appagava nella necessità continua che mille anime avevano di lei:
delle sue cure sapienti e pietose, della soave bontà della sua anima
compassionevole. Erano vecchi per cui la vita finiva deserta di sorrisi, di
speranze e d'affetti: erano orfani ignari delle tenerezze materne, da curare e
da ammaestrare alle lotte dell'esistenza: erano infermi da restituire alla vita
o da preparare dolcemente al grande riposo: erano anime ottenebrate
dall'ignoranza o dall'errore a cui rendere la luce destinata a rimetterle sulla
via della verità: erano povere nature femminili soggiaciute all'altrui brutalità,
alla propria debolezza, all'incoscienza, alla miseria, da rialzare, da
nobilitare, da salvare col lavoro e con la preghiera. Le schiere si succedono
innumerevoli, come innumerevoli sono i dolori del mondo; e suor Immacolata
passava in mezzo ad esse come l'angelo della redenzione e della fede: passava
fra le sozzure senza che quel fango
Così, più attiva, più serena, più forte nel fisico e nel morale, ella convinse ben presto della sincerità della sua vocazione non solo quelli che trepidavano amorosamente, ma anche quelli che si mostravano i più restii a considerarla altra cosa che un'esaltazione giovanile, frutto d'una delusione amorosa. Ed era riguardata come un'eletta. La monaca si preparò all'assistenza della ignota fanciulla come ad una missione, con coscienza e con intimo ardore. Qualche cosa del fondo della sua anima pura che rispecchiava direttamente i raggi della Divinità la avvertiva che non si trattava di un passaggio rapido nella casa triste, ma che vi sarebbe rimasta e non forse invano. Questo presentimento ella confidò a qualche sorella ed era così vivo che si portò seco più roba di quel che avrebbe occorso, e prima di uscire dal convento pregò con intenso fervore, con intensa umiltà. Sentiva, la dolce creatura, che Iddio che le comandava qualche cosa di grande, di glorioso; che si sarebbe servito di lei per rivelare uno dei tratti della sua onnipotenza. E ai piedi dell'altare, nell'ombra, suor Immacolata rivisse le parole di Maria: — Ecco l'Ancella del Signore, sia fatto secondo la Tua parola.... La malattia di Jole era sull'inizio, ma si aggravò quasi subito e la
monaca ebbe agio di esporre tutta la sua esperienza d'infermiera, tutta la sua
delicatezza, la sua bontà, la sua discrezione, la sua resistenza di corpo e di
spirito, insuperabili. Così quando avrebbe dovuto lasciare il posto all'altra
infermiera laica, la famiglia stessa la pregò di rimanere, tanto più che la
malata l'aveva subito presa in simpatia, le ob
Intanto col contatto assiduo, con la trasmissione, quasi, di volontà, pareva che alla malata si comunicasse un raggio di quella grande fede sincera. La monaca si era accorta subito dell'assoluta ignoranza della ragazzina nelle cose di religione, delle tenebre dense e paurose che avvolgevano quell'anima sbocciarne. E notò nell'inferma una curiosità, poi un desiderio di sapere che divenne ansia e inquietudine. Nelle ore che la febbre le lasciava di tregua, diminuendo di grado, verso l'alba, erano domande infinite sulle pratiche del culto, sulle cerimonie, sulla preghiera, sulla sua vita monastica, a cui suor Immacolata doveva rispondere: erano errori che doveva correggere, pregiudizi che doveva sradicare, erano avversioni che doveva vincere. Aveva saputo da Jole, interrottamente, in quelle ore, che i figli nati da quel matrimonio misto erano stati bensì battezzati per l'intromissione della madre del professore, ma poi cresciuti nella più completa assenza d'ogni nozione religiosa. La fanciulla lo aveva confidato alla sua amorevole infermiera con un'amarezza, come confessando una vergogna. Seguirono giorni di contrasto per l'ani
