INTRODUZIONE.
E chi oserà
rispondere NO alla ribellione nei primi momenti di furore, fra i
saturnali della non isperata onnipotenza?
Byron. La Isola,
§ V.
Me accusano di
tradimento: e tale apposero accusa anche a Focione; e condottolo a bere la
cicuta, i suoi nemici non riputarono averne vittoria intera, finchè non fecero decretare,
che il suo corpo fosse gittato fuori dei confini dell'Attica, e nessuno
Ateniese si attentasse a somministrare fuoco pei suoi funerali. Per la quale
cosa non vi fu alcuno dei suoi amici che ardisse di pur toccare il cadavere
infelice: solo un certo Conopione, uomo plebeo, notte tempo, recatoselo sulle
spalle, lo trasportò al disopra di Eleusina, e tolto il fuoco dal territorio di
Megara, abbruciollo. Una donna megarese, assistendo ai funerali, formò un
tumulo vuoto, e versovvi sopra i libamenti, e postesi le ossa in seno
portossele a casa, e le seppellì accanto del focolare, dicendo: «O lari
amici, io depongo appo voi queste reliquie di un uomo dabbene. Voi restituitele
poscia ai sepolcri dei di lui antenati, quando gli Ateniesi fatto abbiano senno.»
Per verità, non andò guari che le loro faccende medesime fecero conoscere agli
Ateniesi quale sopraintendente, e custode della temperanza e della giustizia
avessero perduto, e gl'innalzarono una statua di rame, e ne seppellirono le
ossa a pubbliche spese2.
In due cose soltanto io
presumo paragonarmi a Focione: nello amore della temperanza e della giustizia,
e nei patimenti di persecuzione acerbissima; anzi, se bene io considero, nei
patimenti, parmi superarlo di assai, imperciocchè la morte sia termine di tutta
angoscia, e rivendicazione di vera libertà; ma io sento da oltre due anni il
sepolcro, e nonostante vivo. Vivo per vedere le miserie della patria
dolcissima; vivo per udire il lamento dei travagliati, che mi percote fin qua;
vivo per considerare la mia famiglia dispersa come foglie di un arbore
maledetto, e i miei nepoti orfani per la seconda volta, senza consiglio e senza
guida nel più arduo periodo della vita, lontani dalla patria e da me; vivo per
sentirmi consumare viscere e cervello da una lima, che lenta e continua
sperpera la mia esistenza in minutissime particole come limatura di ferro. -
Orribile strazio d'intelligenza non nata a intisichire nel carcere! Io quando
mi volto a dietro per considerare lo spazio di tempo percorso durante la mia
prigionia, mi spavento meno della sua lunghezza, che della inerzia alla quale
ebbe ad accostumarsi la mia anima per sopportarla.
Nè questo è tutto:
comunque sepolto, io ho udito convenire sopra la lapide, che mi hanno messo sul
capo, gente di ogni maniera a scagliarmi anatemi di calunnie atroci e codarde.
Quanto le fazioni raccolgono di più frenetico, la ignoranza di più insensato,
la perfidia di più velenoso, il truce furore di parte ha fatto bollire nella
empia caldaia delle streghe di Machbetto per consumarmi non pure la vita del
corpo, ma eziandio la fama, ch'è la vita dell'anima. Oh! certo colui che primo
impiegava il ferro a fabbricare le penne ebbe il tristo presagio che farebbero
obliare un giorno gli stessi pugnali; ed io l'ho provato! Veramente nella
rabbia della persecuzione i bravi della penna avventando colpi vennero a
percotersi di mutue ferite; ma chi ha rilevato i turpi assurdi, o le sanguinose
contradizioni? Nessuno. Nuovo esempio del come gli uomini si mostrino troppo
più operosi nel male che nel bene. Però, assai meglio dello iloto ubriaco a
persuadere nel fanciullo spartano lo amore della temperanza, gli odierni
saturnali delle fazioni varranno a confermare nei nostri figliuoli lo
abborrimento della calunnia codarda. Se così avverrà, come spero, non mi dorrò,
che il mio capo sia stato segno di scellerate imprecazioni, quasi vittima
espiatoria consacrata agli Dei infernali.
Se le furie politiche,
dopo avermi strascinato nel tempio della Giustizia, si fermeranno sopra la
soglia, io entrerò pieno di speranza, e toccherò l'altare, e l'altare mi
proteggerà: se all'opposto, e Dio disperda lo augurio, invadendo esse
occupassero il seggio dello Accusatore e dei Giudici, io sarei perduto, è vero,
ma andrebbe meco perduto il sociale consorzio, imperciocchè quando la procella
delle passioni sconvolge anche i Tribunali, un secondo diluvio allagherebbe la
terra; - e per questa volta senz'arca di Noè.
Vi furono giorni sopra
la terra, nei quali il più forte ascoltò per non credere, e il debole parlò per
non persuadere.... Ma in quei giorni la Giustizia nel vedersi percossa dai suoi sacerdoti
si velò la faccia, e cadde ai piedi del simulacro della Vendetta!
Leggo nei libri triste
sentenze, che dicono, come sopra la porta dei processi politici, del pari che
su quella dello Inferno, stia scritta la minaccia: uscite di speranza, voi
che entrate. Gravi scrittori ammoniscono, i giudizii politici proporsi a
scopo non già la investigazione del vero, ma la condanna del prevenuto. Non
mancano persone, che visitandomi nel carcere si studiarono persuadermi essere
ogni difesa vana, ormai il mio destino fissato; dovermi rassegnare ad ottenere
giustizia dopo la morte. La storia di Giobbe mi ha accostumato a sopportare in
pace siffatta ragione di confortatori. - Io non li credo: costoro oltraggiano
la natura umana: gli uomini commossi dallo spettacolo di molte iniquità hanno
talora espresso una sentenza generale, ma cotesto fu impeto di passione, non
discorso della mente. La ira di Dio non può tanto essersi accesa contro di noi,
da toglierci ogni anima onesta, ed amica di virtù. In qualche orecchio si fa
sentire ancora il divino precetto: diligite justitiam qui judicatis terram.
Che io poi creda così, lo provo con lo accingermi, malgrado i vani terrori, a
dettare con animo tranquillo questa mia difesa.
La
Legge,
o il costume forense, indulgendo alla umana debolezza, consentono al condannato
da una sentenza di maladirla tre giorni. Questo privilegio dato dalla pietà al
dolore, comecchè ingiusto, è misera cosa, ed io lo disprezzo. Intendo a scopo
più nobile, ed uso del diritto di agitare la mia causa davanti al tribunale
della pubblica opinione. Nessuno, per potente che sia, o si estimi tale, può
opporre la declinatoria a questa suprema magistratura: nessuno può mandare satelliti
a chiuderne le sale, però che essa tenga le sue sedute nella coscienza degli
uomini; non abbia uscieri, nè cancellieri, nè soprastanti, ma commetta lo
adempimento dei suoi decreti nelle mani della Provvidenza; e questa, lenta
talora, inevitabile sempre, gli manda ad esecuzione.
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