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Giulio Tanini
Storia della federazione italiana lavoratori del Mare

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  • Cap. IV   AGITAZIONE PER LA FUSIONE DELLE CASSE INVALIDI
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Cap. IV

 

AGITAZIONE PER LA FUSIONE

DELLE CASSE INVALIDI

 

 

Esistevano sei istituti regionali per le pensioni ai marittimi. Erano sei istituti uno più povero dell'altro.

Occorreva innanzi tutto fonderli in uno solo per poi finanziarlo a dovere. Le pensioni che erogavano questi istituti erano ultra misere. Nessuna seria riforma era possibile se prima non si effettuava la loro fusione. Da decine d'anni la classe marittima la reclamava ma non vi riusciva, ostandovi camarille locali interessate a tenere questi istituti divisi.

Congressi marittimi e manifestazioni, memoriali, interventi di personalità assai autorevoli, a nulla valsero.

Il Governo era impotente perchè le deputazioni regionali gli facevano credere che i marittimi erano contrari alla fusione. Allora Giulietti pensò di ricorrere ad uno sciopero generale dimostrativo, non contro gli armatori, ma contro le combriccole locali che si opponevano alla fusione delle Casse Invalidi, uno sciopero generale che dimostrasse al Governo la vera volontà della Gente di Mare di qualsiasi regione.

Ma, prima di ricorrere ad una agitazione di così largo raggio, bisognava prepararla, bisognava illuminare l'opinione pubblica, per invogliare il Governo ad essere comprensivo.

A tale scopo la Federazione dei marittimi provocò la convocazione di un Congresso Nazionale a Genova a Palazzo San Giorgio tra tutti coloro che avevano a cuore la soluzione di questo problema. Il Congresso si svolse il 21 aprile 1912. In quell'occasione Giulietti pronunciò un discorso che ritengo necessario riportare perchè servì di apertura al grandioso sciopero generale dei marittimi. Eccone il testo integrale affinchè resti bene stabilito che il merito della fusione e riforma della Cassa Invalidi della Marina Mercantile è stato della Federazione Italiana dei Lavoratori del Mare:

 

 

DISCORSO DI GIULIETTI

 

«Nell'accingermi a parlare a sì imponente Assemblea l'animo mio, profondamente commosso, volge il pensiero ai compagni di lavoro, occupati sulle tolde, nelle stive, fra i macchinari dei navigli ormeggiati in lontani porti, o solcanti per vie diverse mari ed oceani.

«A questi eroi della diuturna fatica, del volontario e doloroso esilio, certo di fare cosa grata a quanti mi ascoltano, in nome di questo solenne Congresso vibrante di sentimento e di luminosa speranza, mando un caldo, fraterno saluto.

«La questione delle Casse Invalidi, per chi la studia fin dalla sua origine, si presenta divisa in tre periodi distinti, che chiamerò di preparazione, di formazione, di esecuzione.

«Genova, colla Società dei Capitani Liguri, si mise alla testa d'una prima agitazione.

«Federazione di mestiere e leghe di resistenza non esistevano ancora; tutto il movimento a favore delle Casse Invalidi era sostenuto da Associazioni, aventi per base la mutualità e funzionanti ben divise e distinte le une dalle altre.

«I Sodalizi Marinari del meridione non rispondevano.

 

 

LE PRIME AGITAZIONI

 

«Ai precursori fecero eco, a lungo andare, le voci amiche dei sodalizi marinari delle principali città dell'Adriatico e del Tirreno.

«L'invio di lettere e circolari, ai direttori delle Casse Invalidi di Palermo e di Napoli, viene ripetuto, e dalle obbligate risposte si ha una prima idea delle gravi difficoltà, che dovranno in seguito ostacolare l'istituzione di una Cassa Pensione unica per i marinai italiani.

«Dopo il 1898, l'anno della reazione e della rivoluzione per le nuove libertà acquistate dalla democrazia, le organizzazioni proletarie poterono costituirsi e si ebbero le prime Leghe Marinare in Genova.

«Il periodo della nostra preparazione entra in una fase nuova. Non è più la Società di Mutuo Soccorso, che invita le consorelle ad unirsi, a favore d'una migliore pensione per il vecchio navigante, in un reclamo a base di suppliche e di preghiere al Ministero della Marina, ma è la lega di mestiere, che colla propaganda di principii arditi consiglia, incita, trascina ogni navigante a trasformarsi da servo in ribelle.

«È una propaganda di idealità, violenta e poetica, piena di forza e di amore, che accompagna il navigante anche nei suoi lunghi e faticosi viaggi. E sarà forza per tutto ciò che arreca male e dolore a e agli altri, e sarà amore per tutti quelli che soffrono.