Jole voleva che pregasse ad alta voce, vicino al suo letto, volle avere al collo una medaglia benedetta; e un mattino, dopo una cattiva notte, le dichiarò finalmente la sua intenzione di accostarsi ai Sacramenti; la pregò, anzi, di parlarne per lei a suo padre. Fu un incarico penoso e difficile per la mite suora, eppure vi si accinse commossa e segretamente esultante di quella pronta vittoria che le aveva arriso senza neppure la necessità della battaglia. E per la prima volta varcò la soglia dello studio severa e fu sola innanzi a quella scienza che negava Dio. Andrea Denza era reputato una delle più belle menti italiane di filosofo
e di pensatore. Professava teorie materialistiche, ma la sua superiorità e la
bontà del suo cuore lo facevano essere d'una tolleranza estrema. Soprattutto
egli propugnava la libertà di coscienza, ed era per questo che dopo essersi
piegato alle preghiere materne dando il permesso che i figlioli ricevessero
l'acqua lustrale, aveva disposto perchè nessun'influenza religiosa dominasse la
loro educazione; e i bambini, tenuti ugualmente lontani dalla chiesa cattolica
e dall'ebraica, erano infatti
Andrea Denza ascoltò la suora esporgli deferente e sincera il pio desiderio della fanciulla inferma, aggiungendo ch'ella non aveva fatto nulla per disporla, ma che Jole stessa aveva mostrato di interessarsi molto alle verità della fede, provocando, chiedendo spiegazioni, con desiderio mai sazio. Ascoltò tranquillamente figgendo i suoi occhi neri acutissimi in volto alla suora, vermigliata tra le bende, ma che non abbassò nemmeno per un istante le soave pupille cerulee. E disse soltanto: "Bene, sia fatto come ella desidera. Io non mi oppongo". Ma la madre fu una nemica meno espugnabile. Donna Ester nella sua avversione di razza verso tutto ciò ch'era cristiano, lei a cui nel sangue e nell'anima era stato istillato il convincimento ch'era quella la casta degli oppressori, degli usurpatori, aveva veduto assai a malincuore entrare una monaca in casa sua, mettersi a guardia al letto della sua minore figliuola, e quando l'infermiera laica ridivenne libera, fece di tutto per rivederla, rifiutandosi sempre a riconoscere la superiorità di suor Immacolata, piegandosi infine alle esigenze di Jole per non comprometterne lo stato grave e per non disobbedire al marito che le impose la volontà della figliuola. Prolungandosi poi la malattia, la sua indole molle, inetta alle abnegazioni e alla fatica, fatta di orgogliosa boria, attaccata ai suoi piaceri e ai suoi comodi, alle sue vanità, al lusso che le consentiva la sua fortunata posizione sociale provò un sollievo al pensiero di essere esonerata da quelle cure od anche solo da quella sorveglianza che richiedevano uno sforzo e molte rinunzie. Però nella sua vile anima di schiava alimentava l'ostinato rancore verso la discepola di Gesù, la cui virtù, quando non la poteva negare, tacciava di ipocrisia. Poi l'astio si rivelò terribile allorché donna Ester udì parlare del
desiderio della malatina, la quale non seppe mai ciò che accadde nella stanza
lontana, parata con un lusso orientale, profumata di costosi pr
Da quel giorno fu una guerra subdola, accanita, fatta di piccole
ostilità, di ironie pungenti, di sottintesi, di provocazioni quella della
grassa ebrea, che non avendo il coraggio di urtare la figlia e di passar sopra
alla volontà del marito, il quale apprezzava la suora come infermiera
intelligente, sfogava così la sua antipatia e il suo rancore, prendendosi per
alleato Leo, il figliuolo prediletto che le somigliava nell'anima e nel volto.
