Capo
VII
LA RETTIFICA DE
«IL LAVORO» DI GENOVA
Appena uscito dal
carcere, Giulietti mise le cose a posto sui giornali nei confronti di
coloro che le avevano svisate. Lo stesso giornale «Il Lavoro»
di Genova, che aveva divulgata una cronaca assai alterata degli
avvenimenti, di fronte alla scarcerazione di Giulietti, dovette
rettificare. Stralciamo da una sua nota del 28 agosto 1913:
«Ora, a
mente calma, e sentite tutte le campane il pubblico potrà
cominciare a formarsi un concetto adeguato degli avvenimenti».
La montatura, ormai
sgonfiata, era stata talmente architettata, che il Governo aveva
inviato nel Porto di Genova una parte della flotta con navi corazzate
spiananti i cannoni nella direzione della sede della Federazione
Marinara, modestissimo locale di piazza San Marcellino, luogo di
riunione di questi lavoratori.
Dal giornale
«Avanti» stralciamo:
«Quello che
è avvenuto nella sede della Università Popolare, è
ormai passato in seconda linea di fronte all'atto di inaudita
violenza commesso dalla Polizia con l'arresto di Giulietti. Si poteva
forse comprendere un arresto al momento del tafferuglio, ma questo
non è avvenuto. E invece che avvenne? Dopo poco, quando tutto
era finito, certi pretesi sovversivi si presentano a denunciare alle
Autorità il Capitano Giulietti, e la Questura, solo in seguito
a questa denuncia procede all'arresto. Ma allora, perchè un
uomo sia tradotto in carcere basta che un denunciatore qualsiasi si
presenti al Questore a denunciare cose immaginarie? Noi abbiamo letto
anche in giornali tutt'altro che sovversivi il vivissimo biasimo
all'autorità genovese per questo arresto; ma vedrete che, per
rispetto al principio d'autorità, si vorrà persistere
nell'errore.
«Quando poi
a quei sovversivissimi che non hanno esitato a rendersi ridicoli
denunciatori, abbiamo il piacere di conoscerli e di... disprezzarli a
qualsiasi partito essi appartengano. Quando, per soddisfare i propri
umori politici, non si ha nessuna ripugnanza di ricorrere alla
Polizia nell'esercizio delle sue funzioni, non si ha diritto di
chiamarsi socialisti, nè sindacalisti, ma semplicemente «
spie ».
IL MANIFESTO DELLA
FEDERAZIONE MENTRE GIULIETTI ERA IN CARCERE
In tale occasione la
Federazione dei Marittimi pubblicò il seguente manifesto:
«Lavoratori
del Mare,
«La
reazione borghese minaccia di colpire il capitano Giulietti; il
Segretario Responsabile della nostra Federazione, l'anima della
organizzazione marinara, il fratello maggiore di tutti i lavoratori
del mare, colui che al miglioramento della classe marittima ha
destinato la sua anima, tutta la sua fede di socialista,
l'infaticabile operosità, la vita.
«Egli ha
combattuto e combatte l'ardimentosa battaglia contro il capitalismo
marittimo. Egli vi ha donato in pochi anni, con la sua attività
paziente di organizzatore, uno strumento perfetto di battaglia e di
conquista, la vostra Federazione, che percorre la via della vittoria
di classe, con in pugno la fiaccola delle vostre sante
rivendicazioni, per voi, per il vostro avvenire, per la salute delle
vostre famiglie, per il pane dei vecchi, delle vedove, degli orfani
dei vostri scomparsi compagni.
«Invano i
suoi nemici naturali, che sono i vostri nemici, tentarono di colpirlo
durante la sua meravigliosa opera di redenzione del proletariato
marittimo.
«Tutte le
armi violente dovettero infrangersi inesorabilmente contro il suo
coraggio, la sua fede, la sua onestà.
Egli non poteva
essere raggiunto che dall'arma insidiosa della delazione e del
tradimento.