 

 

I PRIMI CONGRESSI

 

«Alle Leghe Marinare di Genova s'aggiunsero quelle di Livorno, Viareggio, Napoli, Palermo, Trapani, Brindisi, Bari, Venezia. Nel 1902 si ha un primo Congresso a Genova e si forma la Federazione dei Lavoratori del Mare di bassa forza.

«Nel 1904 ha luogo un secondo Congresso a Napoli al quale partecipano il «Circolo degli Ufficiali della N. G. I.» ed altri sodalizi di Mutuo Soccorso, e si costituisce la Confederazione della Gente di Mare.

«Questo organismo confederale, per la mancanza di disciplina interna, alle prime lotte con il capitalismo marittimo si sfascia.

«Rimane in piedi la Federazione degli equipaggi, ma anche questa per vizio interno, non essendo organizzata con sistema armonico, nello sciopero del 1906 incontra gloriosa fine.

«Fino a quell'anno il proletariato marittimo, benchè occupato nelle lotte per migliorare le sue condizioni di lavoro, reclamò fortemente, anche radicali provvedimenti per la garanzia della sua vecchiaia. Il reclamo venne ripetutamente portato alla Camera dei Deputati. Il Governo, dopo averlo respinto a varie riprese, ritenne opportuno di prenderlo in considerazione deferendone l'esame alla Commissione Reale che aveva costituito per la riforma del Codice per la Marina Mercantile.

«Il parere della Commissione assecondò il desiderio della Organizzazione, ma proprio nell'epoca in cui questa poteva trasformare in arma poderosa il giudizio dell'autorevole consenso marinaro, il disgraziato sciopero, che vi ho già ricordato, la colpiva a morte.

 

 

DURANTE GLI ANNI 1907 - 1908 - 1909

 

«Gli interessati a mantenere le Casse Invalidi povere e divise, fin dal primo avanzarsi delle Leghe Marinare incominciarono ad organizzare una disonesta resistenza.

«Sepolti alle loro prime mosse sotto l'indignazione dei Congressi Marinari, tenuti apposta nelle due principali città marittime del meridionale; colpiti in pieno dall'autorevole responso della Commissione Reale, si rincantucciarono nell'ombra, in attesa di giorni migliori per l'applicazione dei loro disegni.

 

«Il 1906 fu per questi signori l'anno della riscossa.

 

«Sul campo deserto, insanguinato, per la patita sconfitta della organizzazione marinara, impiantarono la bandiera della autonomia, cara ai loro cuori di mercanti e fornitori di voti e seggi parlamentari.

«Padroni dell'esito di elezioni amministrative e politiche in paesi, ove l'espressione del voto è schiava del denaro e del coltello, i signori autonomisti, i grandi impiegati delle Casse Invalidi di Napoli e Palermo, chiamati a raccolta i loro eletti-consiglieri comunali e provinciali, Deputati e Ministriposero il dilemma: o si combatte la fusione della Cassa Invalidi, o si perde la carica.

«E l'ambizione, che è cieca perchè non fa scorgere le vittime travolte dal suo incedere fatale, schierò contro le sante ispirazioni della marineria italiana perfino degli autorevoli illustri parlamentari. Secondo costoro, bisogna cancellare, seppellire l'opera della Commissione Reale: occorreva stare all'erta per soffocare sin dalle prime mosse qualunque tentativo di riorganizzazione del proletariato marittimo.

«E per circa tre anni i nostri oppositori riuscirono nel loro intento.

«Durante gli anni 1907 e 1908 e parte del 1909 riportarono vittoria su tutta la linea. La loro propaganda, libera da ogni resistenza, sorprese la buona fede anche del più prezioso e fedele amico del lavoratore meridionale, intendo dire dell'on. De Felice Giuffrida. I loro argomenti, infarciti di volgari e studiate inesattezze, erano a tutta prima impressionanti per chi non era al corrente della dibattuta questione.

«Poichèdicevano – le Casse Invalidi del mezzogiorno sono le più ricche, la loro fusione con quelle settentrionali, ci darà una Cassa unica, che dovrà distribuire delle pensioni inferiori a quelle che già distribuiscono le Casse di Napoli e Palermo.

«A prescindere dalla considerazione che la pretesa ricchezza delle Casse Invalidi Meridionali è provvisoria, perchè dovuta agli scarsi impegni, che ancora per poco tempo quelle Casse hanno verso i loro iscritti, sta il fatto che l'Organizzazione della Gente di Mare, in armonia colla Commissione Reale per la riforma del Codice Marittimo, reclamò e tuttora reclama la fusione a condizione che la Cassa Unica distribuisca dalle pensioni, che siano almeno il doppio di quelle oggi distribuite dalla Cassa Invalidi più ricca.

