Nella giungla si erano uniti in «clan», per poter cacciare
con più profitto e meno pericolo, e babbuini e lupi e leopardi ed altre bestie
di vario pelo e colore. Tra di loro però si era intrufolato un piccolo
sciacallo che mangiava i rifiuti e spolpava le ossa dei succulenti banchetti.
Era sopportato perché nella giungla lo sciacallo è temuto da tutti come
diffusore di idrofobia e di malattie infettive, ma l'irritazione e il
malcontento era grande e tutti del «clan» avrebbero benedetto la buona
occasione che li avesse liberati dal poco piacevole socio.
Fu una scimmietta molto accorta
e giudiziosa che trovò la via di scampo: «Perché non lo facciamo nostro re? -
propose in una privata assemblea da lei appositamente convocata, - lo potremmo
così collocare nella sua nicchietta, ben pasciuto e immunizzato dalla sua
stessa autorità, e noi non avremmo più a soffrire del contatto da pari a pari
con chi ci fa continuamente rabbrividire e drizzare il pelo. Potrà fare
collezione di tutti i cocci colorati e le cartine inargentate che troveremo
nelle nostre incursioni, di cui gli faremo doveroso omaggio, e così saremo
tranquilli».
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