Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giosuè Carducci
Su l'Aminta di T. Tasso

IntraText CT - Lettura del testo

  • STORIA DELL'AMINTA
    • II
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

II

 

Nell'isoletta di Belvedere aveva il poeta cercato luogo alla scena [2a dell'atto primo], cosí frescamente civettuola, dell'abbigliamento di Silvia. Ma la scena fissa di tutto il dramma è un luogo di passo non lontan dalla strada pubblica, tra il Po e Ferrara. Grata sorpresa, credo, ai primi spettatori: il dramma dunque stava per isvolgersi nei contorni del paese e del tempo loro, tuttoché ellenico o arcadico l'argomento e gentilesco o pagano il costume. Ché tale presentavasi súbito dal prologo, fatto come nelle tragedie di Euripide e in due commedie di Plauto, da un nume: Amore, che fuggendo Venere e l'Olimpo viene a esercitare le arti sue tra i pastori.

Al qual prologo un dotto bibliografo83 ha mostrato credere potesse venire la prima idea da' quello della Didone di Lodovico Dolce pubblicata nel 1560,84 ovintrodotto Amore in forma d'Ascanio a incominciare cosí:

 

Io, che dimostro in viso

A la statura e a i panni

D'esser picciol fanciullo

come voi mortale,

Son quel gran dio ch 'l mondo chiama Amore;

Quel che può in cielo in terra

E nel bollente Averno;

Contra di cui non vale

Forzauman consiglio.

Né d'ambrosia mi pasco

come gli altri dèi,

Ma di sangue e di pianto.

Ne l'una mano io porto

Dubbia speme, fallace e breve gioia,

Ne l'altra affanno e noia,

Pene, sospiri e morte.

 

Io non crederei: o almeno non ve n'era bisogno. A far prologare Amore il Tasso aveva l'esempio in casa nella pastorale del Giraldi Cinthio: in effetto poi il prologo suo non è che la controparte all'Amor fuggitivo di Mosco, idillio già fatto volgare in terzine dal Benivieni e messo in farsa rimata dal Sannazzaro e fin popolarizzato sotto il titolo di Ricercata di Venere per la perdita di Cupido da ignoto nel primo ventennio del secolo.85 Gli eruditi poi trovano derivati dal secondo libro della Caccia di Oppiano gli accenni alla potenza del dio. L'azione séguita una e semplice: l'amore del timido Aminta per Silvia schiva e orgogliosa. Di che Aminta confidandosi a Tirsi, e inducendolo questi di andar a un certo fonte per trovare la ninfa, ciò gli è occasione di liberarla dall'attentato d'un satiro villano. Quindi la causa al rivolgimento della favola: il caso, cioè, della caccia e il turbamento dell'azione, quando Aminta credendo ai falsi annunzi Silvia divorata da' lupi si precipita da un dirupo, ed è tenuto morto da chi lo vide e racconta: onde l'intenerimento di Silvia e poi la lieta fine con Aminta che dalla morte scampa all'amore e alle nozze. I quali casi, procedendo l'uno dall'altro, vengono in un facile viluppo a presentare naturalmente la peripezia e anche una certa agnizione; quei passaggi in somma ed effetti che gli aristotelici allora esigevano in un dramma regolare, e che il Tasso felicemente conseguí senza sforzi in un dramma nuovo; il quale pur non rientrando nei cancelli peripatetici riuscí tanto piú regolare degli esempi antecedenti, e con tutta la regolarità anche rimase tanto piú vivo e mosso di quelli.

