II. L'organizzazione
della cultura
L'organizzazione
della scuola e
della cultura
Aspetti diversi della quistione degli intellettuali, oltre
quelli sopra accennati. Occorre farne un prospetto organico, sistematico e
ragionato. Registro delle attività di carattere prevalentemente intellettuale.
Istituzioni legate all'attività culturale. Metodo e problemi di metodo del
lavoro intellettuale e culturale, sia creativo che divulgativo. Scuola,
accademia, circoli di diverso tipo come istituzioni di elaborazione collegiale
della vita culturale. Riviste e giornali come mezzi per organizzare e
diffondere determinati tipi di cultura.
Si può osservare in generale che nella civiltà
moderna tutte le attività pratiche sono diventate cosí complesse e le scienze
si sono talmente intrecciate alla vita che ogni attività pratica tende a creare
una scuola per i propri dirigenti e specialisti e quindi a creare un gruppo di
intellettuali specialisti di grado piú elevato, che insegnino in queste scuole.
Cosí, accanto al tipo di scuola che si potrebbe chiamare «umanistica», ed è
quello tradizionale piú antico, e che era rivolta a sviluppare in ogni
individuo umano la cultura generale ancora indifferenziata, la potenza
fondamentale di pensare e di sapersi dirigere nella vita, si è andato creando
tutto un sistema di scuole particolari di vario grado, per intere branche
professionali o per professioni già specializzate e indicate con precisa
individuazione. Si può anzi dire che la crisi scolastica che oggi imperversa è
appunto legata al fatto che questo processo di differenziazione e
particolarizzazione avviene caoticamente, senza principî chiari e precisi,
senza un piano bene studiato e consapevolmente fissato: la crisi del programma
e dell'organizzazione scolastica, cioè dell'indirizzo generale di una politica
di formazione dei moderni quadri intellettuali, è in gran parte un aspetto e
una complicazione della crisi organica piú comprensiva e generale. La divisione
fondamentale della scuola in classica e professionale era uno schema razionale:
la scuola professionale per le classi strumentali, quella classica per le
classi dominanti e per gli intellettuali. Lo sviluppo della base industriale
sia in città che in campagna aveva un crescente bisogno del nuovo tipo di
intellettuale urbano: si sviluppò accanto alla scuola classica quella tecnica
(professionale ma non manuale), ciò che mise in discussione il principio stesso
dell'indirizzo concreto di cultura generale, dell'indirizzo umanistico della
cultura generale fondata sulla tradizione greco-romana. Questo indirizzo, una
volta messo in discussione, può dirsi spacciato, perché la sua capacità
formativa era in gran parte basata sul prestigio generale e tradizionalmente
indiscusso, di una determinata forma di civiltà.
Oggi la tendenza è di abolire ogni tipo di scuola
«disinteressata» (non immediatamente interessata) e «formativa» o di lasciarne
solo un esemplare ridotto per una piccola élite di signori e di donne
che non devono pensare a prepararsi un avvenire professionale e di diffondere
sempre piú le scuole professionali specializzate in cui il destino dell'allievo
e la sua futura attività sono predeterminate. La crisi avrà una soluzione che
razionalmente dovrebbe seguire questa linea: scuola unica iniziale di cultura
generale, umanistica, formativa, che contemperi giustamente lo sviluppo della
capacità di lavorare manualmente (tecnicamente, industrialmente) e lo sviluppo
delle capacità del lavoro intellettuale. Da questo tipo di scuola unica,
attraverso esperienze ripetute di orientamento professionale, si passerà a una
delle scuole specializzate o al lavoro produttivo.
È da tener presente la tendenza in isviluppo per cui
ogni attività pratica tende a crearsi una sua scuola specializzata, cosí come
ogni attività intellettuale tende a crearsi propri circoli di cultura, che
assumono la funzione di istituzioni postscolastiche specializzate
nell'organizzare le condizioni in cui sia possibile tenersi al corrente dei
progressi che si verificano nel proprio ramo scientifico. Si può anche
osservare che sempre piú gli organi deliberanti tendono a distinguere la loro
attività in due aspetti «organici», quella deliberativa che è loro essenziale e
quella tecnico-culturale per cui le quistioni su cui occorre prendere
risoluzioni sono prima esaminate da esperti ed analizzate scientificamente.
