L'intransigenza non è solo un
metodo esteriore che i partiti politici applicano nella lotta politica. Essa è
in dipendenza di una visione realistica della storia e della vita politica,
corrisponde a una determinata cultura, a un determinato indirizzo mentale e
morale.
Attraverso il serrato giuoco
della lotta di classe, come attraverso lo svolgersi delle relazioni
internazionali tra Stato e Stato, o delle relazioni, nel seno di una nazione,
dei vari gruppi che formano una classe, lo spirito si educa a riconoscere che
solo la forza (sia meccanica che morale) è l'arbitra suprema dei contrasti.
Divenuto consapevole di questa verità originaria, lo spirito critico la accetta
come necessità ineluttabile, fa di essa la base di ogni suo ragionamento, e
scaccia, come inferiori, come privi di ogni fecondo risultato, tutti gli
elementi che non rientrino in quella verità, che non servano a darle efficienza
umana, a farla diventare motivo di storia, perché incarnatasi negli individui
che vivono e lottano.
I socialisti (e parliamo di
quelli che del socialismo hanno fatto tutt'uno con la loro vita interiore, di
quelli nei quali l'idea socialista ha fecondato tutte le attività, quelle
intellettuali, quelle morali e quelle estetiche) si propongono sul serio il
fine di instaurare la civiltà comunista. A questo fine subordinano tutte le
azioni loro, per questo fine si educano, per questo fine intrecciano relazioni
col mondo in cui sono immersi. I loro affetti, i loro sentimenti, gli echi
inconsci dell'istinto, vengono subordinati continuamente da loro a questo fine.
Si preoccupano di trovar sempre e di mettere in chiarezza uno stretto legame
tra ogni atto che compiono e questo fine, una dipendenza necessaria tra ogni
atto e questa loro indomabile volontà. Non vogliono essere imbroglioni in
politica come non vogliono esserlo nella vita privata, non vogliono essere
dilettanti nella fede socialista come non vogliono esserlo negli studi,
nell'arte, nel mestiere che professano.
Per questi socialisti l'intransigenza
è tutt'uno con la serietà morale ed il galantomismo.
Vogliono essere forti per
vincere: vogliono che il partito al quale aderiscono, la classe alla quale
appartengono siano forti per vincere. La classe, come fatto economico, si
afforza all'infuori delle volontà individuali: essa nasce da una fonte
naturale, che è il regime borghese, che è il sistema di produzione a salario,
basato sulla libera concorrenza. Ma la forza della classe, in quanto fatto
economico, in quanto effetto di una causa obiettiva, non è un valore politico.
Perché tale diventi bisogna che questa forza si organizzi, si disciplini in
vista di un fine politico da raggiungere. Il Partito socialista rappresenta
l'organo di conquista di questo fine, l'elaboratore delle forme e dei modi
attraverso i quali la classe conquisterà la vittoria. Perché il partito sia,
tale, perché esso operi veramente e trasformi e organizzi le forze sociali, è
necessario che sia tutt'uno con la classe economica, che attinga solo alle
energie e alla potenza della classe economica. Perché esso ampli la sfera della
sua azione, diventi elemento d'ordine del caos ancora esistente — poiché
l'evoluzione economica non è ancora arrivata al suo culmine, e l'umanità non è
nettamente e coscientemente divisa in due classi — è necessario che il partito
tenga distinta la sua individualità finalistica, che sempre, anche nelle
questioni in apparenza trascurabili, metta in rilievo la sua personalità
inconfondibile. Solo cosí organizzerà intorno a sé le forze classiste che disordinatamente
il regime ha prodotto e continua a produrre senza posa.
L'intransigenza è perciò anche
una necessità democratica. La chiarezza sola, la sola azione rettilinea può
essere seguita e giudicata dalla grande massa che costituisce la classe già organizzata
o ancora in tumultuosa formazione.
Cosí pensano i socialisti che
hanno una visione netta e reale dello svolgersi della storia, i socialisti che
sono veramente tali in quanto mirano sempre al fine massimo da raggiungere, che
hanno viva fede, che hanno chiara volontà. Essi non si preoccupano del successo
vistoso momentaneo: non sono demagoghi, non cercano di suscitare illusioni
fallaci, non cercano di pescare nel torbido dei sentimentalismi e dei dolori
piú cocenti per distogliere l'attenzione dal fine massimo per il quale solo si
deve combattere, al quale sono e non possono essere che subordinate tutte le
conquiste immediate.
L'illusione cerca di fiorire:
l'utopia parlamentare (utopia in quanto all'azione parlamentare si pone un fine
sproporzionato alle forze e alla capacità) traccia il cerchio magico
dell'incanto allucinante. Ogni uomo al suo posto, ogni energia alla sua
funzione. Non lasciamoci travolgere dall'illusione e dalla demagogia, non
fingiamo di credere che una piccola forza possa ottenere un grande successo.
Non perdiamo il contatto, per questa illusione, con la forza grande della
classe, che sola può ottenere quel grande successo. Essa cerchiamo di meglio
organizzare spiritualmente, di meglio educare al fine nostro, senza presunzioni
grottesche, ma anche senza abdicazioni pavide; e senza illudere e illuderci,
onestamente, ci avvicineremo al nostro fine e coglieremo i frutti immediati
della nostra tenacia, gli unici frutti che possono esserci consentiti finché
non saremo i piú forti, i quali anche perderemo, deflettendo dalla nostra linea
d'azione, poiché sola conquista reale è quella che dipende dalla forza, che può
essere difesa e conservata con la forza.
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