APPENDICE.
A
VII. Tumulti quando
incominciassero. - Pag.
37.
«Il Consiglio, - non obliando la
miserabile condizione nella quale, per effetto dei mutamenti politici, era
caduta la Toscana, - deliberava unanime questa dichiarazione di fiducia,
formulandola così: «Siamo grati agli espedienti che il Governo si affrettò
di adottare.» - Non era anche venuta l'ora dell'ingratitudine!»
Con quali intenzioni il
signor Guerrazzi salisse al Ministero, e perdurasse in quello, si ricava dalle seguenti
lettere, di cui le prime due dirette al cavaliere Niccolò Puccini; la terza ad
egregia Donna lucchese, che il Prefetto di Lucca prima di rimettere fece
copiare, e in copia conservò; l'ultima confidenziale al prelodato signor
Prefetto.
«Amico.
Tu molte cose hai
indovinato: altre no. La troppa acutezza sfonda il foglio. Io quando scherzo
ragiono come te; ma in questo mi sento superiore a te: che credo in più e
migliori cose, come, a modo di esempio, nella capacità del Popolo a diventare
superiore a quelli che lo hanno superato. Mi raccomandi giustizia; io ti
assicuro che il tuo amico mostrerà sempre giustizia e generosità. Scusami la
brevità. Tu se' discreto, e pensa che non istò in prigione per avere tempo di
scrivere a lungo. Addio.
Firenze, 27 ottobre
1848.
Affez.mo
F.-D. Guerrazzi.
Al Cittadino Niccolò
Puccini. - Pistoia.»
«Amico
Carissimo.
Sai tu? le lettere mie
saranno brevi, in istile di XII Tavole. - Per ora fo bene? Tu gridi: bravo
Cecco! - Perchè dai di occhio ai tuoi poderi; e finchè faccio gli affari
vostri, io vo d'incanto. Sta benone. Il Ministero canaglia non parti che
ritenga del gentiluomo più che non credevano? Lasciamo gli scherzi, frutto
fuori di stagione. Io vado innanzi secondo la mia coscienza, che, comunque
inasprita, fu sempre onesta e buona. Se io non potrò dire come Pericle
sul termine della vita, cioè: non avere mai offeso nessuno; spero potrò
affermare non averlo offeso senza giustizia. E sta sano, mandandomi democratici
deputati, - se più tardi non li volete avere escamisados.
Firenze, 16 novembre
1848.
Affez.mo
F.-d. Guerrazzi.
All'Ill.mo
signore C. Niccolò Puccini.»
«Signora.
Tre cose voleva Del Re,
e le ha ottenute:
Si mutasse in parte lo
Stato maggiore della Civica. - Io lo aveva già mutato tutto, ponendone a capo Lelio
Guinigi con moltissimi rispettabili e amati cittadini.
Si comprimessero le
Fazioni. - Io comprimerò qualunque Partito inesorabilmente, - Bigionisti e
Riformisti, e lo vedrà.
Si procurasse il bene di
Lucca. - Lucca è carissima nostra sorella, e non abbiamo mai confusi i buoni
Lucchesi con i pochi faziosi, Bigionisti, che fanno chiasso e lo perchè
non sanno; Riformisti, che si agitano per avere impieghi che non avranno
mai. - Pace, concordia e giustizia internamente, gloria italiana fuori. - Credo
la Deputazione sia rimasta contenta: forse qualche individuo della medesima no:
che ne pensate voi?
Firenze, 3 del 49.
Aff.mo
A.° Guerrazzi.»
«Signor
Prefetto di Lucca.
A. C.
Desidero vedervi presto:
venite più presto che potete; superata la prima prova, il Ministero ha speranza
di salvare anche quelli che l'odiano. Non sono quello che fui; non dirò
che morì gran parte di me; ma se posso, voglio costringere i nemici, se non
ad amarmi, ch'è impossibil cosa, almeno a rendermi giustizia. Addio.
10 gennaio 1849.
Guerrazzi.»
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