«Ma poichè non esiste maggior sordo di chi non vuole sentire, e negli anni 1907 e 1908 il sordo ad ogni costo volle essere il Governo – forse perchè troppo impressionato dalla baldanza degli autonomisti meravigliosamente organizzati anche dentro il parlamentovecchi e provati amici dei Lavoratori del Mare, visto che non esisteva organizzazione marinara e l'invocata riforma correva pericolo di naufragare, nel maggio del 1909 chiamarono a raccolta in Genova, in questo locale, i sodalizi marinari sparsi per le nostre riviere, e nel nobile intento di liberare il Governo dalla sordità procuratagli dal malanno... autonomista, costituirono un comitato nazionale per il miglioramento e la fusione delle Casse Invalidi.

 

 

L'OPERA DEL COMITATO

 

«L'avvocato Mario Murtula vi ha magnificamente illustrato l'opera del comitato. Essa fu davvero importante nel suo tentativo pacifista. Non ottenne la fusione, ma arrestò la autonomia. Mise in maggiore evidenza la malafede degli avversari, le loro manovre, i loro interessi, le loro forze, i loro uomini e mostrò fin dove quelle e questi possono esercitare la loro influenza.

«Lavoro questo, che ha fatto venire a galla tutto l'odio delle anime nere che vivono sulle condizioni di separazione delle attuali casse; che ha messo al nudo una serie di mali elettorali, parlamentari, regionalistici tendenti a trasformare quella delle Casse Invaldi in una questione politica, mentre è e non può essere che una questione economica.

«Il Comitato Nazionale, dopo di avere con la sua opera battuto inutilmente per molto tempo le vie della legalità per indurre il Governo a dare pratico corso al giudizio della Commissione Reale e a calmare in tal modo le ansie di tanti poveri vecchi invalidi marini, stanchi, sfiduciati di pazientare nell'attesa della promessa riforma che doveva tranquillizzare le loro travagliate esistenze, per mezzo del suo presidente vi ha dimostrato e dichiarato in questo congresso, che la barriera politica regionale, artificiosamente innalzata contro la fusione e per conseguenza contro il reale miglioramento delle Casse Invalidi, non può essere abbattuta che coll'intervento diretto, pacifico, o violento, del proletariato marittimo organizzato.

«Il Comitato Nazionale, v'ha detto che è giunta l'ora, in cui bisogna far intendere a chi di dovere, che la promessa riforma e fusione delle Casse Invalidi, se non verrà per amore, verrà per forza, e perciò esso intende che la Federazione dei Lavoratori del Mare lo sostituisca nel nuovo atteggiamento, che i marini d'Italia devono assumere di fronte agli autonomisti e al Governo.

 

 

FORMAZIONE

 

«Mentre il Comitato Nazionale svolgeva la sua coraggiosa opera, l'organizzazione marinara, dopo quasi tre anni dalla mortale sconfitta del 1906 incominciava a risorgere. La riorganizzazione ebbe inizio verso la metà del 1909, ma solo nei primi del 1910 potè manifestare qualche segno di vita.

«Essa presentò delle difficoltà non lievi; riunire le file dei disillusi fu davvero un'opera aspra e laboriosa. l'ora, il convegno acconsentono un'illustrazione, sia pure sommaria, del lavoro fatto per dare una migliore vita alla rinnovata Federazione dei Lavoratori del Mare. Dirò soltanto che essa oggi esiste, e poichè poggia su basi ben diverse dalle antiche, in quanto il sistema armonico che la regola e governa impedisce ai mali divisionisti del regionalismo e del categorismo di farsi strada dentro le sue file, affermo che essa ha una forza capace di condurre in breve tempo ed a buon fine il miglioramento e la fusione delle Casse Invalidi.

«Tale forza non poteva essere fornita dalla autorità, dalla intelligenza dei singoli, e nemmeno dall'opera, sia pure concorde e tenace, d'una piccola accolta di volenterosi.

«Doveva essere necessariamente il frutto dell'unione di tutti gli interessati, resa possibile dalle comuni aspirazioni, cementata dal nobile sentimento della solidarietà.

«Il nascere, il migliorarsi, l'affermarsi di questa unione, insieme alle altre conquiste di classe ottenute nel 1911, fornisce ai Lavoratori del Mare il mezzo con cui potranno conseguire la desiderata fusione, e sostituisce al periodo di formazione, quello di agitazione, cioè quello che io ritengo il più importante, perchè senza l'intervento di una vera e propria forza, scaturente dalla unione disciplinata di tutto il popolo marinaro, la riforma delle Casse Invalidi continuerà a restare schiacciata sotto il piede ferrato del regionalismo parlamentare.