Questa attività ha creato già tutto un corpo burocratico di una nuova
struttura, poiché oltre agli uffici specializzati di competenti che preparano
il materiale tecnico per i corpi deliberanti, si crea un secondo corpo di
funzionari, piú o meno «volontari» e disinteressati, scelti volta a volta
nell'industria, nella banca, nella finanza. È questo uno dei meccanismi
attraverso cui la burocrazia di carriera aveva finito col controllare i regimi
democratici e i parlamenti; ora il meccanismo si va estendendo organicamente ed
assorbe nel suo circolo i grandi specialisti dell'attività pratica privata, che
cosí controlla e regimi e burocrazia. Poiché si tratta di uno sviluppo organico
necessario che tende a integrare il personale specializzato nella tecnica
politica con personale specializzato nelle quistioni concrete di
amministrazione delle attività pratiche essenziali delle grandi e complesse
società nazionali moderne, ogni tentativo di esorcizzare queste tendenze
dall'esterno, non produce altro risultato che prediche moralistiche e gemiti
retorici. Si pone la quistione di modificare la preparazione del personale
tecnico politico, integrando la sua cultura secondo le nuove necessità e di
elaborare nuovi tipi di funzionari specializzati che collegialmente integrino
l'attività deliberante. Il tipo tradizionale del «dirigente» politico,
preparato solo per le attività giuridico-formali, diventa anacronistico e
rappresenta un pericolo per la vita statale: il dirigente deve avere quel
minimo di coltura generale tecnica che gli permetta, se non di «creare»
autonomamente la soluzione giusta, di saper giudicare tra le soluzioni
prospettate dagli esperti e scegliere quindi quella giusta dal punto di vista
«sintetico» della tecnica politica. Un tipo di collegio deliberante che cerca
di incorporarsi la competenza tecnica necessaria per operare realisticamente è
stato descritto in altro luogo, dove si parla di ciò che avviene in certe
redazioni di riviste, che funzionano nello stesso tempo come redazioni e come
circoli di coltura. Il circolo critica collegialmente e contribuisce cosí ad
elaborare i lavori dei singoli redattori, la cui operosità è organizzata
secondo un piano e una divisione del lavoro razionalmente predisposta.
Attraverso la discussione e la critica collegiale (fatta di suggerimenti,
consigli, indicazioni metodiche, critica costruttiva e rivolta alla educazione reciproca)
per cui ognuno funziona da specialista nella sua materia per integrare la
competenza collettiva, in realtà si riesce ad elevare il livello medio dei
singoli redattori, a raggiungere l'altezza o la capacità del piú preparato,
assicurando alla rivista una collaborazione sempre piú scelta ed organica, non
solo, ma creando le condizioni per il sorgere di un gruppo omogeneo di
intellettuali preparato a produrre una regolare e metodica attività «libraria»
(non solo di pubblicazioni d'occasione e di saggi parziali, ma di lavori
organici di insieme). Indubbiamente, in questa specie di attività collettive,
ogni lavoro produce nuove capacità e possibilità di lavoro, poiché crea sempre
piú organiche condizioni di lavoro: schedari, spogli bibliografici, raccolta di
opere fondamentali specializzate ecc. Si domanda una lotta rigorosa contro le
abitudini al dilettantismo, all'improvvisazione, alle soluzioni «oratorie» e
declamatorie. Il lavoro deve essere fatto specialmente per iscritto, cosí come
per iscritto devono essere le critiche, in note stringate e succinte, ciò che
si può ottenere distribuendo a tempo il materiale ecc.; lo scrivere le note e
le critiche è principio didattico reso necessario dal bisogno di combattere le
abitudini alla prolissità, alla declamazione e al paralogismo create
dall'oratoria. Questo tipo di lavoro intellettuale è necessario per fare
acquistare agli autodidatti la disciplina degli studi che procura una carriera
scolastica regolare, per taylorizzare il lavoro intellettuale. Cosí è utile il
principio degli «anziani di Santa Zita» di cui parla il De Sanctis nei suoi
ricordi sulla scuola napoletana di Basilio Puoti: cioè è utile una certa
«stratificazione» delle capacità ed attitudini e la formazione di gruppi di
lavoro sotto la guida dei piú esperti e sviluppati, che accelerino la
preparazione dei piú arretrati e grezzi.
