Oggi vi voglio raccontare la
storia di Diamantino, come io stesso la udii, molti anni or sono, intercalata
in una lunga e noiosa conferenza pacifista del professor Mario Falchi.
Diamantino era un piccolo cavallo nato in una miniera carbonifera di un bacino
inglese. Sua madre — povera cavalla! — dopo aver trascorso i primi e piú begli
anni della sua vita sulla superficie della terra, soleggiata e allietata dal
sorriso dei fiori, tra i quali, garrulo e lascivetto scherza lo zeffiro — era
stata adibita al traino dei vagoncini di minerale, a qualche centinaio di metri
sotto terra. Diamantino fu generato cosí, tra la fuliggine, nel nerore
dell'aspra fatica, e non vide mai, l'infelice, i fiorellini dei prati e non
annitrí mai, nell'esuberanza dei succhi giovanili, ai zeffiretti profumati di
primavera. E non volle neppur mai prestar fede alle bellissime descrizioni che
la mamma sua gli andava, di volta in volta, facendo delle bellezze, della
luminosità, dei freschi e grassi pascoli che allietano il genere equino sulla
superficie sublunare del mondo. Diamantino, credette sempre di essere
bellamente preso in giro dalla rispettabile sua genitrice, e morí fra la
fuliggine e la polvere di carbone, convinto che le stelle, il sole, la luna
fossero fantasmi nati nel cervello un po' tocco della stanca e affaticata
trainatrice di vagoncini.
Ebbene, sí, noi siamo tanti
Diamantini, ma non «noi uomini» per rispetto alla pace perpetua, come voleva
nella sua conferenza il professor Mario Falchi; ma «noi italiani» per rispetto
a una ben piú umile e modesta forma di convivenza civile: la libertà
individuale, la sicurezza personale, che dovrebbe essere assicurata a tutti i
cittadini dal regime individualista borghese.
Ci agitano dinnanzi agli occhi
lo spettacolo pauroso dello sfacelo sociale in Russia, dei liberi
cittadini russi in balía a tutte le aggressioni, non sicuri dei loro averi,
vaganti nelle boscaglie, ricoperti i corpi scheletriti di cenciame,
strappantisi vicendevolmente le radici per potersi sfamare. E vi contrappongono
la nostra libertà, la nostra sicurezza.
Ma noi siamo come Diamantino. La
nostra sicurezza, la nostra libertà, non l'abbiamo mai viste. Ci parlano
di un mondo che non abbiamo mai visto, dove non abbiamo mai vissuto [quarantadue
righe censurate].
Abbiamo sentito dire che questa
libertà, questa sicurezza sono in altri paesi garantite ai cittadini: ne
abbiamo notizia dai libri e dai giornali, persone di assoluta fiducia ce
l'hanno affermato, alcuni di noi lo hanno potuto constatare durante i loro
pellegrinaggi forzati all'estero. Ma nel nostro paese? Per il nostro paese noi
rimaniamo nello stato d'animo di Diamantino: ci pare sentire descrivere un
paese incantato, di sogno, abitato da chissà quali miracolose creature della
fantasia. La libertà, la sicurezza? Non riusciamo, sperimentalmente, a
rappresentarcele: sono il mito, la favola, l'Eden cui tendiamo quando, in una
delle poche notti dell'anno, dopo non aver avuto nella giornata e nella sera
alcuna seccatura, dormiamo tranquilli e il magico sogno ci fa vivere in mondi
ultraterreni.
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