V.
Origine, progresso, e
motivi della forza rivoluzionaria fuori e in casa.
La
Storia
male si accomoda sempre con le Accuse; e forse, anche ad uomini che accusatori
per indole e per instituto non sieno, riesce, per non dire impossibile, male
agevole assai dettare storie contemporanee, chè la passione guida la mano a chi
tiene la penna, e versa nel calamaio i suoi colori, e troppo spesso la rabbia:
- comunque sia favellerò, per quanto possa, imparziale. - Varii sono i sistemi
immaginati intorno alle origini della Società; ma o tu vogli credere (ed è
questa la più dannata ipotesi) che un violento avendo legato per forza o per
inganno i suoi simili abbia detto loro: io non vi sciorrò se prima non
promettete servirmi; o si reputi più dirittamente, che gli uomini convenendo in
sociale consorzio abbiano pattuito cedere tanta parte di naturale libertà
quanta era necessaria al vivere civile: fatto sta, che torna nell'uomo
irrevocabile il desiderio di rivendicare la sua alienata libertà, o perchè la Società gliel'abbia
sottratta tutta, o perchè, come sembra più consentaneo al vero, gliene abbia
tolta troppa. Carissima è poi la libertà nella estimazione di coloro che la
dispensano, e di quelli che la ricevono, conciossiachè i primi sogliono
concederla o per cuore magnanimo, o per molta paura, e i secondi l'accolgono
con allegrezza, che talora è delirio. Invano la libertà viene duramente
respinta, perseguitata, e sepolta; essa vive anche nei sepolcri, e, quando
vengono i tempi, rompe la lapide, e torna a chiedere la sua giustizia. Lord
Brougham l'ha paragonata alla Sibilla di Tarquinio, la quale quante volte era
ributtata, altrettante tornava offrendo numero di libri più scarso, prezzo
maggiore. La libertà gira perpetuamente pel mondo: poserà ella mai? Questo non
so: solo io conosco, che dove ella non trovi la compagnia della religione, dei
costumi onesti, del temperato vivere, e della concordia fraterna, passa senza
fermarsi, o breve soggiorna. La libertà poi non arriva come ladro notturno, ma
invia davanti a sè nunzii precursori a prepararle la stanza per potersi
presentare pacata col saluto su i labbri: la pace sia con voi; ma la
gente che l'odia, invece di accogliere i nunzii festosamente, mostra loro il
viso dell'arme, li perseguita come liberali, - più tardi come demagoghi,
- più tardi ancora come rossi, e gli uccide, o gl'imprigiona. Intanto la
libertà sopraggiunge, e non trovando albergo apparecchiato ad ospitarla, si
ferma dove si trova, e prende più che non bisogna, donde poi nascono disordini,
e perturbamenti grandissimi attribuiti alla sua presenza, mentre da un lato
hassene ad incolpare la incauta trascuraggine dei suoi avversarii, e dall'altro
le giunterie dei trecconi e degli zingani, che in difetto dei
veri e buoni rappresentanti della libertà, cacciati in prigione, ne usurpano il
titolo di gestori di negozii. Giuseppe II e Leopoldo I, imperatori (ai tempi
che corrono lasciati mordere poco meno che per eretici), furono prudenti
reggitori dei popoli, e gli avrebbero condotti, a prova di arte, a lido amico
di libertà duratura, se la
Francia non era. Sia detto senza ira come senza disprezzo, la Libertà di questa
nobilissima nazione, che si vanta battistrada dei Popoli, troppo spesso
porta in mano una torcia che incendia, invece di fiaccola che illumini il
cammino; precipitando negli orrori del 93, spaventò Principi, sbigottì Popoli;
sè stessa spossò nei delirii di sangue, e rifinita cadde fra le braccia di
Napoleone che la uccise con uno amplesso da soldato. Napoleone barattò alla
Francia la sua libertà in tanta moneta falsa di gloria bugiarda; però, che egli
imprendesse la perpetua guerra in benefizio della umanità, poco è da credersi;
la monarchia universale di Carlo Magno, di Carlo V, e di Filippo II, nella
vasta mente mulinava, o piuttosto il sospetto che i Francesi quietando, la
libertà smarrita cominciassero a desiderare. Intanto i Popoli, distinguendo a
prova i vizii degli uomini dalla bontà della dottrina, tornarono ad amare i
benefizii della onesta libertà, e ad infastidire il superbo giogo del soldato
imperiale. I Principi vennero fomentando con sommo studio siffatti umori dei
Popoli, e gli adoperarono come leva potentissima a sovvertire la buonapartiana
onnipotenza; nè la tirannide di Napoleone, nè la libertà dei Popoli essi
amavano; però la prima allora maggiormente temevano. Sortito il fine
desiderato, le promesse fatte ricusarono mantenere. Di qui, e unicamente di
qui, la lotta talora violenta, più spesso di parola, eterna di desiderio, fra
governanti e governati. I Governi si logorarono nella contesa, e l'aborrita
pianta stancava le braccia a tagliare piuttosto che ella si stancasse a mettere
fronde; e sradicarsi non si poteva, nè si può. La passione, compagna
infallibile di principii perseguitati, sorgeva a fare più veemente il
cordoglio. Da per tutto alla fine straripò torrente, che mena in volta sassi e
fango; rovina dei luoghi coltivali.
Nè il ciclo infelice di
questo avvicendarsi di successi sembra completo fin qui, mercè i consigli di
una gente improvvida, che non comprende, come la fede mancata assai più nuoccia
alla causa delle Monarchie, che le grida insensate pel socialismo. «Quando la
buona fede fosse bandita da tutta la terra, dovrebbe ricoverarsi nel cuore dei
Re,» il senno antico ammaestrò; la quale sentenza io non so bene se più
corrisponda co' precetti della morale, o con quelli della politica (seppure
questa distinzione può farsi), comecchè sappia, che con entrambi
necessariamente la lealtà si mantenga.
|