Cap.
II.
I PRIMI PASSI
SINDACALI DI GIULIETTI
Nacque a Rimini nel
1879 da poveri ed umili genitori analfabeti, ma intelligenti. Nulla
di straordinario nella sua fanciullezza, uguale a quella degli altri.
Ebbe per istinto il senso della giustizia che lo ha sempre spinto ad
insorgere contro le prepotenze e le sopraffazioni.
Frequentò
l'Istituto Nautico di Rimini. Durante le vacanze scolastiche andò
in mare sui trabaccoli, facendo il mozzo, ma a bordo di queste barche
paesane la vita aveva un ritmo familiare tra gente dello stesso
paese.
Terminati gli studi
nautici, s'imbarcò sui bastimenti a vela per navigazioni a
lungo corso. Su queste navi la vita era assai dura. Fece prima il
«giovanotto» e poi il marinaio.
A vent'anni fu
chiamato alle armi in marina per servizio di leva. Aveva già
più di quattro anni di navigazione a vela, e quasi tutta a
«malafeura»3. Terminato il servizio militare
prese imbarco sui piroscafi della Società di Navigazione
«Ligure Brasiliana».
A trent'anni, dopo
d'avere percorso i gradi di terzo, secondo e primo Ufficiale, stava
per assumere il comando di un Transatlantico da passeggieri, ma in
quel momento la «Ligure Brasiliana» venne venduta
all'armatore Emanuele Parodi, che propose a Giulietti di passare su
di un vapore da carico come primo Ufficiale. Ritenendosi diminuito
preferì sbarcare (febbraio 1909).
Parecchi colleghi lo
invitarono, nell'attesa ch'egli s'imbarcasse, di interessarsi della
riorganizzazione della Gente di Mare. Fu così che Giulietti un
giorno si recò – nel marzo del 1909 – alla Camera
del Lavoro di Genova, in Vico Casana.
La Storia dei primi
passi della Federazione dei Lavoratori del mare non ha bisogno di
molte parole.
Il primo nucleo di
marinai, che s'organizzò nel 1901 come lega di resistenza, si
componeva di personale di macchina, fuochisti e carbonai, seguìto
da quello di coperta e da quello di camera: le tre categorie riunite
si dettero il nome di Federazione dei Lavoratori del Mare.
Essendo la presente
opera un esame obiettivo dell'attuale Federazione, non intendiamo
addentrarci nello studio retrospettivo dei princìpi, della
fede e degli uomini che di quella Federazione nel 1901 furono i
dirigenti.
La storia relativa
l'ha scritta proprio Giulietti; vada dunque il lettore, se ne ha
voglia, a leggere quelle pagine tempestose (vedi libri Rosso, Verde e
Nero della Federazione).
Giulietti andò
alla Camera del Lavoro perchè là vi erano ancora i
resti della disfatta sindacale marinara del 1907. Oltre a questi
resti (poche sedie, un armadio e dei libri su cui pesava una specie
di sequestro a causa di un debito non pagato), Giulietti trovò
qualche vecchio organizzatore alle prese con la fame e con
l'avvilimento. Non riuscendo quegli organizzatori a rimettere in
piedi la Federazione dopo oltre due anni dalla battaglia perduta,
Giulietti, per scrupolo di coscienza, sentì il bisogno di
provarsi a dare vita ad una nuova Federazione. Non doveva chiedere
permesso a nessun dirigente, essendovi una completa «tabula
rasa».
Chiese invece il
permesso al capo della Camera del Lavoro a convocare in assemblea i
marittimi. Ottenutolo, li invitò alla adunata recandosi prima
personalmente a bordo per comunicare l'invito. La prima riunione
riuscì importantissima e investì Giulietti di ampi
poteri per riorganizzare la classe. Forte di questo mandato,
Giulietti si mise all'opera, secondo un piano da lui ideato, sul
fac-simile del servizio di bordo. Non aveva mai fatto
l'organizzatore, e non voleva farlo. Anche adesso respinge la
qualifica di organizzatore di mestiere. Non ammette di essere pagato
a mese. Non vuole esserlo. Intende avere quanto gli fa bisogno;
lavora con tutte le sue forze e dice che lavora senza fatica, perchè
quello che fa, lo fa con passione e secondo il suo desiderio.
