Si racconta che un professore
tedesco di scuole medie, riuscito stranamente a innamorarsi, cosí combinasse
insieme la pedagogia e la tenerezza: — Mi ami tu, tesoretto mio? — Si. — No,
nella risposta deve essere ripetuta la domanda in questo modo: Si, ti amo,
topolino mio!
Rodolfo Mondolfo è quel
professore; il suo amore per la rivoluzione è amore grammaticale. Egli
interroga e si indispone per le risposte. Domanda: Marx? Gli si risponde:
Lenin. Ciò non è scientifico, poveri noi, non può soddisfare il senso
filologico dell'erudito e dell'archeologo. E con una serietà cattedratica che
intenerisce, il Mondolfo boccia, boccia, boccia: zero in grammatica, zero in
scienza comparata, zero nella prova pratica di magistero.
La serietà professorale sappiamo
essere solo una parvenza di serietà: è pedanteria, è filisteismo, spesso è
incomprensione assoluta. Il Mondolfo fa un processo d'intenzioni, e attribuisce
ai comunisti russi intenzioni che, o non hanno mai avuto, o non hanno alcun
valore storico reale. L'essenziale fatto della rivoluzione russa è
l'instaurazione di un tipo nuovo di Stato: lo Stato dei Consigli. Ad esso deve
rivolgersi la critica storica. Tutto il resto è contingenza, condizionata dalla
vita politica internazionale che per la rivoluzione russa significa: blocco
economico, guerra su fronti di migliaia di chilometri contro gli invasori,
guerra interna contro i sabotatori. Inezie, per il Mondolfo, che non ne tiene
conto alcuno. Egli vuole precisione grammaticale da uno Stato che tutto il suo
potere e i suoi mezzi è costretto a impiegare per sussistere, per saldare la
sua esistenza alla rivoluzione internazionale.
Il Mondolfo rivolge tutto il suo
acume per spremere un senso antimarxista da una novellina di Massimo Gorki, Lampadine.
La novellina è stata pubblicata dalle Isvestia, di Pietrogrado (il
Mondolfo forse ignora questo particolare), dal giornale ufficiale della Comune
del Nord, cioè. Perché è suggestiva, perché rende con sufficiente chiarezza il
processo di sviluppo del comunismo russo. Il Mondolfo, che non tiene conto del
fatto essenziale della rivoluzione russa, lo Stato dei Soviet, non ha compreso
la novellina. Intanto il suo testo non è esatto: è stato tradotto dal tedesco,
mentre il Mercure de France ne ha pubblicato una diretta traduzione dal
russo. Nel Mercure, i mugik del contado di Omsk effettuano un
atto reale di lotta di classe: non è un villaggio che espropria un altro
villaggio, ma le requisizioni avvengono nel Belo, cioè nel centro campagnolo
dove abita la borghesia, i ricconi (come il mugik siberiano chiama la
borghesia); nel «castello» come si esprimerebbe un contadino meridionale
d'Italia. E la novellina descrive come avvengano i contatti tra l'industria moderna
e l'agricoltura patriarcale, come cioè i bolscevichi riescano a suscitare,
nell'interesse degli uni e degli altri, l'unità tra i contadini e gli operai. E
descrive come avvenga, in regime comunista, l'accumulamento del capitale
(necessario per il progresso economico) che, essendo amministrato dal Soviet,
dal potere dello Stato, e non da privati individui, dimostra una possibilità di
sviluppo sociale nella rivoluzione russa, che sfugge completamente al Mondolfo,
come al grammatico sfugge sempre l'anima della poesia.
Il Mondolfo ha rimproverato ai
tedeschi la schiavitú dello spirito. Ahimè, quanti papi infallibili
tiranneggiano la coscienza degli uomini liberi e inaridiscono in loro ogni
sorgente di umanità.
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