XI.
Di una proposizione
contenuta nel § IX del Decreto della Camera delle Accuse.
Il Decreto della Camera delle
Accuse, nel membro 5° del § IX, contiene questa proposizione: «La fazione....
si mostrò..... più ardita nei suoi piani sovversivi e criminosi, incoraggiata
dal Programma ministeriale del dì 28, il quale preferiva al silenzio per
paura il trasmodamento per licenza.» Confrontisi la citazione del Decreto
col § del Programma: «Zelatori della libertà di stampa, noi non ismentiremo i
nostri principii mai. Fra i due mali, che essa trasmodi per licenza, o
taccia per paura, noi scerremo il primo, persuasi che le tristi parole, se
calunniose, non reggono, e fidenti ancora nella civiltà del Popolo toscano,
presso cui ogni maniera d'intemperanza è febbre effimera, non condizione
normale di vita.»
Così il Programma non
esprime sentenza generale, ma unicamente relativa alla stampa; tanto la
licenza, quanto il silenzio per paura, dichiara mali; confida che le
parole calunniose non reggano, e il Popolo sappia guarire di cotesta
infermità.
E sapete voi a che cosa
accennasse il Programma con coteste parole? Alle calunnie che i Giornali
avversi al Ministero si sbracciavano profferire contro di lui. E sapete voi che
cosa avessi in mente io quando dettava cotesto periodo? Le calunnie che emuli
ingenerosi (non conosceva ancora le giudiciali) non cessavano avventarmi; e mi
studiavo con l'altezza dell'animo richiamarli a un senso di pudore gentile. Le
mie vecchie e nuove ingiurie rimettevo, e non le altrui; però che in quel
momento mi corresse al pensiero Socrate santissimo, levato in piedi nel teatro
di Atene, vincere, con la virtù della mansuetudine, il perfido motteggiare di
Aristofane.
Invero, nelle precedenti
pagine ho narrato e provato come il libero spaccio della Patria,
giornale al Ministero infestissimo, io assicurassi138; ho rammentato come S. A. si compiacesse interporre
l'alto suo ufficio presso taluno, affinchè la febbre maligna del suo Giornale
alcun poco curasse. Il Conciliatore, il Nazionale e gli altri
tutti Giornali di Opposizione ministeriale non ebbero a lamentare offesa; anzi
qui, nella stamperia di questo carcere delle Murate, consenziente il Ministero,
rimborsate le semplici spese, imprimevasi, ostile a lui, un Giornale, e fu
lungamente sofferto, - perchè instituito a benefizio di Venezia. Credeva essere
magnanimo, e mi trovo ad avere commesso misfatto!.... Almeno così redarguisce
l'Accusa.
Però, stupendo a dirsi!
mentre l'Accusa ascrive a delitto il parlare di taluni Giornali, appunta come
colpa il tacere di tali altri; e pei cipressi dell'Arno durerà famoso il suono
delle flebili Elegie dell'Accusa per la figlia della sua predilezione, la Vespa,
propugnatrice generosa dell'ordine. - E di più osa: perchè, che cosa non
ardiscono le Accuse? Osa tuffare ambe le mani nei vituperii giornalistici,
nelle enormezze dell'odio invelenito, nelle bave dell'astio deluso, e
spruzzarmi addosso l'empio liquore come una benedizione di acido di vetriolo. -
Sta bene.
Ma donando le mie
ingiurie, nè donavo, nè potevo donare le altrui. L'adito dei Tribunali era
aperto a chiunque si sentiva leso: solo correva rischio, che gli dicessero: non
correre tempi propizii per siffatti negozii.
Donando le mie ingiurie,
non potevo con una frase di Programma dettare nuove leggi, le quali, impari
l'Accusa, nei Governi Rappresentativi si fanno col consenso dei tre Poteri
dello Stato.
Donando le mie ingiurie,
non intendevo, nè potevo intendere, che le Leggi vigenti non si eseguissero;
solo che non avrei proposto Leggi nuove repressive della stampa. La esecuzione
della Legge promulgata appartiene ai Magistrati, non ai Ministri. «In questo il
Magistrato non riceve forza dal Governo, ma al Governo la partecipa139.» Forse ordinai io ai Magistrati che lo ufficio
loro non esercitassero? Certo che no; anzi io, vedendo o credendo vedere
rilassatezza straordinaria, gli richiamai alla più esatta osservanza del dovere
loro; ma correvano allora tempi di sprone, e non bastava; come adesso
correrebbero tempi di freno, e chi sa se bastassero! Omnia tempus habent!
dice il Predicatore, e ce lo dimostra l'Accusa.
Pare egli ai miei
Giudici, che se lo parole del Programma fossero state pregnanti della
figliuolanza bruttissima immaginata da loro, la Corona, la quale
riposatamente lo considerò, di propria mano lo corresse, e mi fece l'onore di
meco discuterlo a parte a parte, arrendendomi io alle savie osservazioni di
quella; - pare, dico, ai miei Giudici, che la dignità del Principe avrebbe
lasciato inaugurare il suo Ministero con turpitudini siffatte?
La infedeltà delle
citazioni, il modo col quale vengono trasportate a cose diverse da quelle che
esse contemplano, le induzioni malevole che se ne deducono, non danno opinione
che nella presente procedura siasi voluto fin qui trovare la verità, ma un uomo
da sagrificare.
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