Un punto importante nello studio dell'organizzazione
pratica della scuola unitaria è quello riguardante la carriera scolastica nei
suoi vari gradi conformi all'età e allo sviluppo intellettuale-morale degli
allievi e ai fini che la scuola stessa vuole raggiungere. La scuola unitaria o
di formazione umanistica (inteso questo termine di umanismo in senso largo e
non solo nel senso tradizionale) o di cultura generale, dovrebbe proporsi di
immettere nell'attività sociale i giovani dopo averli portati a un certo grado
di maturità e capacità, alla creazione intellettuale e pratica e di autonomia
nell'orientamento e nell'iniziativa. La fissazione dell'età scolastica
obbligatoria dipende dalle condizioni economiche generali, poiché queste
possono costringere a domandare ai giovani e ai ragazzi un certo apporto
produttivo immediato. La scuola unitaria domanda che lo Stato possa assumersi
le spese che oggi sono a carico della famiglia per il mantenimento degli
scolari, cioè trasforma il bilancio del dicastero dell'educazione nazionale da
cima a fondo, estendendolo in modo inaudito e complicandolo: la intera funzione
dell'educazione e formazione delle nuove generazioni diventa da privata,
pubblica, poiché solo cosí essa può coinvolgere tutte le generazioni senza
divisioni di gruppi o caste. Ma questa trasformazione dell'attività scolastica
domanda un allargamento inaudito dell'organizzazione pratica della scuola, cioè
degli edifizi, del materiale scientifico, del corpo insegnante, ecc. Il corpo
insegnante specialmente dovrebbe essere aumentato, perché la efficenza della
scuola è tanto maggiore e intensa quanto piú piccolo è il rapporto tra maestro
e allievi, ciò che prospetta altri problemi non di facile e rapida soluzione.
Anche la quistione degli edifizi non è semplice, perché questo tipo di scuola
dovrebbe essere una scuola-collegio, con dormitori, refettori, biblioteche
specializzate, sale adatte per il lavoro di seminario, ecc. Perciò inizialmente
il nuovo tipo di scuola dovrà e non potrà non essere che propria di gruppi
ristretti, di giovani scelti per concorso o indicati sotto la loro
responsabilità da istituzioni idonee. La scuola unitaria dovrebbe corrispondere
al periodo rappresentato oggi dalle elementari e dalle medie, riorganizzate non
solo per il contenuto e il metodo di insegnamento, ma anche per la disposizione
dei vari gradi della carriera scolastica. Il primo grado elementare non
dovrebbe essere di piú che tre - quattro anni e accanto all'insegnamento delle
prime nozioni «strumentali» dell'istruzione – leggere, scrivere, far di conto,
geografia, storia – dovrebbe specialmente svolgere la parte che oggi è
trascurata dei «diritti e doveri», cioè le prime nozioni dello Stato e della
società, come elementi primordiali di una nuova concezione del mondo che entra
in lotta contro le concezioni date dai diversi ambienti sociali tradizionali,
cioè le concezioni che si possono chiamare folcloristiche. Il problema
didattico da risolvere è quello di temperare e fecondare l'indirizzo dogmatico
che non può non essere proprio di questi primi anni. Il resto del corso non
dovrebbe durare piú di sei anni, in modo che a quindici-sedici anni si dovrebbe
poter compiere tutti i gradi della scuola unitaria. Si può obiettare che un
tale corso è troppo faticoso per la sua rapidità, se si vogliono raggiungere
effettivamente i risultati che l'attuale organizzazione della scuola classica
si propone ma non raggiunge. Si può dire però che il complesso della nuova
organizzazione dovrà contenere in se stessa gli elementi generali per cui oggi,
per una parte degli allievi almeno, il corso è invece troppo lento. Quali sono
questi elementi? In una serie di famiglie, specialmente dei ceti intellettuali,
i ragazzi trovano nella vita famigliare una preparazione, un prolungamento e
un'integrazione della vita scolastica, assorbono, come si dice, dall'«aria»
tutta una quantità di nozioni e di attitudini che facilitano la carriera
scolastica propriamente detta: essi conoscono già e sviluppano la conoscenza
della lingua letteraria, cioè il mezzo di espressione e di conoscenza
tecnicamente superiore ai mezzi posseduti dalla media della popolazione
scolastica dai sei ai dodici anni. Cosí gli allievi della città, per il solo fatto
di vivere in città, hanno assorbito già prima dei sei anni una quantità di
nozioni e di attitudini che rendono piú facile, piú proficua e piú rapida la
carriera scolastica. Nell'organizzazione intima della scuola unitaria devono
essere create almeno le principali di queste condizioni, oltre al fatto, che è
da supporre, che parallelamente alla scuola unitaria si sviluppi una rete di
asili d'infanzia e altre istituzioni in cui, anche prima dell'età scolastica, i
bambini siano abituati a una certa disciplina collettiva ed acquistino nozioni
e attitudini prescolastiche. Infatti, la scuola unitaria dovrebbe essere
organizzata come collegio, con vita collettiva diurna e notturna, liberata
dalle attuali forme di disciplina ipocrita e meccanica e lo studio dovrebbe
essere fatto collettivamente, con l'assistenza dei maestri e dei migliori
allievi, anche nelle ore di applicazione cosí detta individuale, ecc.