Nel resto l'antitesi tra la verginale vocazione di Silvia e la passione d'Aminta è in germe nel Pan e Siringa e nelle ninfe e ne' satiri dell'Egle di G. B. Giraldi; onde fu pur derivata la lirica forma dei cori, che nel concetto dell'arte di quei tempi differenziavano il nuovo dramma dalla commedia e dalle minori rappresentazioni volgari e lo sollevavano verso il grado della tragedia. I satiri nell'Egle sono tutto; ma il satiro dell'Aminta discende piú veramente da quello del Sacrificio di Agostino Beccari; come l'idea di Silvia legata all'albero e liberata da Aminta appar suggerita da ciò che fa Turinio della stessa favola in simile caso per Stellinia. Lasciamo andare se il salto d'Aminta piú che da quello d'Ariodante nel quinto del Furioso possa credersi suggerito dal proposito del capraio nel terzo idillio di Teocrito: ma certo la novella del bacio [a. I, sc. 2] è tolta di peso dal secondo libro degli Amori di Clitofonte e Leucippe d'Achille Tazio, già volgarizzati in parte da Lodovico Dolce nel 1546 e del tutto da Francesco Angelo Coccio nel 1550: cosí i romanzi dello scadimento greco, rivelati, si può dire allora, alla letteratura fuor delle scuole, venivano a porger nuova esca al genio sensuale dei drammi pastorali, ultima forma poetica dello scadente rinascimento. Ancora: il famoso coro del falso onore («il primo coro dell'Aminta val da solo gran parte di quanto in volgar poesia composto si legge», sentenziava l'accademica gravità del custode d'Arcadia)86 è ispirato elementarmente da un'elegia di Tibullo [3a del ii libro]. Finalmente il dramma ha un epilogo, che rallegandosi al prologo riprende e leggiadramente amplifica il motivo del già ricordato primo idillio di Mosco: Venere viene a ricercare il figliuolo tra le belle spettatrici e i cavalieri amorosi. Cosí la favola dei poveri amori campagnoli è incerchiata, come un episodio, tra la fuga e l'inseguimento de' due piú belli e splendidi numi dell'olimpo naturale. E con ciò siam lontani, ma lontani di molto, da quelle insulse ecloghe e commedie di cui già ebbi a fare troppo lungo discorso.

Un'altra novità, e opportunissima. Il recitativo non è nell'Aminta di soli endecasillabi sciolti, ma le parti piú morbide e passionate gli hanno mescolati a' settenari. Tale verseggiatura il Tasso dedusse dalla Canace dello Speroni, pubblicata da prima nel 1546, e ne dedusse anche un verso intero (Pianti, sospiri e dimandar mercede).87 Non piú: che, quando Battista Guarini scriveva, il 10 luglio del 1585,88 allo Speroni, la Canace essere spiegata con la piú pura e la piú scelta favella che abbia poema alcuno di nostra lingua, e tanto di leggiadria aver nell'Aminta suo conseguito Torquato Tasso quanto egli fu imitatore della Canace, nell'Aminta da esso il Guarini stimata assai piú d'ogni altra poesia del Tasso quanto alla dicitura; quando il Guarini, dico, scriveva tali cose, egli lusingava di troppo il fastidioso sopracciglio del cattedrante di Padova, e, se non paia malignità di posteri, anche indulgeva a una cotal nebbiuzza di passione propria contro il povero Tasso.

Ma come l'apparizione e l'opera dell'Aminta fosse giudicata e sentita dall'età che fu del Tasso, i lettori, spero, ameranno leggere nella testimonianza del primo e piú amoroso biografo del poeta, Giovan Battista Manso napolitano:

 

Quivi [in Ferrara] nel verno seguente [1573] compose e fe' rappresentare il suo Aminta, con general lode e maraviglia di ciascheduno ch'allora l'udí o che l'ha poscia letto; cosí per l'eccellenza del componimento giudicato per ogni sua parte perfettissimo in sé medesimo, come per l'invenzione del poema eziandio; perciocché, quantunque sia secondo le universali et antiche regole della poetica composto, nondimeno quanto alla scena et alle persone in essa rappresentate et a loro costumi, non se n'era fin a quel tempo nella nostra lingua, né meno nella latina o nella greca, veduto un altro tale; onde se ne può senza fallo chiamar l'inventore. Conciosiacosaché coloro fra gli antichi che introdussero nelle scene boscareccie le buccoliche rappresentazioni e le persone de' pastori e delle ninfe, come furono tra' greci Teocrito e tra' latini Vergilio e tra' nostrali il Sannazaro et alcuni altri scrittori d'egloghe, non composero favole perfette, né d'una intiera azione né del richiesto spazio di tempo o di convenevole ligamento o scioglimento, e molto meno con le parti necessarie della quantità e della qualità, senza le quali niun poema si può chiamar regolato, ma gl'introdussero a semplicemente favellare quel che loro veniva a grado, senza sottoporsi ad altra regola ch'all'osservanza del costume (onde i loro componimenti si potrebbono piú tosto una raunanza di molte scene che una favola scenica chiamare), avendo essi l'altre regole lasciate alla comedia et alla tragedia, che loro parvero maggiormente capaci delle drammatiche osservazioni. Ma Torquato, facendosi scena de' boschi e ritenendo le persone pastorali, si sottopose non men al costume dell'egloghe ch'alle regole della comedia e della tragedia parimente, facendo di tutte e tre una maravigliosa ma vaghissima e regolatissima composizione: perciocché dall'egloga prese, come ora dicevamo, la scena, le persone pastorali e 'l costume; dalla tragedia le persone divine, l'eroiche, i cori, il numero del verso e la gravità della sentenza; dalla comedia le persone comunali, il sale de' motti e la felicità del fine, piú proprio alla comedia ch'all'altre due. La composizione poi di questo mescolamento, quanto all'unità et integrità della favola et al suo circuito e quanto alla protasi et alla catastrofe et all'altre parti quali e quante elleno devono essere, dispose egli secondo le regole et alla tragedia et alla comedia ugualmente communi; delle quali fu cosí diligente osservatore, che in tutto quel poema non ha potuto l'invidia stessa ritrovare mancamento alcuno, se non s'è per avventura ch'ad altri parve assai breve.89

