Anche in questo nuovo
volumetto6 Mario Missiroli ricade nelle stesse deficienze e negli stessi
errori che erano stati rimproverati ad un suo precedente lavoro, La
monarchia socialista: concezione semplicista, esposizione troppo sommaria e
che avrebbe bisogno di essere particolareggiata e documentata per avere una
qualche efficacia persuasiva. Veramente l'autore mette le mani avanti scrivendo
in un'avvertenza preliminare: «Non dimentichi il lettore che io prescindo da
tutto ciò che non sia la pura logica delle idee», ma con ciò non rende minore
la sua sufficienza. Di questa logica delle idee egli si serve per spiegare
fatti storici, per giustificarli o condannarli implicitamente, per tracciare
programmi politici, e tutto ciò non si può fare senza sentire la necessità, e
in un certo senso il dovere morale, di documentare le proprie elucubrazioni.
Trattare come problema di cultura, astrattamente, una questione che ha profonde
radici nella storia e nelle coscienze individuali, è dilettantismo, è
bizantinismo, e non basta la vivacità dell'ingegno, che può rendere piacevole
anche la chiacchiera piú vacua, a giustificare questa letteratura in cui si
sono specializzati precisamente il Missiroli e Goffredo Bellonci.
Il Missiroli riduce la storia
che si sta svolgendo sotto ai nostri occhi ad un solo problema: quello
religioso, e sostiene questa tesi: nel mondo latino esiste una terribile
scissione nelle coscienze individuali; la creazione dello Stato laico sorto in
opposizione all'autorità ecclesiastica ha gettato l'Europa meridionale in una
crisi dalla quale non può salvarla che una forma sociale piú perfetta: la
teocrazia, intesa come perfetta unità del pensiero e della coscienza nella
vita. Questa unità esiste nel mondo germanico. La nazione germanica è sorta da
una crisi religiosa, la
Riforma protestante, e si è consolidata e rafforzata
attraverso un lavorío del pensiero filosofico che l'ha portata alla creazione
dello Stato moderno, in cui il cittadino è anche il credente, poiché
l'idealismo filosofico, abolendo ogni dualismo e ponendo nella coscienza
individuale il fattore della conoscenza e dell'attività creatrice della storia,
lo ha reso indipendente da ogni autorità, da ogni Sillabo. Cosa è avvenuto
invece in Italia? Il Risorgimento italiano è stato un movimento politico
artificiale, senza basi, senza radici nello spirito del popolo, perché non è stato
preceduto da una rivoluzione religiosa; il liberalismo cavouriano, separando lo
Stato dalla Chiesa, e rendendolo antagonistico a questa come depositaria del
divino, in realtà non commise che un grande errore, poiché non fece che
spogliare lo Stato del suo valore assoluto. Un simile errore commise la
democrazia francese, poiché accettò in parte i postulati dell'idealismo
germanico, abolendo violentemente il diritto divino e il legittimismo, ma non
riuscí a spogliarsi completamente del vecchio dualismo cattolico, e creò un
Sillabo massonico: la giustizia assoluta superiore alle contingenze storiche e
alle forze umane perverse, non creazione, insomma, volta a volta della volontà,
ma a sé stante su un trono come l'Iddio dei cattolici. Ecco perché, secondo il
Missiroli, il papa in realtà in questa guerra parteggia per l'Intesa; perché in
essa trova concezioni simili alle sue, che hanno una stessa sorgente (semitica,
direbbero i nazionalisti) nella vecchia tradizione cristiana; il papa può
trovarsi d'accordo coi massoni, ma non coi tedeschi. Nei massoni c'è la
possibilità di assorbimento, perché essi non hanno sostituito nulla, se non dei
nomi vani, al cattolicismo; nei tedeschi c'è invece la saldezza granitica,
inattaccabile, della coscienza dell'identità del divino e dell'umano, dell'idea
e dell'atto, dello spirito e della storia. Hegel ha ucciso ogni possibilità di
Sillabo, ciò che non ha fatto Rousseau, e dall'idealismo germanico sono
germinate e hanno sciamato tutte le concezioni anarchiste, che hanno creato il
caos nella limpida tradizione cattolica della latinità.