Il problema fondamentale si pone per quella fase
dell'attuale carriera scolastica che oggi è rappresentata dal liceo e che oggi
non si differenzia per nulla, come tipo d'insegnamento, dalle classi
precedenti, altro che per la supposizione astratta di una maggiore maturità
intellettuale e morale dell'allievo conforme all'età maggiore e all'esperienza
precedentemente accumulata. Di fatto tra liceo e università, e cioè tra la
scuola vera e propria e la vita c'è un salto, una vera soluzione di continuità,
non un passaggio razionale dalla quantità (età) alla qualità (maturità
intellettuale e morale). Dall'insegnamento quasi puramente dogmatico, in cui la
memoria ha una grande parte, si passa alla fase creativa o di lavoro autonomo e
indipendente; dalla scuola con disciplina dello studio imposta e controllata
autoritativamente si passa a una fase di studio o di lavoro professionale in
cui l'autodisciplina intellettuale e l'autonomia morale è teoricamente
illimitata. E ciò avviene subito dopo la crisi della pubertà, quando la foga
delle passioni istintive ed elementari non ha ancora finito di lottare coi
freni del carattere e della coscienza morale in formazione. In Italia poi, dove
nelle Università non è diffuso il principio del lavoro di «seminario», il
passaggio è ancora piú brusco e meccanico.
Ecco dunque che nella scuola unitaria la fase ultima
deve essere concepita e organata come la fase decisiva in cui si tende a creare
i valori fondamentali dell'«umanesimo», l'autodisciplina intellettuale e
l'autonomia morale necessarie per l'ulteriore specializzazione sia essa di
carattere scientifico (studi universitari) sia di carattere immediatamente
pratico-produttivo (industria, burocrazia, organizzazione degli scambi, ecc.).
Lo studio e l'apprendimento dei metodi creativi nella scienza e nella vita deve
cominciare in questa ultima fase della scuola e non essere piú un monopolio
dell'università o essere lasciato al caso della vita pratica: questa fase
scolastica deve già contribuire a sviluppare l'elemento della responsabilità
autonoma negli individui, essere una scuola creativa (occorre distinguere tra
scuola creativa e scuola attiva, anche nella forma data dal metodo Dalton.
Tutta la scuola unitaria è scuola attiva, sebbene occorra porre dei limiti alle
ideologie libertarie in questo campo e rivendicare con una certa energia il
dovere delle generazioni adulte, cioè dello Stato, di «conformare» le nuove
generazioni. Si è ancora nella fase romantica della scuola attiva, in cui gli
elementi della lotta contro la scuola meccanica e gesuitica si sono dilatati
morbosamente per ragioni di contrasto e di polemica: occorre entrare nella fase
«classica», razionale, trovare nei fini da raggiungere la sorgente naturale per
elaborare i metodi e le forme. La scuola creativa è il coronamento della scuola
attiva: nella prima fase si tende a disciplinare, quindi anche a livellare, a
ottenere una certa specie di «conformismo» che si può chiamare «dinamico»;
nella fase creativa, sul fondamento raggiunto di «collettivizzazione» del tipo
sociale, si tende a espandere la personalità, divenuta autonoma e responsabile,
ma con una coscienza morale e sociale solida e omogenea. Cosí scuola creativa
non significa scuola di «inventori e scopritori»; si indica una fase e un
metodo di ricerca e di conoscenza, e non un «programma» predeterminato con
l'obbligo dell'originalità e dell'innovazione a tutti i costi. Indica che
l'apprendimento avviene specialmente per uno sforzo spontaneo e autonomo del
discente, e in cui il maestro esercita solo una funzione di guida amichevole
come avviene o dovrebbe avvenire nell'Università. Scoprire da se stessi, senza
suggerimenti e aiuti esterni, una verità è creazione, anche se la verità è
vecchia, e dimostra il possesso del metodo; indica che in ogni modo si è
entrati nella fase di maturità intellettuale in cui si possono scoprire verità
nuove. Perciò in questa fase l'attività scolastica fondamentale si svolgerà nei
seminari, nelle biblioteche, nei laboratori sperimentali; in essa si
raccoglieranno le indicazioni organiche per l'orientamento professionale).