 

 

DAL COMANDANTE AL MOZZO.

 

«Gli avversari della fusione, da gente che la sa ben lunga, fiutarono subito il mal tempo. Poco dopo la metà del 1910 organizzarono una infernale campagna contro la Federazione Marinara che era riuscita proprio allora ad unire, sotto le sue bandiere, lo stato maggiore e la bassa forza navigante.

«Il loro sistema d'attacco non fu lo scritto, la pubblica verbale protesta. Come rettili fecero strisciare dei loro amici dentro le file liberali e fraterne della Federazione. Misero la loro dignità a contatto con la polvere per fingersi umili; ma nei loro occhi si leggeva l'influenza della vipera, e si restò in guardia.

«Non tardò molto che tentarono di mordere, ma si ebbero le teste schiacciate dal piede della organizzazione. (Applausi).

«Ma non si dettero per vinti. Contro la formula «Dal Comandante al Mozzo», che è il nostro grido di battaglia, il simbolo della nostra unione, il principio fraterno che offre una idea del nostro programma e della nostra fede, che è l'avvertimento ai superiori e agli inferiori, componenti l'equipaggio di una nave, che da un istante all'altro il mare, con uno dei suoi colpi imprevisti, li può inghiottire in una tomba comune e perciò devono amarsi, rispettarsi e vicendevolmente assistersi; contro questa formula che in quattro parole vi grida le sofferenze e le speranze della intera marineria italiana, che vuol navigare ma vivere, che vuol compiere ovunque e sempre tutto il suo dovere, ma che non permetterà più a nessuno la minima offesa al suo diritto, gli avversari della fusione, che sono poi una cosa sola con i nemici della organizzazione, hanno avuto la sfrontatezza d'insorgere anche con mezzi di eccezionale volgarità.

«Hanno finto di non comprendere che «Dal Comandante al Mozzo» significa soltanto tutti i Lavoratori dal Mare uniti così nel pericolo e nel dovere come nella speranza e nella lotta, così nella disciplina, nel compimento del proprio lavoro, come nella proclamazione alta e serena dei comuni diritti, ed hanno insinuato che questo avvicinamento dello stato maggiore alla bassa forza avrebbe finito col sopprimere la disciplina di bordo e col rendere impossibile il governo di una nave.

«Non basta: essi hanno osato perfino di diffamare l'organizzazione unitaria, vellicando i sentimenti malsani d'una pretesa dignità di grado, che non è affatto menomata dal nostro modo d'intendere l'unità. Contro quei pochi indegni, che, o per ambizione di carriera, o per un pugno di argento, non hanno esitato a tradire i loro compagni, l'organizzazione ha compiuto la sua opera di difesa, bollandoli a fuoco sopra i giornali della classe.

 

 

EPURAZIONE INTERNA.

 

«Ai colleghi, che in veste amica minavano la base della organizzazione, s'aggiunse l'incoscienza pericolosa e per poco fatale del professionista socialistoide, avido di servirsi dell'Associazione degli Ufficiali come base elettorale per la sua candidatura.

«Questo messere, per l'avvenuta inscrizione della Associazione Ufficiali alla Federazione dei Lavoratori del Mareinscrizione voluta da tutti gli Ufficiali soci in vista del mal governo, che aveva rovinato la loro Associazione nel periodo, in cui non era unita agli equipaggicapì che i suoi desideri per la deputazione non sarebbero stati mai soddisfatti, perchè la Federazione non avrebbe mai permesso a lui – che aveva dato prova di tanta incapacità nel dirigere l'Associazione – di rappresentarla e di difenderla alla Camera. Epperò, venendo a mancargli lo scopo, per cui fino allora aveva occupato la carica più importante nella Associazione, si unì al gruppo delle persone, che lavoravano a tutto spiano, per impedire che lo stato maggiore e la bassa forza formassero, per mezzo della Federazione dei Lavoratori del Mare, una sola organizzazione.

«Appena l'antipatico proposito fu palese, si procedè ad una messa alla porta, per mezzo di referendum fra i soci, di questa persona, che, pur essendo rispettabilissima nel campo politicoormai ingombro in tutte le sue gradazioni di tipi consimili – si prestava inconsciamente, o per cieca ambizione, o per mancanza di praticità organizzativa, al frazionamento delle forze marinare.

