III. RACCONTINI DI GHILARZA
E DEL CARCERE
Le
avventure di Carlo13
Carlo e gli assassini
Carlo andò ad Abbasanta. Aveva sei o sette anni e per la
prima volta percorreva questo tragitto (circa due km) da solo. Per lui fu un
avvenimento straordinario. Era orgogliosissimo di aver affrontato la strada
solitaria, i pericoli di un agguato e chissà quante altre cose. Ma, alla sera,
quando fummo tutti riuniti per la cena, Nino raccontò a suo modo questa
avventura:
Carlo torna da Abbasanta camminando
lesto e fiero, quando viene fermato da tre assassini: «O la borsa o la vita!»,
gli dicono. Carlo cerca di commuoverli, implora: «Pietà, sono il padre di
cinque figli!». Ma gli assassini gli sbarrano minacciosi la strada e insistono:
«O la borsa o la vita!». Sono decisi a tutto. Per Carlo è finita. Perciò, con
le lacrime agli occhi, dice: «Va bene, vi darò la borsa». Infila la mano in
tasca ... Ma cosa consegna agli assassini? Un sacchetto chiuso con lo spago,
che contiene pochi semi di melone!
Carlo e il pappagallo
Pressappoco nello stesso periodo
Carlo andò a Bosa e quando tornò raccontò meraviglie: aveva visto il mare, la
vecchia cittadina arroccata in alto e, soprattutto, un pappagallo vero di cui
aveva sentito la voce. L'avventura del pappagallo - nella versione di Nino - si
svolse così:
Carlo cammina impettito per Bosa; è un personaggio
importante ormai, che viaggia e visita nuove città. Entra in una farmacia per
comprare un cachet e all'improvviso sente una strana voce che lo saluta: «Buona
sera!». Dietro il banco non c'è nessuno; si volta e vede un grosso uccello
colorato appollaiato su un trespolo. Carlo è imbarazzato. Possibile che...?
Sente ancora la voce «Buona sera!». Non ha più dubbi, s'inchina e dice (in
dialetto sardo): «Scusi, scusi tanto. Ma sa, io credevo che lei fosse un
uccello!».
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