«Cittadini!
«Uomini,
che s'ammantano a Genova sotto false spoglie democratiche,
organizzarono, sabato sera 23 agosto u.s., un attentato alla più
forte organizzazione operaia italiana: la Federazione Marinara, che,
per essere audace come i marinai nell'oceano, ardimentosa come tutti
i navigatori, che ne formano la spina dorsale, generosa come quella
che ha donato ai lavoratori delle altre categorie, durante un suo
memorabile sciopero, ingenti aiuti, è orgoglio del
proletariato italiano e, al tempo stesso, oggetto della più
livida invidia da parte di ex organizzatori impotenti e di pavidi
politicanti.
«Un'ibrida
anonima coalizione d'interessati, amici della Questura, per mezzo di
manifesti, rossi dalla vergogna di doversi presentare al pubblico
come bastardi, senza intestazione o paternità, annunciò
che un certo rappresentante dei sindacalisti avrebbe parlato contro
il capitano Giulietti nella sua qualità di organizzatore dei
marinai e perciò contro i metodi che hanno condotto la gente
di mare, in questi ultimi anni, di vittoria in vittoria.
«La
conferenza di quel preteso sindacalista doveva essere la conclusione
d'una campagna di menzogne, che l'accennata coalizione va divulgando
da qualche mese contro l'organizzazione marinara.
«Contro
questa campagna, tendente a demolire quello che dei Lavoratori del
Mare è lo strumento prezioso della lotta quotidiana per la
loro redenzione di classe, la Federazione marinara non ebbe mai il
modo di reagire adeguatamente perchè impegnata in gravissime
agitazioni.
«Il
contraddittorio si presentò come un mezzo per cui i marinai
potessero finalmente conoscere ed ascoltare i nemici del loro
segretario e della loro Federazione.
Per questo,
migliaia di lavoratori intervennero al contraddittorio e si trovarono
di fronte a un centinaio di persone, racimolate dai promotori del
comizio nei bassifondi della vita cittadina e della riviera ligure.
«Di fronte
alla inaspettata grandiosa manifestazione di forza marinara gli
avversari fuggirono dopo avere insultato e provocato i marinai.
«Tale
provocazione diede luogo a qualche incidente, nel quale i colpevoli
ebbero un solo ferito guaribile in 10 giorni.
«Questo
ferimento sintetizza tutta la violenza che i marinai avrebbero
commesso e che da certi giornali venne descritta come una vera
battaglia.
«Gli
avversari affermano, per giustificare la spiata che fecero alla
questura, che i marinai erano quasi tutti armati di randelli, di
ferri e di pistole.
«È
falso! I marinai non avevano bisogno d'essere armati. Essi erano
oltre mille; i loro nemici appena cento, i marinai pieni di coraggio
e di fede, i loro detrattori pieni di paura e di viltà. Questi
infatti si recarono dal Questore per fare arrestare ed e imprigionare
il Capitano Giulietti.
«LAVORATORI
DEL MARE E CITTADINI!
«Gli
avversari dell'organizzazione marinara non poterono, meglio di così,
rivelare il loro odio implacabile contro colui che conduce la gente
di mare all'avanguardia del proletariato.
«Questi
avversari vorrebbero che Giulietti non potesse più muoversi,
che restasse molto tempo in carcere.
«Si cerca
di sopprimerlo per meglio colpire voi. Giunga a lui, in questo
momento, l'omaggio affettuoso di tutti i suoi compagni di lavoro, il
saluto riverente di quanti ancora professano il culto della verità,
della giustizia e della libertà.
FEDERAZIONE
ITALIANA
DEI
LAVORATORI DEL MARE
IL MANIFESTO PUBBLICATO A VENEZIA:
«Marinai!
una muta di mastini, uscita fuori dagli antri oscuri ove alberga ogni
negazione di sentimento umano e dove fiorisce sinistramente la
calunnia, la provocazione e il gesuitismo, inscena gesta di tempi
ormai passati e tenta ancora di azzannare la fiera compagine vostra
nella persona di chi seppe unirvi per la vostra redenzione!