 

 

LA FEDERAZIONE DEI LAVORATORI DEL MARE

 

«Trionfando d'ogni ostacolo opposto da gente in buona o in malafede alla sua formazione, alla sua ragion d'essere, la Federazione dei Lavoratori del Mare, in questa memoranda riunione si presenta a voi, marittimi italiani, con le civili, armoniose, rilevanti conquiste del 1911, con le sei sezioni federali di Genova, Venezia, Napoli, Palermo, Trapani e Catania, funzionanti sopra uno stesso piano amministrativo e per tutti i gradi, per tutte le categorie, nella ferma fede, nella certa speranza di fare del bene ai compagni nostri, alle loro famiglie, alle nostre famiglie, alla marina mercantile intera, alla patria italiana e a quella degli altri fratelli lavoratori (Applausi).

«Attorno alle sei Sezioni, che formano il gruppo della forza attiva, e che comprendono tutti quelli che navigano, s'è formato il gruppo della forza ausiliaria, composto dalle Società di Mutuo Soccorso, dalle Cooperative o Leghe di Pescatori e dalle Leghe autonome di marittimi di carattere locale.

«L'uno e l'altro gruppo formano la vostra Federazione, rappresentante tutti gli inscritti marittimi della nazione.

«Cosicchè è divenuta realtà l'utopia, contro la quale fino a poco tempo addietro, anche alcuni amici irridevano, i maligni sghignazzavano d'invidia, i politicanti criticavano verdi di rabbia; e per la quale solo voi, o Lavoratori del Mare, aveste fiducia perchè la riteneste buona, necessaria, indispensabile, e mi seguiste e con me la voleste e la formaste (Applausi).

«Dalle riviere soleggiate e profumate del Golfo di Napoli, appena l'unione fu abbozzata, proprio quando maggiormente era combattuta, partì la eco fraterna dell'incoraggiamento.

«Il sacerdote Gaetano Lampo, il coraggioso apostolo dei Lavoratori del Mare di Meta, il rivoluzionario religioso, che per avere messo alla gogna i traditori del proletariato marittimo venne trascinato in tribunale, fu tra i primi a comprendere che l'aver riunito, con vincolo quasi indissolubile, in una sola organizzazione i marinai d'Italia, significava la conquista certa di tutto ciò che da anni e anni essi reclamavano, e cioè: miglioramento e fusione delle Casse Invalidi, miglioramento delle condizioni di lavoro e della legge sugli infortuni, nuovo Codice per la Marina Mercantile.

«Questa unione, anche nella lotta più accanita, nei tranelli che male e spesso le saranno tesi come per il passato da nemici e da falsi amici, guarderà in faccia agli avversari con il coraggio che disprezza la morte e colla bontà; mai coll'odio, siccome è convinta che chi fa del male è un infelice e chi fa del bene nulla può temere dalla malvagità altrui.

«Questa unione, che io amo e curo come il mio sangue e la mia carne, che è la mia vita, perchè sento e penso che di tutti voi e delle vostre famiglie è la sola, possibile, unica difesa, sarà da me sostenuta, anche a prezzo della mia esistenza, colla fede dei miei ideali, coll'affetto delle cose più care (Applausi).

 

 

GLI ON.LI BETTOLO E DE FELICE GIUFFRIDA

 

«Coll'affermarsi dell'organizzazione, l'idea della riforma, basata sulla unificazione della Cassa Invalidi, fece molta strada, e la schiera dei suoi difensori s'arricchì di parlamentari autorevoli non solo per dottrina e valore politico, ma anche per i collegi che rappresentano e per l'indiscussa competenza che hanno.

«Dei nuovi amici ne citerò solo due: l'On. De Felice Giuffrida e l'On. Giovanni Bettolo. Per mezzo delle loro adesioni, quegli, come rappresentante della Sicilia proletaria, dimostra che i deputati siciliani, contrari alla fusione, sono, o ignoranti, o in malafede; questi, come il più autorevole deputato marinaio che conti il nostro parlamento, persuade anche quelli che non conoscono a fondo la nostra agitazione; che quanto domandiamo è pratico, giusto e non può essere rifiutato.

«L'abile e forte propaganda autonomista, e la mancanza di ogni organizzazione marinara, avevano spinto, negli anni addietro, i nostri due amici ad accontentarsi del meno peggio; di un miglioramento cioè da apportarsi a tutte le Casse Invalidi, lasciandole divise; miglioramento, secondo loro, egualmente apprezzabile, perchè non ostacolato dagli autonomisti.

«Ma quando la Federazione dei Lavoratori del Mare dimostrò che era pronta a combattere, con esito sicuro, la resistenza autonomista, gli onorevoli Bettolo e De Felice Giuffrida, da quei pratici nocchieri che sono della livida palude di Montecitorio, non esitarono un istante a sostenere con impeto giovanile il programma della nostra organizzazione.

