XX.
Forza.
L'Accusa confessa questa
forza; ma ammettendola facilissimamente a benefizio altrui, per me poi mostra
il viso dell'uomo di arme. L'antico Pirrone e San Tommaso, a petto suo, sono
credenzoni. Così anche in questa parte, nell'Accusa, si osserva da un lato
rilassatezza, dallo altro incredibile rigore; da una parte miscredenza,
dall'altra superstizione210. Nel volume degli Scritti
varii recai in volgare certo canto illirico211, il quale dice di un Bano di Croazia, che era
cieco da un occhio; e sordo da un orecchio; e con l'occhio cieco guardava le
miserie dei derelitti; con l'orecchio sordo intendeva il pianto dei disperati.
Ora non vi par egli, che l'Accusa legga con l'occhio cieco del Bano di Croazia
le carte che mi discolpano, e ascolti con l'orecchio sordo di quello le testimonianze
a me favorevoli? Altrove addussi ragioni di questa diversità manifesta: la
violenza patita dagli altri mi accusa; la violenza, non patita da me, mi
condanna; ma poichè io credo avere dimostrato abbastanza, che di cotesta forza
non fui provocatore nè complice, bisogna, per necessità, concedere che io sopra
gli altri fui esposto a subirne l'azione.
Il Decreto del 10 giugno
1850, da capo in fondo, è pieno di questa prova di forza che domanda da me;
così nello Attesochè 3° racconta: «che sul finire del 1848 sorse una
fazione» (io ho provato che vi era anche innanzi) «cospirante contro la Monarchia, eccitatrice
di plebe a incomposti disordini, recalcitrante alle Leggi, sprezzante di ogni
autorità, forte d'improntitudini e di audacia per il pervertimento dei Circoli
e lo imperversare della stampa:» - nello Attesochè 8°, in conferma della
opinione emessa, rammenta i Forti occupati di Portoferraio; gli Ufficiali
prigioni; il plauso feroce allo assassinio del Rossi; le violenze elettorali,
ai giornalisti, al domicilio dell'Arcivescovo; la stampa repubblicana: - nello Attesochè
9° con parole, che invano c'ingegneremmo trovare più truci, infama «cotesto
sconvolgimento, come quello che elevava il furore a virtù, la
moderazione a delitto, segni certissimi di prossima rovina per la parte dei
faziosi della Monarchia e dello Statuto, i quali aspettavano la opportunità, e
la ebbero nello allontanamento del Granduca da Siena:» - nello Attesochè
11° parla dello assembramento all'Arcivescovado, che commise violenze deplorate
dai buoni, dai pessimi giornali celebrate: - nel 12° rammenta lo Indirizzo
minaccioso mandato alle Camere, affinchè, per via del suffragio universale, si
eleggessero sollecitamente i Deputati alla Costituente italiana, onde pel 5
febbraio potessero assistere alla prima seduta di Roma. - -nel 16° e 17°
dichiara Siena turbata pel cruccio e per lo arti della Demagogia, che si
augurava prossimo il rovesciamento del Principato; la rivoluzione imminente per
colpa della stampa, senza limite licenziosa, e del concorso dei Circoli
diventati, nel pervertimento, fratelli; l'anarchia provocata in Siena, la città
sconvolta dopo l'arrivo di Montanelli, Marmocchi e Niccolini: - nel 18°
afferma, per violenza, avere il Principe abbandonata Siena; per violenza
le Camere avere eletto il Governo Provvisorio: - nel 21° espone: «l'audacia di
pochi tristi prevalsa sopra la moltitudine illusa, sconfortata, indifferente, i
quali, vituperato in ogni maniera l'augusto Principe, proclamarono la sua
decadenza dal Trono, e il Governo Provvisorio:» - nel 25° certifica il
Presidente Vanni tornato a presiedere l'Assemblea per concepito timore di
guerra civile e di sangue: - nell'84° racconta dei faziosi esigenti a forza lo
abbassamento delle armi: - nel 32° palesa «come i Circoli, coadiuvati dalle
furiose declamazioni della stampa, si dierono a presentare petizioni per la
cacciata dello stesso Principe toscano:» - nell'88° nota gli sforzi per
instituire la Repubblica
e inalzare l'albero della Libertà il 18 febbraio, e le pubbliche ardentissime
arringhe di rovesciare tutte le monarchie italiane: - nel 94° ci fa conoscere
che una fazione, fuori del Governo, proseguente un fine suo proprio, esercitava
solertissima sorveglianza: - nel 104° insegna quali e quanti fossero gli sforzi
a spingere i Popoli alla Repubblica in provincia, non meno gagliardi di quelli
che si facevano in Firenze, e gli eccitamenti della stampa per armare il
Popolo a sostenere la rivoluzione, la Repubblica, e a cacciare il Principe da Santo
Stefano: - finalmente nello Attesochè 32° dichiara la sorpresa, le
violenze adoperate, e le furiose declamazioni della stampa, capaci a imporre il
Potere alla Toscana.
Accorda col Decreto del
10 giugno del 1850 il secondo Decreto del 7 gennaio 1851 ai § 5, 7, 8, 10. L'Atto di Accusa del 29
gennaio 1851, ampliando il quadro nei § 4 e 5, dalla rivoluzione siciliana
precedente, e dalla milanese susseguente lo Statuto, dalla Repubblica
proclamata in Francia, dalla guerra lombarda, dai suoi infortunii ricava
argomento, ed è vero, per mostrarci una maniera di gente, mal paga delle
riforme costituzionali, aspirare alla Repubblica, e scuotere profondamente
nelle viscere la Italia.
E l'Accusa poteva
aggiungere la rivoluzione di Vienna, la ungherese, la badese, le zuffe sanguinosissime
di Berlino, tutta la Germania
avvolta in giro dal turbine rivoluzionario; - la prossima Roma: proximus
ardet Ucalegon.... Europa tutta in fiamme!
L'Accusa poi, dando
saggio delle opere di questa fazione, rammenta le declamazioni per le piazze e
pei Circoli, e la licenza della stampa; - rammenta l'ardire del nizzardo
Trucchi di decretare, nel 30 luglio, sotto Palazzo Vecchio, la decadenza
della Monarchia, lo scioglimento delle Camere, e la istallazione di un Governo
Provvisorio, di cui chiamava a far parte Guerrazzi e Pigli (ma non rammenta che
con noi erano indicati Gino Capponi, Neri Corsini, e Giuseppe Giusti212; e molto meno rammenta che, lasciato stare
liberissimamente dai Ministri precedenti, fu, da me assunto al Potere, e per quel
fatto, esiliato di Toscana il signor Trucchi); non tace dello incendio
della carrozza del Generale Statella; e i fatti livornesi del 25 agosto, e la orribile
sventura del 2 settembre.
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