 

Un altro amico e ospite del Tasso, Angelo Ingegneri, tre anni dopo la morte del poeta, mostrava riconoscere da lui il mutamento e movimento della scenica poesia che avveniva allora in Italia:

 

Tragici e comici non sono mai stati tanti in una stessa età, né di quel numero cosí gran parte ha conseguito cotanto applauso, né (quello ch'è di somma gloria dei nostri giorni e della stessa poesia) si sono già mai ritrovati i cavalieri ed i principi, che di tale studio si sieno, come ora addiviene, dilettati. Di ciò, s'io non m'inganno, parmi che non picciolo obbligo abbia ad avere il presente secolo al suo vero lume Torquato Tasso; il quale, quantunque a piú alte imprese chiamato, e fra l'altre a cantar cosí pellegrinamente la gran conquista di Terra Santa ed a scriver negli ultimi mesi della sua memorabile vita con tanta dottrina e tal soavità la creazione dell'universo, colla sua gentil pastorale destando già l'addormentate selve, risvegliò insieme mille nobilissimi spiriti, e di que' vezzi gl'invaghí che vie piú quivi ch'altrove gli sembrâr convenevoli. Ben ebbe innanzi a lui la nostra lingua comici e tragici di molta stima, che forse non fia troppo agevol cosa l'arrivar l'Ariosto nell'uno e 'l Trissino nell'altro; ma questi, compiaciutisi di certa semplicità non men di spiegatura che d'invenzione, si rimasero sol di tanta lode contenti, quanta chieder pareva in que' tempi un tal piú sobrio costume. Dietro a costoro venne d'acuto ed elevato intelletto lo Speroni, et additò per avventura colla sua Canace la strada; per la quale caminando poi piú felicemente nell'Aminta il giudiciosissimo Tasso, non pure egli eccitò, come s'è detto, molti sublimi ingegni alla composizione di diverse tragedie, commedie e pastorali, ma egli ebbe in sorte di stabilire questa terza specie di dramma, prima o non ricevuta o non apprezzata od almeno non posta nella guisa in uso che s'è fatto d'allora in qua. Quinci furono in pochi anni veduti gli Alcei, i Caridi, i Ligurini, gli Amorosi Sdegni, le Amarillide, le Pompe funebri, le Cinthie, le Tirrene, le Amarante, le Mirtille, e tante altre graziose Piscatorie e Boschereccie; ed è poi stato con insolito giubilo letto e riletto il non mai quanto basti favorito Pastor fido.90

 





83 S. Bongi, Annali di G. Giolito de' Ferrari, II [Roma-Lucca, 1895] p. 93, nota.



84 Venezia, G. Giolito de' Ferrari.



85 Questo libretto è ricordato da S. Bongi nel già cit. vol. II [pag. 28, nota] de'suoi Annali giolitiani, importantissima illustrazione alla letteratura del sec. xvi.



86 G. M. Crescimbeni, Dell'istor. della volg. poes., ii (Venezia, 1730) pag. 444.



87 Nella Canace, a. iv, sc. 2: nell'Aminta, a. i, sc. 1.



88 G. B. Guarini, Lettere: Venezia, Ciotti, 1596, p, 1a, pag. 23 (err. num. 31).



89 G. B. Manso, Vita di Torquato Tasso: Venezia, Deuchino 1621, pp. 43-45.



90 Ang. Ingegneri, Della poesia rappresentativa. Ferrara, Baldini, 1598, pp. 1-2.





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License