«Non dimentichiamo, o lavoratori, che nel Consiglio dei Ministri gli autonomisti hanno tuttora la loro brava rappresentanza in S. E. l'On. Finocchiaro Aprile. Molto probabilmente dobbiamo a questo signore la deliberazione, presa in quel Consiglio, di prorogare fino a tutto dicembre del 1913 la data di presentazione alla Camera del progetto sulla riforma e fusione delle Casse Invalidi.

«Se la Federazione, come ricorderete, non fosse insorta in tempo, il progetto sulla riforma delle Casse Invalidi sarebbe morto insieme alla presente legislatura, e non sarebbe risorto se non quando fosse piaciuto alla nuova Camera.

«Come vedete, le forze degli avversari sono ancora rilevanti; per vincerle non bastano più i memoriali, i comizi; occorre l'azione, e questa deve essere fissata, deliberata da questo Congresso, che segna l'inizio del periodo d'esecuzione.

 

 

ESECUZIONE

DIMOSTRAZIONE DAVANTI A MONTECITORIO

 

«La nostra azione, a parer mio, dev'esser duplice: «contro gli autonomisti per liberare il Governo dalle loro pressioni; contro il Governo, se, dopo che l'avremo liberato, ritardasse a presentare il progetto che aspettiamo, o lo presentasse contro la fusione, o per una fusione non soddisfacente.

«Contro gli autonomisti, la Federazione dei Lavoratori del Mare, prima del marzo 1913, prima cioè dell'epoca fissata per la presentazione alla Camera del progetto sulla riforma e fusione delle Casse Invalidi, dovrà fare in Roma, davanti a Montecitorio, una manifestazione con naviganti napoletani, calabresi, siciliani per riaffermare il desiderio concorde, nella questione delle Casse Invalidi, di tutti i marinai d'Italia, e per protestare, in maniera inconfutabile, contro quei pochi, ma pure influentissimi Deputati meridionali, che, arrogandosi il diritto di parlare in nome e nello interesse dei marinai meridionalibenchè da questi ripetutamente sconfessatisostengono l'autonomia delle Casse, pur sapendo che, operando in tal guisa, se soddisfano i loro capi elettori, colpiscono i più vitali interessi della marineria italiana.

 

 

SCIOPERO GENERALE PERIODICO

 

«Se dopo questa manifestazione, il Governo, liberato dai suoi influenzatori, volesse ancora temporeggiare e rinviare a più lunga scadenza il pagamento del debito che il Paese ha da troppi anni verso la classe marinara, la Federazione nostra ricorrerà necessariamente alla sola arma di difesa, che ancora potrà far valere, contro chi si vuole ostinare ad opporsi alle giuste rivendicazioni dei suoi iscritti: scoppierà allora lo sciopero generale periodico di tutti gli equipaggi, avente per mira la crisi del Ministero che avrà le redini del potere e che certamente dovrà lasciare perchè chi fa del male a migliaia e migliaia di bambini, di vecchi e di orfani, deve essere inesorabilmente travolto dal male stesso che compie (Vivi applausi).

«I lavoratori del mare, che sono presenti a questo Congresso, dalla più alta personalità di bordo all'ultimo mozzo, dai nostri più recenti amici a quelli che hanno dato la parte migliore della loro vita per formare e consolidare l'organizzazione, sanno che nessuno potrà tacciarli d'impulsività e di violenza per i mezzi estremi, a cui la Federazione si ritiene eventualmente autorizzata di ricorrere.

E ciò è risaputo altresì da quanti conoscono la bontà che anima tutto il popolo marinaro d'Italia e specialmente dell'Italia meridionale: da quanti sanno che i lavoratori del mare non sono egoisti e antepongono sempre gli interessi generali del Paese ai loro interessi di classe; da quanti hanno avuto occasione d'ammirare, anche recentemente il gesto magnifico degli equipaggi d'una intera Compagnia di Navigazione, che hanno preferito combattere ad armi impari contro i loro padroni pur di non mettere in imbarazzo il Governo, in un momento in cui è necessaria la concordia e la pace di tutti gli Italiani.

«Chi dubita della bontà dell'anima marinara, dubita della stessa anima italiana, di cui i marinai sono l'elemento migliore, specialmente gl'intelligenti, generosi, entusiasti marinai meridionali, che rispecchiano in la bellezza delle loro terre benedette dal sole.

 

 

 

COSA VOGLIAMO.

 

«Io ho dovuto, appunto in questi giorni, per ragioni di ufficio, e di formazione, compiere un giro per la Sicilia, ed ho avuto una volta di più la conferma della bontà e generosità di quel popolo.

«O Sicilia meravigliosa, terra poetica d'incantevole bellezza, riviera di luce, baciata da mare limpido, costeggiata, rinserrata da monti, che ti danno un'espressione di forza attraente e selvaggia insieme, fa un fascio di tutti i tuoi figli e sollevali contro coloro che tentano corromperne le migliori energie!

