Date pure alla vita tutta la
vostra attività, tutta la vostra fede, tutto l'abbandono sincero e
disinteressato delle vostre migliori energie. Immergetevi pure, creature vive,
sul vivo e palpitante divenire umano, fino a sentirvi tutt'uno con esso, fino a
riceverlo tutto in voi stessi, e a sentire la vostra personalità atomo di un
corpo, vibrante particella di un tutto, corda sonora che riceve e riecheggia
tutte le sinfonie della storia che voi sentite cosí di contribuire a creare.
Nonostante questo abbandono completo alla realtà ambiente, nonostante questo
collegare il vostro individuo al gioco complicato delle cause ed effetti
universali, sentite all'improvviso il senso di qualcosa che vi manca, sentite
dei bisogni vaghi, e difficilmente determinabili, quei bisogni che Schopenhauer
chiamava metafisici.
Siete nel mondo, ma non sapete
perché. Operate, ma non sapete perché. Sentite dei vuoti, e desiderereste delle
giustificazioni al vostro essere, al vostro operare, e vi pare che le ragioni
umane non vi bastino, che risalendo di causa in causa arriviate ad un punto
che, per coordinare e regolare il movimento, ha bisogno di una ragione suprema,
fuori del conosciuto e del conoscibile per essere spiegata. Proprio come uno
che guardando il cielo e risalendo di piano in piano nello spazio che la
scienza ha misurato, sente sempre maggiori difficoltà al suo fantastico
vagabondare nell'infinito, e arriva al vuoto e non può concepire questo vuoto
assoluto, e allora inconsciamente lo popola di creature divine, di entità
soprannaturali che coordinano il movimento vertiginoso e pur logico
dell'universo. Il sentimento religioso è tutto materiato di queste aspirazioni
vaghe, di questi istintivi ed interiori ragionamenti senza sbocco. E a tutti ne
rimane nel sangue qualche traccia, qualche fremito, anche a chi piú fortemente
è riuscito a dominare queste manifestazioni inferiori, perché istintive, perché
impulsive, del proprio io.
Ma è la vita stessa che le
vince, è l'attività storica che le cancella. Prodotti della tradizione,
depositi istintivi di millenarie epoche di terrore e di ignoranza della realtà
circostante, si cerca di rintracciare la loro origine. Spiegarle vuol dire
superarle. Farne oggetto di storia vuol dire riconoscere la loro vacuità. E
allora si ritorna alla vita attiva, si sente piú plasticamente la realtà della
storia. Riconducendo ad essa non solo il fatto ma anche il sentimento, si
finisce col riconoscere che solo in essa è la spiegazione della nostra
esistenza. Tutto ciò che è storificabile non può essere soprannaturale, non può
essere il residuo di una rivelazione divina. Se qualcosa è ancora
inesplicabile, ciò è dovuto solamente alla nostra incompletezza conoscitiva,
all'ancora non raggiunta perfezione intellettuale. E ciò può renderci piú
umili, piú modesti, non già buttarci in braccia alla religione. La nostra
religione ritorna ad essere la storia, la nostra fede ritorna ad essere l'uomo
e la sua volontà e attività. Sentiamo questa spinta enorme, irresistibile che
ci viene dal passato, la sentiamo nel bene che ci apporta, dandoci l'energica
sicurezza che ciò che è stato possibile lo sarà ancora, e con maggiori
probabilità in quanto noi ci siamo scaltriti per l'esperienza altrui. E la
sentiamo nel male, in questi residui inorganici di stati d'animo superati. E
cosí è che ci sentiamo inevitabilmente in antitesi col cattolicismo e ci
diciamo moderni. Perché il passato noi lo sentiamo bensí vivificare la nostra
lotta, ma domato, servo e non padrone, illuminatore e non aduggiatore.
|