«Aizzati e
sostenuti dai compari delle Compagnie Marittime, sfogano la libidine
di brame mal celate, di odi mal sopiti, e nel cieco furore si fanno
delatori nel nome di un Partito che essi oltraggiano e diffamano con
la ribalderia poliziesca che è diventata il loro maggiore
usbergo. E così che, connivente il Governo, il Capitano
Giulietti, che mai non seppe e non conobbe vigliaccheria, venne
arrestato a Genova.
«Perchè
Giulietti ha un torto, quello di avere saputo plasmare l'anima vostra
e operarne la redenzione dopo la memorabile disfatta della vostra
classe nel 1907.
«Perchè
lui seppe fare di voi una massa consapevole dei propri destini e
forte da diventare strumento terribile contro gli antichi e nuovi
avversari impotenti a disgregare le nostre forze.
«Perchè
lui, conoscitore profondo e squisito dei vostri dolori, ne fece una
bandiera che ormai sventola sicura e vittoriosa sugli spalti di una
organizzazione potente.
«Marinai!
«L'arresto
di Giulietti è un'offesa recata alla classe marinara, perchè
in lui si è voluto colpire la vostra gloriosa solidarietà,
la vostra fede invitta nelle feconde battaglie del lavoro. Alla
piccola e alla grande reazione, alla malvagità dei nuovi
farisei, alla caparbietà delle Compagnie, alle provocazioni
del Governo, rispondete con lo stringervi attorno all'organizzazione
con quello stesso slancio, con cui operate nella lotta che tuttora si
combatte per i vostri diritti; stringetevi con la forza rude, ma
sapiente delle vostre anime e date novella prova della vostra fede.
Questo vuole e grida Giulietti, perchè a voi egli ha dato la
parte migliore di se stesso e la infaticata opera i tutti i giorni.
«Così
ricacceremo nel covo i mastini famelici, e l'organizzazione marinara
segnerà una nuova vittoria sul libro d'oro delle proprie
rivendicazioni!
LAVORATORI
DEL MARE DI VENEZIA
FEDERAZIONE
ITALIANA
I PROCESSI E LE
ASSOLUZIONI
DEI COMPAGNI
ARRESTATI
La sera del 23
Agosto 1913, insieme a Giulietti, come dicemmo, erano stati arrestati
parecchi altri compagni marinai. Due giorni dopo uscirono, insieme al
nostro Segretario, quelli che non erano imputati di oltraggio alle
guardie, e cioè sei marinai.
I rimasti in
prigione erano i seguenti: Cossu Antonio, il moro Brahmin Maometto,
Castaldo Raimondo, Domenichini Roberto, Canciani Pasquale (detto Gesù
Cristo). Il negro, pieno di coraggio, era il portabandiera della
Federazione in tutte le dimostrazioni marinare. Canciani Pasquale,
adusto e ardente marinaio, tutto fede e disciplina, fu imputato di
violenze di lesioni in persona dell'agente Griafi. «Gesù
Cristo» ha dato da torcere filo assai alla polizia del dolce
Regno Italico, avendo già in sua gioventù sofferto sei
mesi di carcere per ribellione alla polizia, durante una
dimostrazione politica per l'arresto di Amilcare Cipriani.
Al processo furono
tutti difesi dal chiarissimo Prof. Alfredo Angiolini, il quale seppe
far vibrare, nell'impeto oratorio, perfino il cuore dei giudici, i
quali riconobbero la montatura diabolica dei nemici dei lavoratori
del mare, e mandarono assolti tutti fra gli evviva della moltitudine
dei marinai.
All'uscita dal
Tribunale, i liberati furono accolti da una vibrante manifestazione
di affetto da parte dei numerosi marittimi che avevano assistito al
processo!
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