«O terra dei tre mari, unisci la tua voce a quelle dell'incantevole golfo partenopeo, della forte riviera ligure, dell'attraente laguna veneta, dell'audace Ancona, dell'impetuosa Livorno! Esse ripetono con eguale accento l'inascoltato reclamo dei naviganti italiani: «Vogliamo la vita trascorrere, per tutti i mari, per la grandezza e prosperità della Patria; ma vogliamo, se il mare ci rapisce, assicurata la vita pei nostri figli, le nostre spose, le nostre madri: vogliamo il pane assicurato per la nostra vecchiaia e invalidità, se il mare ci risparmia (Applausi vivissimi).

 

 

L'ESTREMA DIFESA DEGLI AVVERSARI.

 

«All'ultim'ora gli autonomisti, non potendo più dare ad intendere, per l'opera attiva delle nostre sezioni meridionali, che la fusione da noi voluta era la spogliazione delle Casse di Napoli e di Palermo, scrivono un opuscolo (Relazione per il riordinamento della Cassa Invalidi per la Marina Mercantile), nel quale finalmente ci fanno dire quello che abbiamo sempre detto, e cioè: che la Cassa unica dovrebbe dare almeno il doppio della pensione che oggi la Cassa migliore.

«A questa condizionescrivono nella loro citata difesa – anche noi saremmo per la fusione; ma poichè questo vostro programma (rivolgendosi a noi) è un'utopia, troppi essendo i milioni necessari per effettuarlo, noi, sostenendo l'autonomia, migliorata da possibili provvedimenti presi a favore d'ogni singola Cassa, meglio di voi tuteliamo gl'interessi della gente di mare, che scientemente ingannate con mirabolanti promesse.

«A parte l'ingiuria, alla quale non è necessario rispondere, documentando da stessa la volgarità e la mala educazione dei nostri contraddittori, le nostre mirabolanti, irrealizzabili promesse a cosa tendono?

«A dare al vecchio o invalido navigante il doppio delle pensioni che distribuiscono le Casse Invalidi più ricche.

«A quanto ascende oggi questa pensione?

«A 50 centesimi al giorno per il marinaio.

«A un franco al giorno per il capitano o macchinista.

«Volere che le pensioni siano almeno il doppio di queste cifre, è un'utopia? Costituisce un aggravio tale da impoverire le casse dello Stato? Forma un problema insolubile, solo per i marinai, nel vasto campo della previdenza operaia?

«Ma ad un uomo, che ha logorato la vita pei mari e pei bordi, che ha sofferto, pianto, spasimato fra le privazioni, le bufere e i pericoli, le nostalgie e i ricordi, volete o no dare almeno il più stretto fabbisogno, perchè non mendichi il pane nei freddi giorni della vecchiaia?

«E ci venite a dire che anche per una simile irrisoria pensione non ci saranno mai i quattrini?

«Ah! Qui l'ingiuria vi dovrebbe tagliare la faccia con la violenza della frusta, per poi gettarvi nell'onda ormai voluminosa dei fratelli caduti in Libia e sotto il peso dei milioni spesi in quella impresa fatale! (Applausi)

«Lavoratori, il nostro programma non è un'utopia, come utopia non era la nostra unione!

«Con la certezza che il vostro desiderio sarà presto soddisfatto, che il vostro voto sarà presto esaudito, in nome vostro saluto con riconoscenza il Presidente del Consorzio, il Senatore Paolo Emilio Bensa, – sincero, immutato amico della Gente di Mare – l'Ufficio di Presidenza di questo Congresso, i Deputati, le Autorità, le Associazioni, i Giornalisti che ci manifestarono il loro interessamento e gli amici, rappresentanti le società Marinare, che qui sono convenuti dai porti d'Italia per rendere più bella, imponente, solenne, questa nostra marinara nazionale agitazione. (Unanimi e vivissimi applausi)».

Questo è stato il discorso pronunciato da Giulietti in quel Congresso veramente storico.

 

 

L'ADESIONE DELLA CAMERA DI COMMERCIO

DI GENOVA

 

La Camera di Commercio di Genova, aderì votando, nella sua seduta del 19 aprile 1912, il seguente ordine del giorno:

«La Camera di Commercio di Genova, richiamando gl'impegni assunti dal Governo per l'unificazione e la sistemazione delle Casse Invalidi della Marina Mercantile;

«convinta della urgente necessità di assicurare alla Gente di Mare una vecchiaia tranquilla, degno compenso di una vita di periglioso lavoro, fa voto perchè le proposte formulate in merito dai Deputati liguri vengano sollecitamente tradotte in Legge;

«delibera di associarsi al movimento iniziato, inteso a questo scopo, e di partecipare ufficialmente alla Assemblea indetta dalla Organizzazione dei Lavoratori del Mare, allo scopo di sollecitare la soluzione del problema delle Casse Invalidi».

