22 febbraio 1932
Caro Delio,
[...]
Una sera d'autunno quando era
già buio, ma splendeva luminosa la luna, sono andato con un altro ragazzo, mio amico,
in un campo pieno di alberi da frutto, specialmente di meli. Ci siamo nascosti
in un cespuglio, contro vento. Ecco, a un tratto, sbucano i ricci, cinque, due
più grossi e tre piccolini. In fila indiana si sono avviati verso i meli, hanno
girellato tra l'erba e poi si sono messi al lavoro: aiutandosi coi musetti e
con le gambette, facevano ruzzolare le mele, che il vento aveva staccato dagli
alberi, e le raccoglievano insieme in uno spiazzetto, ben bene vicino una
all'altra. Ma le mele giacenti per terra si vede che non bastavano; il riccio
più grande, col muso per aria si guardò attorno, scelse un albero molto curvo e
si arrampicò, seguito da sua moglie. Si posarono su un ramo carico e
incominciarono a dondolarsi ritmicamente; i loro movimenti si comunicarono al
ramo, che oscillò sempre più spesso, con scosse brusche e molte altre mele
caddero per terra.
Radunate anche queste vicino
alle altre, tutti i ricci, grandi e piccoli, si arrotolarono, con gli aculei
irti, e si sdraiarono sui frutti, che rimanevano infilzati: chi aveva poche
mele infilzate (i riccetti), ma il padre e la madre erano riusciti a infilzare
sette o otto mele per ciascuno.
Mentre stavano ritornando alla
loro tana, noi uscimmo dal nascondiglio, prendemmo i ricci in un sacchetto e ce
li portammo a casa. Io ebbi il padre e due riccetti e li tenni molti mesi,
liberi, nel cortile; essi davano la caccia a tutti gli animaletti, blatte,
maggiolini ecc. e mangiavano frutta e foglie d'insalata. Le foglie fresche
piacevano loro molto e così li potei addomesticare un poco; non si
appallottolavano più quando vedevano la gente.
Avevano molta paura dei cani. Io
mi divertivo a portare nel cortile delle bisce vive per vedere come i ricci le
cacciavano. Appena il riccio si accorgeva della biscia, saltava lesto lesto
sulle quattro gambette e caricava con molto coraggio. La biscia sollevava la
testa, con la lingua fuori e fischiava; il riccio dava un leggero squittìo,
teneva la biscia con le gambette davanti, le mordeva la nuca e poi se la
mangiava pezzo a pezzo.
Questi ricci un giorno
sparirono: certo qualcuno se li era presi per mangiarli.
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