Insieme congiuravano i dispetti che più potevano ferirla, i mezzi più acconci a
stancare la sua pazienza e la sua volontà instancabili, onde ottenere ch'essa
spontaneamente lasciasse la loro dimora, dal momento che donna Ester non poteva
e non voleva scacciarla. In proporzioni ridotte, per circostanze, ma con
l'accanimento e la crudeltà medesimi, si rinnovava verso la fedele vergine
Cristiana la barbara persecuzione dei tempi antichi. E come i tiranni antichi,
quei persecutori malvagi stupivano della resistenza dolce ma ferma,
dell'invitta costanza di lei. Non sapevano, essi, che quell'anima mite e
sensibilissima sarebbe cento volte soggiaciuta se non avesse chiesta la forza e
la resistenza a Chi non la nega mai, quando è
Un'altra nemica aveva la monaca sotto quel tetto, e questa più terribile perchè superiore d'ingegno e d'istruzione, più cauta nelle sue offese, più raffinata nella scelta delle armi. Era la sorella maggiore di Jole, la primogenita, Alda, una magra ragazza poco più che ventenne, che aveva studiato all'università, che preferiva teorie femminili spinte ad oltranza, emancipata dalla famiglia e da ogni autorità, continuamente in giro per conferenze, riunioni, imprese; vestita semplicemente ma senza cura, pettinata alla peggio sotto il piccolo cappello maschile, con le lenti sul naso in permanenza; sempre in attitudine di propugnare e difendere le sue idee, con qualche libro o fascicolo o giornale tra le mani nelle brevi ore che passava in famiglia; vegliando tardi la sera, nella sua stanza, per preparare qualche discorso, per scrivere lettere, per leggere i più ponderosi ed aridi volumi di scienze economiche e sociali. Certo quella fanciulla dava prova di virilità d'ingegno, d'attività e d'energie non comuni, rarissime anzi, di che il padre inorgogliva. Donna Ester, incapace non solo di comprendere gli ideali della figliuola, ma di intendere il linguaggio quando questa le parlava di femminismo, di libertà individuale, d'uguaglianza di diritti e di pregiudizi di sesso, si era ormai avvezzata a considerarla come un altro figlio maschio, più indipendente anzi dell'altro, del vero uomo, per cui serbava tutte le sue predilezioni. Suor Immacolata, poi in presenza di
Ah, la piccola Jole, dal letto bianco della sua ridente camerina tranquilla contro cui, per pietà di lei, debole e inferma, svanivano gli urti di quei caratteri composti di elementi eterogenei, e si spegnevano le ire, e avevano tregua le battaglie: la piccola dolce malata dai grandi occhi neri pensosi, non avrebbe saputo mai quanto costava la cura del suo corpo e della sua anima alla sua amorosa guardiana. Ella non sapeva che per compiere la sua missione, alta, solenne, divina, suor Immacolata esponeva il suo gracile petto fregiato della croce cristiana a un dilacerante martirio, come le vergini antiche che resistevano per la lor fede, tra i supplizi dell'anfiteatro. Anche la monaca resisteva, fedele all'incarico ricevuto da Dio, che le appariva oramai chiaro e incontestabile, e che doveva adempire a costo della vita. — Mi dica — le chiese Jole che andava rimettendosi rapidamente, una sera
quando fu coricata e la suora le disponeva sul comodino e il latte e il
bicchierino di marsala, e l'acqua e quanto potesse abbisognarle per la notte —
mi dica, suor Immacolata, come fa a non stancarsi mai? Lei ha sempre il suo bel
visino fresco, lei è sempre
Suor Immacolata disponendo con le dita aristocratiche le ciotole e i bicchieri sorrideva del suo sereno e tranquillo sorriso. — È l'abitudine, Joletta. Tutta la nostra vita è così.... E poi mi riposavo.... dormivo nella poltrona quando lei dormiva. E passato il peggio ho dormito anche nel letto, di là.... e prendevo anche molte uova e molto caffè.... — O non lo credo! il suo molto so com'è! Lo so anche quando mi fa la porzione di maccheroni al burro! No, no.... Sa che cosa ho pensato invece, suor Immacolata! — Che cosa ha pensato? — Che Lei deve avere.... non so.... qualche liquore misterioso, qualche acqua magica, come quella che dicevano usasse Succi, il digiunatore, quando stava quaranta giorni senza mangiare. La suora rise. E soggiunse dopo un silenzio, senza ridere più: — Un'acqua magica no, ma un talismano sì. — Ah?... — fece Joletta sollevandosi su un gomito con curiosità infantile. Me lo fa vedere, suor Immacolata? In segreto, a me? Non lo dirò a nessuno.... — Non è visibile — disse suor Immacolata. — È chiuso
dentro il mio cuore.