Sarebbe troppo lungo e non
adatto al carattere del Grido, il discutere e rilevare tutti gli errori in cui
vaneggia la facile dialettica del Missiroli. Importa rilevare solo questo
fatto: l'unica conclusione a cui si può arrivare dalle premesse dello scrittore
è che il cattolicismo è matematicamente destinato a scomparire. Se è vero, e
per tale l'accetta il Missiroli, lo sviluppo storico affermato da Hegel, per il
quale dal cattolicismo si passa al luteranesimo, da questo al libero esame
della scuola di Tubinga, e quindi alla filosofia pura che riesce finalmente ad
occupare tutto il posto che le spetta nella coscienza umana, scacciandone il
buon vecchio dio, che rientra nel regno delle larve, perché questo processo
dovrà limitarsi alla sola Germania? Il turbamento che esisterebbe nelle
coscienze latine, non potrebbe essere uno stadio intermedio tra il
trascendentalismo cattolico e massonico e l'immanentismo idealistico? Se una
cosa questa guerra ha ammazzato davvero, è la vecchia concezione della
giustizia assoluta, che si impone da sé e non ha bisogno di cannoni o di
baionette per sostenersi. Anche se la Germania sarà vinta, non lo sarà prima di aver
imposto agli avversari la sua concezione dello Stato, della giustizia, della
forza, o quella che piú le si avvicini per mantenere l'equilibrio.
Chi escirà sconfitto
effettivamente dalla guerra sarà il cattolicismo e il Sillabo, come lo intende
il Missiroli.
Questo astrarsi dalla storia,
questo voler conservare il proprio pensiero al disopra dei fatti, delle
correnti sociali che si agitano e rinnovano continuamente la società, al
Missiroli sembrano una prova di forza, di austerità morale ammirevole e di
superiorità intellettuale. E invece sono l'intima debolezza del Papato. Mentre
tutto si rinnova e rinasce, il Papato taglia uno ad uno i legami che potrebbero
ancora farne una forza attiva nella storia. Il Missiroli vede due sole
religioni: il trascendentalismo cattolico e l'immanentismo idealistico derivato
dalla Riforma, in verità, ogni uomo ha una sua religione, ha una sua fede che
riempie la sua vita e la rende degna di essere vissuta.
Non invano Hegel è vissuto ed ha
scritto. Come non si nega e non si supera il cattolicismo ignorandolo, cosí non
si supera e non si nega l'idealismo ignorandolo, o trattandolo come una
semplice questione di cultura.
Le questioni di cultura non sono
semplici giuochi di idee da risolversi astrattamente dalla realtà. L'ufficio di
postillatore delle encicliche papali, in questo momento di incoscienza e di
politicantismo religioso, può dare delle superbe soddisfazioni intellettuali
per il senso che ne viene del proprio isolamento, della propria compenetrazione
in un problema che gli altri non sentono e neppure intraveggono, ma non cava un
ragno dal buco. Si risolve in un elegante dilettantismo filosofico che non è
meno peggio e piú serio dell'ignoranza e dell'incomprensione. Il Missiroli è
stato punito nel suo stesso peccato: il suo volumetto è diventato per alcuni
una riprova dell'attività cattolica e del Papato che ritorna in voga; mentre se
in voga ritorna qualcuno è il solo Mario Missiroli, il vero papa del suo
cattolicismo, il maestro infallibile di un credo che non potrà aver mai dei
credenti perché ormai diventato extrastorico, giuoco di pazienza di un acuto
sí, ma non perciò meno inconcludente amplificatore di aforismi e affermazioni
che la storia ha superato. Nella lotta fra il Sillabo e Hegel, è Hegel che ha
vinto, perché Hegel è la vita del pensiero che non conosce limiti e pone se
stesso come qualcosa di transeunte, di superabile, di sempre rinnovantesi come
e secondo la storia, e il Sillabo è la barriera, è la morte della vita
interiore, è un problema di cultura e non un fatto storico.
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