L'avvento della scuola unitaria significa l'inizio di nuovi rapporti tra lavoro
intellettuale e lavoro industriale non solo nella scuola, ma in tutta la vita
sociale. Il principio unitario si rifletterà perciò in tutti gli organismi di
cultura, trasformandoli e dando loro un nuovo contenuto. Problema della nuova
funzione che potranno assumere le Università e le Accademie. Oggi queste due
istituzioni sono indipendenti l'una dall'altra e le Accademie sono il simbolo,
spesso a ragione deriso, del distacco esistente tra l'alta cultura e la vita,
tra gli intellettuali e il popolo (perciò quella certa fortuna che ebbero i
futuristi nel loro primo periodo di Sturm und Drang antiaccademico,
antitradizionalista ecc.). In una nuova situazione di rapporti tra vita e
cultura, tra lavoro intellettuale e lavoro industriale, le Accademie dovrebbero
diventare l'organizzazione culturale (di sistemazione, espansione e creazione
intellettuale) di quegli elementi che dopo la scuola unitaria passeranno al
lavoro professionale, e un terreno d'incontro tra essi e gli universitari. Gli
elementi sociali impiegati nel lavoro professionale non devono cadere nella
passività intellettuale, ma devono avere a loro disposizione (per iniziativa
collettiva e non di singoli, come funzione sociale organica riconosciuta di
pubblica necessità ed utilità) istituti specializzati in tutte le branche di
ricerca e di lavoro scientifico, ai quali potranno collaborare e in cui
troveranno tutti i sussidi necessari per ogni forma di attività culturale che
intendano intraprendere. L'organizzazione accademica [dovrà essere] riorganizzata
e vivificata da cima a fondo. Territorialmente avrà una centralizzazione di
competenze e di specializzazione: centri nazionali che si aggregheranno le
grandi istituzioni esistenti, sezioni regionali e provinciali e circoli locali
urbani e rurali. Si sezionerà per competenze scientifico-culturali, che saranno
tutte rappresentate nei centri superiori ma solo parzialmente nei circoli
locali. Unificare i vari tipi di organizzazione culturale esistenti: Accademie,
Istituti di cultura, circoli filologici, ecc., integrando il lavoro accademico
tradizionale, che si esplica prevalentemente nella sistemazione del sapere
passato o nel cercare di fissare una media del pensiero nazionale come guida
dell'attività intellettuale, con attività collegate alla vita collettiva, al
mondo della produzione e del lavoro. Si controllerà le conferenze industriali,
l'attività dell'organizzazione scientifica del lavoro, i gabinetti sperimentali
di fabbrica, ecc. Si costruirà un meccanismo per selezionare e fare avanzare le
capacità individuali della massa popolare, che oggi sono sacrificate e si
smarriscono in errori e tentativi senza uscita. Ogni circolo locale dovrebbe
avere necessariamente la sezione di scienze morali e politiche, e mano a mano
organizzerà le altre sezioni speciali per discutere gli aspetti tecnici dei
problemi industriali, agrari, di organizzazione e razionalizzazione del lavoro,
di fabbrica, agricolo, burocratico, ecc. Congressi periodici di diverso grado
faranno conoscere i piú capaci.
Sarebbe utile avere l'elenco completo delle Accademie
e delle altre organizzazioni culturali oggi esistenti e degli argomenti che
sono prevalentemente trattati nei loro lavori e pubblicati nei loro Atti: in
gran parte si tratta di cimiteri della cultura, pure esse hanno una funzione
nella psicologia della classe dirigente.
La collaborazione tra questi organismi e le
università dovrebbe essere stretta, cosí come con tutte le scuole superiori
specializzate di ogni genere (militari, navali, ecc.). Lo scopo è di ottenere
una centralizzazione e un impulso della cultura nazionale che sarebbero
superiori a quelli della Chiesa Cattolica.
(Questo schema di organizzazione del lavoro culturale
secondo i principî generali della scuola unitaria, dovrebbe essere sviluppato
in tutte le sue parti accuratamente e servire di guida nella costituzione anche
del piú elementare e primitivo centro di cultura, che dovrebbe essere concepito
come un embrione e una molecola di tutta la piú massiccia struttura. Anche le
iniziative che si sanno transitorie e di esperimento dovrebbero essere
concepite come capaci di essere assorbite nello schema generale e nello stesso
tempo come elementi vitali che tendono a creare tutto lo schema. Studiare con
attenzione l'organizzazione e lo sviluppo del Rotary Club).
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