Il Congresso di Roma ha
riaffermato, in seno all'organizzazione politica dei lavoratori, il trionfo
della frazione intransigente rivoluzionaria, ha riaffermato, in seno al Partito
socialista italiano, il trionfo del socialismo.
Altro sono le parole, altra è
l'azione effettiva che si riesce ad esercitare nella storia. Le parole possono
essere pronunziate da chiunque: la bandiera può essere assunta da ogni
avventuriero che si proponga di costruirsi una fortuna personale abusando della
credulità popolare e della vigliaccheria delle classi dirigenti. Nell'azione si
determinano i fini reali, si concretano le volontà; la truffa politica non è
piú possibile, i contrabbandieri vengono smascherati. Il Congresso di Roma, il
primo Congresso del Partito socialista italiano rinnovato, è stato azione piú
che parole, perché ha fissato una ferrea disciplina d'azione, perché ha voluto
dare all'azione carattere di continuità e di perspicua distinzione. Non piú
politiche personali, ma organizzazione dell'attività politica, non piú libertà
d'iniziativa, ma controllo della libertà. La maggioranza del partito ha cosí
dimostrato di aver raggiunto una piú alta coscienza sociale e politica, una
altezza storica davvero eccezionale; i socialisti hanno dimostrato di essere
nel seno della nazione italiana la forza sociale piú sensibile ai richiami
della ragione e della storia, di essere un'aristocrazia che merita di assumere
la gestione della responsabilità sociale. La misura del progresso storico è
data infatti dall'affermarsi sempre piú accentuato del principio organizzativo,
in contrapposizione all'arbitrio, al capriccio, al vago istinto dell'originalità
vuota di contenuto concreto; dal formarsi di salde gerarchie democratiche,
liberamente costituite in vista di un fine concreto, irraggiungibile se ad esso
non si tende con tutte le energie raccolte in fascio.
Il Partito socialista italiano
si è costituito all'inizio per il confluire caotico di individui usciti dalle
piú diverse scaturigini sociali: ha tardato a diventare interprete della
volontà classista del proletariato. È stato palestra di individualità bizzarre,
di spiriti irrequieti; bell'assenza delle libertà politiche ed economiche che
pungolano gli individui all'azione e rinnovano continuamente i ceti dirigenti,
il Partito socialista è stato il fornitore di individui nuovi alla borghesia
pigra e sonnolenta. I giornalisti piú quotati, gli uomini politici piú capaci e
attivi della classe borghese, sono disertori del movimento socialista; il
partito è stato la passerella delle fortune politiche italiane, è stato il
crivello piú efficace dell'individualismo giacobino.
Questa incapacità del partito a
funzionare classisticamente era in correlazione al basso livello sociale della
nazione italiana. La produzione era ancora infantile, gli scambi erano fiacchi;
il regime era, come è ancora, non parlamentare, ma dispotico, non capitalistico
cioè, ma piccolo-borghese. E anche il socialismo italiano era piccolo-borghese,
procacciante, opportunista, tramite di privilegi statali a poche categorie
proletarie.
La riscossa classista è
incominciata a Reggio Emilia, è continuata ad Ancona, si è dimostrata ormai
rinsaldata nelle coscienze a Roma. I riformisti, gli eredi della mentalità
piccolo-borghese preistorica, sono stati posti in minoranza, dopo che furono
espulsi dalla compagine socialista i piú compromessi, i piú indisciplinati. Ma
l'opera di rigenerazione non è ultimata: il Congresso ha tracciato i quadri;
bisogna ancora continuare il lavoro di elaborazione individuale delle
coscienze, bisogna educare dei militi che spontaneamente compiano gli atti
congrui alle direttive classiste, che controllino tutti gli istituti
dell'organizzazione proletaria perché questa diventi macchina potente di lotta,
vibrante in ogni sua articolazione sotto l'impulso di un'unica volontà.
Il partito anticipa idealmente i
momenti del processo storico della società, e si prepara per essere capace di
dominarli quando si avvereranno: è esso stesso coefficiente attivo della storia
italiana. La sua opera rivoluzionaria la esplica in ogni istante della sua
vita. L'intransigenza ha valore rivoluzionario in quanto costringe i borghesi
ad assumersi tutta la responsabilità dei loro atti ed è l'ingranatura
necessaria per l'Internazionale proletaria: per essa si opera all'interno sulla
compagine borghese minando i ceti abbarbicatisi al potere e divenuti parassiti
della produzione, e si opera internazionalmente, poiché solo chi è libero da
compromessi con lo Stato nazionale può onestamente entrare a far parte attiva e
disciplinata di un organismo internazionale. L'autonomia e l'indipendenza degli
associati è la prima condizione necessaria della vitalità e della storicità di
una associazione: sbaragliati i massoni per la doppia disciplina cui rimanevano
legati, bisognò sbaragliare i collaborazionisti e gli opportunisti. Ma la
battaglia è appena iniziata: bisogna distruggere lo spirito collaborazionista e
riformista; bisogna con esattezza e precisione segnare cosa noi intendiamo per
lo Stato, e come nell'atteggiamento che il partito va sempre meglio assumendo,
nulla ci sia che contrasti con la dottrina marxista. Bisogna fissare e far
penetrare diffusamente nelle coscienze che lo Stato socialista, e cioè
l'organizzazione della collettività dopo l'abolizione della proprietà privata,
non continua lo Stato borghese, non è una evoluzione dello Stato capitalistico
costituito dai tre poteri, esecutivo, parlamentare e giudiziario, ma continua
ed è uno sviluppo sistematico delle organizzazioni professionali e degli enti
locali, che il proletariato ha saputo già suscitare spontaneamente in regime
individualistico. L'azione immediata che pertanto il proletariato deve svolgere
non può tendere assolutamente alla dilatazione dei poteri e
dell'intervenzionismo statale, ma deve tendere al discentramento dello Stato
borghese, all'ampliamento delle autonomie locali e sindacali fuori della legge
regolamentatrice. L'ordinamento che lo Stato capitalista ha assunto in
Inghilterra è molto piú vicino al regime dei Soviet di quanto non vogliano
ammettere i nostri borghesi che, parlano di «utopia leninista»; e nel
riconoscimento è l'affermazione della vitalità perenne della dottrina marxista
e della storicità della rivoluzione massimalista che rappresenta nel divenire
storico un momento necessario.
Il trionfo della nostra frazione
al Congresso non deve illuderci e indurci a rallentare la nostra opera di
cultura e di educazione; esso anzi ci crea responsabilità maggiori. Il mondo
capitalista è in sussulto; lo spostamento avvenuto dei risparmi innumeri nelle
mani di pochi capitalisti dà audacia alla borghesia, ma determina in essa una
lotta intestina; si profila, per un tempo non lontano, un cozzo formidabile di
interessi tra industriali e agricoltori, tra Nord e Sud, sulla quistione delle
tariffe doganali. Lo Stato borghese, o piccolo-borghese, minaccia per un
momento di rimanere scoperto [dieci righe censurate].
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