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Antonio Gramsci
Scritti politici I

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  • 1918
    • L'intransigenza di classe e la storia italiana
      • La funzione del proletariato
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La funzione del proletariato

 

Come il Partito socialista, organizzazione della classe proletaria, non può entrare in concorrenza per la conquista del governo senza perdere il suo valore intrinseco e diventare uno sciame di mosche cocchiere, cosí non può collaborare con un ceto borghese organizzato parlamentare, senza far del male, determinando pseudo-fatti che dovranno essere disfatti e corretti. Il marasma politico che la collaborazione di classe determina è dovuto al dilatarsi spasmodico di un partito borghese, che oltre al detenere lo Stato, si serve anche della classe antagonista allo Stato, diventando un ircocervo, un mostro storico senza volontà e fini determinati, preoccupato solo del possesso dello Stato, al quale si incrosta come la ruggine. L'attività dello Stato si riduce a puro giure, alle composizioni formali dei dissidi, non intacca mai la sostanza; lo Stato diventa un carro zingaresco, che si regge a furia di tasselli e chiavi, ed è mastodontico su quattro piccole rotelline.

Il Partito socialista, se vuole rimanere e sempre piú diventare l'organo esecutivo del proletariato, deve osservare e far rispettare da tutti il metodo della piú feroce intransigenza. I partiti borghesi, se vogliono andare al governo, per la sola loro forza intrinseca, dovranno evolversi, mettersi a contatto col paese, porre fine ai loro dissidi particolaristici, acquistare una sagoma politica ed economica che li distingua. Se non vorranno, siccome nessun partito da solo è capace di reggersi, sorgerà una crisi perenne e pericolosa, in cui il proletariato, saldo e compatto, accelererà la sua ascesa e la sua evoluzione.

L'intransigenza non è inerzia, perché obbliga gli altri a muoversi ed operare. Essa è basata non su stupidaggini, come abilmente insinua La Stampa: è una politica di principi, è la politica del proletariato consapevole della sua missione rivoluzionaria di acceleratore della evoluzione capitalistica della società, di reagente che chiarifica il caos della produzione e della politica borghese, che costringe gli Stati moderni a continuare nella naturale loro missione di disgregatori degli istituti feudali che emergono ancora, dopo il naufragio delle vecchie società, impacciando la storia.

L'intransigenza è il solo modo di essere della lotta di classe. È il solo documento che la storia si sviluppa e crea valori solidi, sostanziali, non «sintesi privilegiate», sintesi arbitrarie, confezionate di comune accordo tra la tesi e l'antitesi che hanno fatto comunella insieme, come l'acqua e il fuoco di buona memoria.

Legge suprema della società capitalistica è la libera concorrenza tra tutte le energie sociali. I commercianti si contendono i mercati, i ceti borghesi si contendono il governo, le due classi si contendono lo Stato. I commercianti tendono a crearsi il monopolio attraverso la legge protettiva. I ceti borghesi vogliono, ognuno per sé, monopolizzare il governo, asservendo alla propria fortuna le energie incatenate della classe che è fuori della concorrenza governativa. Gli intransigenti sono liberisti. Non vogliono baroni né per gli zuccheri e il ferro, né per il governo. La legge della libertà deve integralmente operare; essa è intrinseca dell'attività borghese, è l'acido reattivo che ne scompone continuamente i quadri, obbligandoli a migliorarsi e perfezionarsi. Le grandi borghesie anglosassoni hanno acquistato l'attuale capacità produttiva attraverso questo giuoco implacabile della libera concorrenza. Lo Stato inglese si è evoluto, è stato svuotato dei suoi valori nocivi per il cozzo libero delle forze sociali borghesi che hanno finito per costituire i grandi partiti storici liberale e conservatore. Il proletariato ha guadagnato indirettamente da questo cozzo il pane a buon mercato, le libertà sostanziali, garantite dalla legge e dal costume di associazione, di sciopero, una sicurezza individuale che in Italia è un mito chimerico.

La lotta di classe non è un arbitrio puerile, un atto volontaristico: è necessità intima del regime. Turbarne il limpido corso, arbitrariamente, per sintesi prestabilite da fumatori impenitenti, è sbaglio puerile, è perdita secca nella storia. I partiti non giolittiani al potere, all'infuori del fatto guerra, che è contingenza, e che ormai supera la capacità politica delle classi dirigenti delle piccole nazioni, compiono inconsapevolmente opera di disgregazione dello Stato feudale, militaresco, dispotico, che Giovanni Giolitti ha perpetuato per farsene strumento di dittatura. I giolittiani sentono sfuggirsi il monopolio. Si muovano, per dio, lottino, chiamino il paese a giudicare. No, essi vogliono far muovere il proletariato, vogliono, meglio ancora, far votare i deputati socialisti.

L'intransigenza è inerzia, nevvero? Ma il movimento non è solo atto fisico, è anche intellettuale, anzi prima che fisico è sempre intellettuale, eccettuato che per le marionette. Togliete al proletariato la sua coscienza di classe: marionette, quanto movimento!




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