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Antonio Gramsci Scritti politici I IntraText CT - Lettura del testo |
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Dopo il Congresso55
Il Congresso di Roma ha riaffermato, in seno all'organizzazione politica dei lavoratori, il trionfo della frazione intransigente rivoluzionaria, ha riaffermato, in seno al Partito socialista italiano, il trionfo del socialismo. Altro sono le parole, altra è l'azione effettiva che si riesce ad esercitare nella storia. Le parole possono essere pronunziate da chiunque: la bandiera può essere assunta da ogni avventuriero che si proponga di costruirsi una fortuna personale abusando della credulità popolare e della vigliaccheria delle classi dirigenti. Nell'azione si determinano i fini reali, si concretano le volontà; la truffa politica non è piú possibile, i contrabbandieri vengono smascherati. Il Congresso di Roma, il primo Congresso del Partito socialista italiano rinnovato, è stato azione piú che parole, perché ha fissato una ferrea disciplina d'azione, perché ha voluto dare all'azione carattere di continuità e di perspicua distinzione. Non piú politiche personali, ma organizzazione dell'attività politica, non piú libertà d'iniziativa, ma controllo della libertà. La maggioranza del partito ha cosí dimostrato di aver raggiunto una piú alta coscienza sociale e politica, una altezza storica davvero eccezionale; i socialisti hanno dimostrato di essere nel seno della nazione italiana la forza sociale piú sensibile ai richiami della ragione e della storia, di essere un'aristocrazia che merita di assumere la gestione della responsabilità sociale. La misura del progresso storico è data infatti dall'affermarsi sempre piú accentuato del principio organizzativo, in contrapposizione all'arbitrio, al capriccio, al vago istinto dell'originalità vuota di contenuto concreto; dal formarsi di salde gerarchie democratiche, liberamente costituite in vista di un fine concreto, irraggiungibile se ad esso non si tende con tutte le energie raccolte in fascio. Il Partito socialista italiano si è costituito all'inizio per il confluire caotico di individui usciti dalle piú diverse scaturigini sociali: ha tardato a diventare interprete della volontà classista del proletariato. È stato palestra di individualità bizzarre, di spiriti irrequieti; bell'assenza delle libertà politiche ed economiche che pungolano gli individui all'azione e rinnovano continuamente i ceti dirigenti, il Partito socialista è stato il fornitore di individui nuovi alla borghesia pigra e sonnolenta. I giornalisti piú quotati, gli uomini politici piú capaci e attivi della classe borghese, sono disertori del movimento socialista; il partito è stato la passerella delle fortune politiche italiane, è stato il crivello piú efficace dell'individualismo giacobino. Questa incapacità del partito a funzionare classisticamente era in correlazione al basso livello sociale della nazione italiana. La produzione era ancora infantile, gli scambi erano fiacchi; il regime era, come è ancora, non parlamentare, ma dispotico, non capitalistico cioè, ma piccolo-borghese. E anche il socialismo italiano era piccolo-borghese, procacciante, opportunista, tramite di privilegi statali a poche categorie proletarie. La riscossa classista è incominciata a Reggio Emilia, è continuata ad Ancona, si è dimostrata ormai rinsaldata nelle coscienze a Roma. I riformisti, gli eredi della mentalità piccolo-borghese preistorica, sono stati posti in minoranza, dopo che furono espulsi dalla compagine socialista i piú compromessi, i piú indisciplinati. Ma l'opera di rigenerazione non è ultimata: il Congresso ha tracciato i quadri; bisogna ancora continuare il lavoro di elaborazione individuale delle coscienze, bisogna educare dei militi che spontaneamente compiano gli atti congrui alle direttive classiste, che controllino tutti gli istituti dell'organizzazione proletaria perché questa diventi macchina potente di lotta, vibrante in ogni sua articolazione sotto l'impulso di un'unica volontà. Il partito anticipa idealmente i momenti del processo storico della società, e si prepara per essere capace di dominarli quando si avvereranno: è esso stesso coefficiente attivo della storia italiana. La sua opera rivoluzionaria la esplica in ogni istante della sua vita. L'intransigenza ha valore rivoluzionario in quanto costringe i borghesi ad assumersi tutta la responsabilità dei loro atti ed è l'ingranatura necessaria per l'Internazionale proletaria: per essa si opera all'interno sulla compagine borghese minando i ceti abbarbicatisi al potere e divenuti parassiti della produzione, e si opera internazionalmente, poiché solo chi è libero da compromessi con lo Stato nazionale può onestamente entrare a far parte attiva e disciplinata di un organismo internazionale. L'autonomia e l'indipendenza degli associati è la prima condizione necessaria della vitalità e della storicità di una associazione: sbaragliati i massoni per la doppia disciplina cui rimanevano legati, bisognò sbaragliare i collaborazionisti e gli opportunisti. Ma la battaglia è appena iniziata: bisogna distruggere lo spirito collaborazionista e riformista; bisogna con esattezza e precisione segnare cosa noi intendiamo per lo Stato, e come nell'atteggiamento che il partito va sempre meglio assumendo, nulla ci sia che contrasti con la dottrina marxista. Bisogna fissare e far penetrare diffusamente nelle coscienze che lo Stato socialista, e cioè l'organizzazione della collettività dopo l'abolizione della proprietà privata, non continua lo Stato borghese, non è una evoluzione dello Stato capitalistico costituito dai tre poteri, esecutivo, parlamentare e giudiziario, ma continua ed è uno sviluppo sistematico delle organizzazioni professionali e degli enti locali, che il proletariato ha saputo già suscitare spontaneamente in regime individualistico. L'azione immediata che pertanto il proletariato deve svolgere non può tendere assolutamente alla dilatazione dei poteri e dell'intervenzionismo statale, ma deve tendere al discentramento dello Stato borghese, all'ampliamento delle autonomie locali e sindacali fuori della legge regolamentatrice. L'ordinamento che lo Stato capitalista ha assunto in Inghilterra è molto piú vicino al regime dei Soviet di quanto non vogliano ammettere i nostri borghesi che, parlano di «utopia leninista»; e nel riconoscimento è l'affermazione della vitalità perenne della dottrina marxista e della storicità della rivoluzione massimalista che rappresenta nel divenire storico un momento necessario. Il trionfo della nostra frazione al Congresso non deve illuderci e indurci a rallentare la nostra opera di cultura e di educazione; esso anzi ci crea responsabilità maggiori. Il mondo capitalista è in sussulto; lo spostamento avvenuto dei risparmi innumeri nelle mani di pochi capitalisti dà audacia alla borghesia, ma determina in essa una lotta intestina; si profila, per un tempo non lontano, un cozzo formidabile di interessi tra industriali e agricoltori, tra Nord e Sud, sulla quistione delle tariffe doganali. Lo Stato borghese, o piccolo-borghese, minaccia per un momento di rimanere scoperto [dieci righe censurate]. |
p. - 55 Non firmato, Il Grido del Popolo, 14 settembre 1918. |
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