Organizzò
dunque il primo nucleo, la categoria dei fuochisti e dei carbonai con
un sistema nuovo, basato sulla correttezza, sull'ordine e sulla
disciplina, specialmente nel piano amministrativo. Vi era l'abitudine
in certi ambienti Sindacali di farsi pagare poco e poi di infilare
illecitamente le mani nella cassa. Appena si constatò che
Giulietti procedeva alacremente e che i marittimi lo seguivano, certi
sconfitti organizzatori ritornarono nel campo sindacale marinaro.
Giulietti non li respinse, anzi, li aiutò, li incoraggiò,
ammonendoli però di rigare diritto.
In breve scoppiarono
incidenti tra lui e costoro perchè la volpe perde il pelo e
non il vizio, e loro cominciarono a fare di nuovo quello che avevano
fatto prima. Allora Giulietti con pieno consenso dei marittimi li
mise uno per uno alla porta e sottopose alla volontà dei soci
un nuovo tipo di statuto per impedire ulteriori malefatte.
Si gridò da
più parti che Giulietti era un dittatore. Chiacchere di
ambienti interessati! I marittimi, constatato che le loro faccende
sindacali s'incamminavano bene, riconfermarono, mediante numerose e
continue assemblee, la fiducia e la solidarietà al loro
Segretario, che nel frattempo era riuscito a riunire in una unica
Federazione tutti i marittimi con la formula: «Tutti uniti
dal Comandante al Mozzo». Formula basata sul massimo
rispetto tra gli elementi di ogni grado e di tutte le categorie.
Il lavoro di
Giulietti per costruire e fare funzionare una Federazione di questo
genere, unica al mondo, è stato veramente importante. Egli lo
ha potuto compiere unicamente per la fede da cui è animato,
fede scaturente dalla dura vita vissuta nelle lunghe navigazioni di
bastimenti a vela, fede derivante dalla cognizione esatta della
travagliata vita del marinaio, dalle ingiustizie della vita di bordo.
Ogni nave allora era
quasi una galera. A bordo regnavano la discordia, il timore, l'odio,
la camorra sui viveri. Erano tutti schiavi e si combattevano a
vicenda, ma per tutti il comune dolore, per tutti il comune
servaggio.
Giulietti,
conoscendo bene questa situazione, si gettò a capo fitto
contro tutte le resistenze ostacolanti la unione fra tutti i
marittimi. Bandì la crociata della indipendenza da tutti i
partiti politici, proibì in modo assoluto che dentro la
Federazione si lavorasse per conto di questo o di quel partito, e
mise alla porta i trasgressori la cui opera si trasformava in un
aiuto indiretto agli armatori, tutti desiderosi di impedire o di
colpire la unità sindacale fra i marittimi.
A qualche socialista
di partito che gli osservò che questo suo procedere era del
semplice «categorismo» ristretto ed unilaterale,
Giulietti rispose:
«Voi fate del
socialismo a chiacchere e perciò fantastico ed inconcludente,
mentre io faccio del socialismo con dei fatti, cioè lo
realizzo. Non disturbatemi, altrimenti mi costringerete di mettervi
la prua addosso.
Voi avete il dovere,
in nome del vero socialismo, di aiutarmi. Se non lo fate, siete dei
ciechi, o degli invidiosi, o degli ignoranti, o degli esseri in
malafede. Osservate quello che faccio e che farò, e, se le
cose andranno bene, siate giudiziosi e accompagnatemi con la vostra
fraterna approvazione».
E i fatti non
tardarono a venir fuori e ad imporsi all'attenzione di tutti.
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