— Buona notte.... — augurò dolcemente la suora, ma la giovanetta la trattenne per un lembo dello scapolare. — Vorrei sapere — disse con quel suo accento profondo delle ore di riflessione, così strano e seducente in quella personcina che pareva di bimba — vorrei sapere se questa forza e questa resistenza che dà la Religione di Cristo, si può ottenere anche vivendo nel mondo.... voglio dire senza consacrarsi esclusivamente a Dio, come ha fatto lei suor Immacolata? — Ma certo, Joletta. In qualunque stato si possono seguire i precetti di Gesù, ed averne grazia, conforti ed aiuti infiniti e possenti. Basterà che li invochiamo con fede. Il Signore non lascia nessuno senza risposta. — E.... mi dica anche, suor Immacolata, sono molto difficili da seguire, i precetti della legge di Gesù? — Sembrerebbero a tutta prima ben dolci e ben semplici, figliuola mia — rispose la monaca. — Tutta la dottrina del Cristo è di amore e di pace. Tutti i suoi precetti si possono riassumere in questo solo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Ma il prossimo non è solamente composto delle creature verso cui ci sentiamo attratti, o di quelle che meritano il nostro amore e la nostra dedizione. I malvagi, i colpevoli, i ciechi dell'anima, gli ingrati, i traditori sono pure parte del nostro prossimo, anzi, forse, la maggior parte di esso.... E se l'occasione viene, bisogna esser pronti a fare per l'ultimo di loro, per quello che ai nostri occhi appare il più indegno di pietà e di soccorso, quello che faremmo per salvar noi medesimi.... Jole non si distoglieva dal suo atteggiamento pensoso. La lampadina
elettrica posta a capo del letto, le lumeggiava in pieno il visino che tornava
ad arrotondarsi, in cui splendevano tuttora gli occhi di bruno velluto animati
da una luce nuova che conferiva loro una specie di strana severità. I
Ella scorse ad un tratto i grandi occhi di Jole riempirsi di lagrime. — Che cos'ha? — le chiese passandole in materno atto la mano delicata sulla spalla. — Pensavo.... — sussurrò la fanciulla con voce commossa, — che vi sono forse al mondo delle famiglie felici.... in cui tutti credono.... tutti, vecchi giovani e bambini. E si riuniscono insieme per pregare, e vanno tutti insieme in chiesa, e nessun pensiero divide le loro anime, ma anzi uno stesso pensiero le illumina tutte della stessa luce, le riscalda tutte con lo stesso ardore. Che grande forza, che grande pace deve piovere su di esse dal Signore! Anche nella sventura, anche nelle peggiori tristezze, esse devono sentirsi al sicuro. Ci sono, suor Immacolata, delle famiglie così? Sospirò la suora e il suo sguardo ceruleo si levò d'una nebbia leggera: — Poche.... purtroppo. Ai nostri tempi ve ne sono
poche che possiedono così bella Indi curvandosi all'orecchio della fanciulla le mormorò: — Può essere lei l'angelo della sua casa, Jole.... La fanciulla giunse lentamente le mani, piccole e bianche, levò in alto
gli occhi do
— Così sia.... Anche a costo della felicità e della vita, così sia. Un angelo invisibile raccolse nella stanza verginale, dove la morte era stata vinta, quelle parole e le recò alle sorgenti del Bene.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |