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Antonio Gramsci Scritti politici I IntraText CT - Lettura del testo |
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L'Italia ha uno Stato di classe?
Nelle discussioni e nelle polemiche troppo spesso le parole si sovrappongono alla realtà storica. Riferendoci all'Italia noi usiamo le parole: capitalisti, proletari, Stati, partiti, come se esse significassero entità sociali che hanno raggiunto la pienezza della loro maturità storica, o una maturità già notevole cosí come nei paesi economicamente progrediti. Ma in Italia il capitalismo è ai suoi primi inizi, e la legge esteriore non si adegua per nulla alla realtà. La legge è una incrostazione moderna su un edifizio antiquato, non è il prodotto di una evoluzione economica, è un prodotto del mimetismo politico internazionale, di una evoluzione intellettuale del giure, non dello strumento di lavoro. Lo notava Giuseppe Prezzolini recentemente a proposito della polemica sulla «democrazia». Sotto una parvenza, puramente superficiale, di ordinamento democratico, lo Stato italiano ha conservato la sostanza e l'impalcatura di uno Stato dispotico (lo stesso dicasi della Francia). Esiste un regime burocratico centralista, fondato sul sistema tirannico napoleonico, adatto ad opprimere e livellare ogni energia ed ogni movimento spontaneo. La politica estera è arcisegreta; non solo non ne sono pubbliche le discussioni, ma nemmeno i patti sono conosciuti dagli interessati. L'esercito era (fino alla guerra che ha fatto scoppiare necessariamente lo schema antiquato) di carriera, non la nazione armata. C'è una religione di Stato, stipendiata, aiutata dallo Stato, e non la separazione laica e l'uguaglianza di tutti i culti. Le scuole o mancano, o i maestri, scelti in un ristretto numero di bisognosi, data l'esiguità delle retribuzioni, sono impari allo scopo dell'educazione nazionale. Il suffragio è rimasto ristretto fino alle ultime elezioni, ed anche oggi è ben lungi dal dare la capacità alla nazione di esprimere il suo volere. Sussistono istituti feudali ancora vigorosi come il latifondo, inalienabile di fatto se non di diritto, gli usi civici, il fondo culti, che ha trasformato la dipendenza feudale dei beni di fronte alla Chiesa in un reddito sicuro e fuori da ogni alea. La libera concorrenza, principio essenziale della borghesia capitalistica, non è ancora giunta a sfiorare le piú importanti attività della vita nazionale. Cosí avviene che le forme politiche siano semplici soprastrutture arbitrarie, senza efficacia, infeconde di risultati. I poteri sono ancora confusi e interdipendenti, mancano i grandi partiti organizzati delle borghesie agraria e industriale [otto righe e un quarto censurate]. Non esiste quindi lo Stato di classe, in cui culmina l'efficacia del principio della libera concorrenza, coll'alternarsi al potere dei grandi partiti comprensivi di vasti interessi di categorie produttrici. È esistita la dittatura di un uomo, esponente degli interessi ristretti politici della regione piemontese, che, per tenere unita l'Italia, ha imposto all'Italia un sistema di dominazione coloniale accentrata e dispotica. Il sistema si sgretola, nuove forze borghesi sono sorte e si sono rafforzate, esse vogliono il riconoscimento per i loro interessi di potersi affermare e sviluppare. L'interventismo è la contingenza, il pacifismo è la contingenza, la guerra passerà; ciò che pericola per l'avvenire è lo Stato dispotico giolittiano, è il cumulo di interessi parassitari incrostatisi a questo vecchio Stato, è la vecchia borghesia infrollita che sente il suo superprivilegio minacciato da questo fermentare di giovinezza borghese che vuole il suo posto al governo, che vuole inserirsi nel giuoco della libera concorrenza politica, e la quale indubbiamente, dato che l'evoluzione non sia troncata da un fatto nuovo, svecchierà lo Stato, butterà via tutto il ciarpame tradizionale, perché lo Stato democratico non è un portato del buon cuore o della buona educazione, è una necessità di vita della grande produzione, degli scambi intensi, dell'addensarsi della popolazione nelle città moderne capitalistiche.
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