 

 

L'ADESIONE DELLA CONFEDERAZIONE

GENERALE DEL LAVORO

 

Il Consiglio Nazionale della Confederazione Generale del Lavoro aderì con il seguente ordine del giorno:

«Il Consiglio Nazionale della Confederazione del Lavoro protesta contro la mancata riforma e fusione degli Istituti di Previdenza riguardanti la Gente di Mare, da oltre un ventennio inutilmente reclamata;

protesta contro il Governo passato e presente, colpevole di avere voluto rimandare di anno in anno, dall'una all'altra Legislatura, la presentazione al Parlamento del progetto sulla riformabasata sull'unificazione – delle attuali Casse Invalidi, che continuano ad accordare al vecchio marinaio 40 centesimi al giorno, purchè abbia trent'anni di navigazione effettiva e non meno di sessant'anni di età;

protesta contro quei Deputati che, malgrado siano stati ripetutamente sconfessati e diffidati dai lavoratori del mare meridionali, pretesero e pretendono in Parlamento e fuori di erigersi a loro difensori, sostenendo con falsi argomenti l'autonomia delle Casse Invalidi, pur sapendo che questa, appunto perchè corrisponde agli interessi degli impiegati alle Casse ed al mantenimento di una forte base locale elettorale, impedisce la costituzione di quella Cassa Pensioni Unica, tanto propugnata dalla Federazione dei Lavoratori del Mare, perchè è la sola che potrà funzionare – attraverso una serie di possibili miglioramentisecondo i bisogni e le aspettative degli invalidi e vecchi naviganti».

 

 

ORDINE DEL GIORNO

Votato all'unanimità dal Congresso

 

I caposaldi di quella memorabile adunata, formulati nell'ordine del giorno che venne votato alla unanimità dal Congresso, furono questi:

«I Lavoratori del Mare, riuniti a Congresso a Genova, il 21 aprile 1912, nel Salone delle Compere, in Palazzo San Giorgio, presenti i rappresentanti di tutti i sodalizi dell'Italia marinara;

«UDITA la relazione del «Comitato Nazionale per la Riforma e fusione delle Casse Invalidi» e quella dei rappresentanti la Federazione Nazionale Lavoratori del Mare;

«CONSTATATO che la riforma e fusione delle Casse Invalidi e Fondo Veneto, previo il pareggiamento dei rispettivi capitali, in confronto ai rispettivi impegni, sono unanimemente richieste dalle genti marinare dell'Italia tutta, contrastandovi solo pochi privati interessi;

«CONSTATATO come, malgrado le buone intenzioni manifestate dall'attuale Governo, la data di presentazione alla Camera del progetto sulla riforma e fusione delle Casse Invalidi, specialmente in conseguenza della noncuranza dei passati Ministeri, abbia continue ed annuali proroghe;

«CONSTATATO come, di fronte a possibili, ulteriori esitanze del Governo, alla soluzione del problema, che così grandemente interessa l'avvenire della gente di mare, si renda necessario l'intervento diretto e immediato del proletariato marittimo organizzato, per finalmente decidere il Governo ad attuare la tanto promessa riforma;

«CONSTATATO come la unione di tutti i naviganti di ogni categoria, grado e regione, sia oggi un fatto compiuto, mediante l'adesione di tutti i marinaiStato Maggiore e Bassa Forza – alla «Federazione dei Lavoratori del Mare»;

«MENTRE PLAUDONO all'opera di sapiente preparazione svolta dal «Comitato Nazionale per la riforma e fusione delle Casse Invalidi» eletto dal Congresso Marinaro, che ebbe luogo in Genova il 18 aprile 1909;

«AUTORIZZANO la loro Federazione a sostituirsi al Comitato Nazionale medesimo per rispondere anche con lo sciopero generale ad una ulteriore proroga della data di presentazione del progetto citato;

«E DELIBERANO, dando mandato ai dirigenti della loro Federazione, che sia fatto intanto, in data opportuna, una dimostrazione di marinai meridionali davanti a Montecitorio, per protestare contro quei Deputati meridionali che, arrogandosi di parlare a nome della Gente di Mare, nonostante le sue ripetute diffide, sostengono l'autonomia delle Casse Invalidi, pur sapendo che, operando in tal guisa, vengono a colpire gli interessi più sacri di quel popolo marinaro che pretendono di rappresentare».




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