VI
E poi fu un lungo
silenzio alle zampogne ed ecloghe sí in latino come in toscano; interrotto (chi
se lo ricorda o lo ha letto?) sol da Giusto de' Conti. Il quale un bel giorno
dimenticò le tornite imitazioni della Bella Mano, per mettere insieme una
strana rima tra ecloga e frottola (La notte torna, e l'aria e il ciel si
annera); a dir meglio, compose una vera ecloga, ove entra la frottola con
l'elemento suo realistico nella sostanza e polimetro nella forma. Ma solo a
mezzo il Quattrocento affermasi che in gara alla bucolica classica meglio e piú
generalmente compresa si risvegliasse col desiderio della vita riposata nei
campi il sentimento della natura, dando le mosse a una poesia pastorale o
campestre che voglia dirsi. È egli vero?
Ecco tra il 1453 e il 71
le dieci ecloghe latine di Matteo Maria Boiardo. Dall'Arcadia guasta dai turchi
Pan rifugge in Italia, e a Poeman pastore italico insegna cantare in riva della
Secchia presso a Modena o del Tressinaro sotto i bei colli di Scandiano. E
Poeman e i nuovi pastori cantano i soliti amori e abbandoni e morti di ninfe
assai vagamente; ma cantano anche Giano e Pico e Pitagora, e l'etrusco Tage ed
Evandro e le glorie di Roma, e súbito appresso gli Estensi; cantano l'età
dell'oro rifiorita sotto Borso nuovamente duca (1453), e portano in gabbia una
gazza che ha imparato a ridire il nome di Ercole governatore di Modena (1465)
sotto il cui reggimento è cosí beato vivere. Le ecloghe del conte scandianese
si riattaccano a quelle del Petrarca e del Boccaccio, e splendono a luoghi di
forse piú elegante imitazione virgiliana; ma non ebbero fama.
Stanno in disparte le
otto ecloghe di Battista Spagnoli, il Mantuano. Le scrisse adolescente (1485
circa) essendo a studio in Padova, e due ne aggiunse vecchio in religione:
perocché fu carmelitano, di recente beatificato. Cotesto santarello è un
osservatore triste, rozzo, sboccato; non osceno; ma delle donne e degli amori
mette in mostra le dure verità con le crude parole; mette in latino le
storpiature dei nomi cristiani (Iannus, Tonius): non fior
d'eleganza, efficacia volgare, verità prolissa: pare a certi passi prevenire la
commedia rusticale, in altri anticipare il suo paesano Folengo. E pure
quell'ecloghe furono ben presto commentate dal Beroaldo, e fra tanta eleganza
del secolo appresso tradotte due volte in francese da Michele D'Amboise e da
Lorenzo De la Gravière,
in inglese da Aless. Barclay: sí forte era la sete del naturale.
Dalle georgiche di
Esiodo e Virgilio balzava a descrivere le stagioni della viva agricoltura
toscana Ang. Poliziano nel Rusticus: prolusione in versi alle lezioni su
quei due antichi poemi che il giovine professore accingevasi fare allo studio
di Firenze nell'anno 1483. Dov'è andata la polvere dei vecchi libri pur ora
scossi dal filologo? Il Poliziano pare scrivere una lingua viva: non imita il
greco autore né il latino; non compone idillio né ecloga, fa una selva;
mirabile dipintore, di colorito fiammingo; piú moderno, e quasi direi piú
poeta, del Thomson. All'ecloga mitologica virgiliana primo, se non forse col
Pontano o poco dopo, ma certo in Napoli, tornò il fanese Pomponio Gaurico (m.
circa il 1530). E súbito l'eleganza signorile delle ecloghe puramente classiche
del Sannazzaro, del Vida, di G. B. Amalteo fece dimenticare e disprezzare ogni
latino anteriore.
|