Cap.
VIII
ALTRE IMBOSCATE PER
RITARDARE
O IMPEDIRE
L'AGITAZIONE DI VENEZIA
Fallite le imboscate
politiche, cioè i tentativi di impedire l'agitazione di
Venezia per mezzo di beghe di carattere elettorale, il vero
avversario di classe organizza altri ostacoli ricorrendo a tentativi
scissionistici e alla solita balorda diffamazione a base di notizie
fantastiche lanciate per mezzo di arnesi squalificati, espulsi dalla
Federazione marinara per avere adoperate illecitamente le unghie sui
fondi federali. Lo scopo che l'avversario vuole raggiungere è
sempre quello d'impedire lo svolgimento della lotta che Giulietti
intende fare a Venezia contro la Società dì Navigazione
sovvenzionata la «Italiana» per costituire col risultato,
che è certo di ottenere, un precedente formidabile per la
soluzione delle vertenze marinare di tutti i marittimi. La posta è
importante e perciò l'avversario, il capitalismo bancario
navale, continuerà a macchinare intrighi su intrighi.
Giulietti è
trasportato in questa lotta per impulso naturale. Vorrebbe sempre la
quiete, ma non riesce ad averla, perchè i marinai sono ancora
sotto l'ingiustizia e l'avversario non molla.
Avvicinandosi il
giorno della lotta sulla laguna veneta, gli avversari lavorano a
tutto spiano per facilitare la costituzione di una associazione
scissionistica fra gli ufficiali della marina mercantile. Per
raggiungere questo scopo, incoraggiano questo o quel tipo. Giulietti
non perde tempo e lancia ai marittimi un messaggio intitolato
«Raffica Rossa». Eccolo:
«Compagni!
«La vostra
Federazione, che vi unisce tutti in un sol fascio di forze –
dal comandante al mozzo, dal macchinista al carbonaio – sta per
scendere in lotta contro le nuove compagnie sovvenzionate. Il
memoriale, che presentammo nel luglio u.s., verrà esaminato e
discusso negli ultimi del corrente mese fra i vostri rappresentanti e
quelli delle compagnie. La discussione segnerà la vostra
vittoria se continuerete a mantenervi uniti, se riuscirete ad
impedire qualsiasi atto mirante a dividere, e quindi a diminuire le
vostre forze.
«Gli
armatori sanno che se riescono in questi momenti a indebolire la
vostra organizzazione, risparmieranno parecchi milioni. Essi sanno
che il valore della vostra forza sta nella unione dello stato
maggiore con la bassa forza navigante. Perciò è contro
tale unione, che oggi più che mai essi lavorano e «
combattono!
«Compagni!
«Un
capitano ha avuto il permesso di restare a terra, e, una volta a
terra, si è messo a racimolare delle reclute per costituire
una nuova associazione di ufficiali. Questo capitano si chiama
Zitelli.
«Ai tempi
del Circolo degli Ufficiali della Navigazione Generale Italiana
faceva il rivoluzionario. Venne sbarcato e licenziato; ma poi,
ripreso da un'altra Compagnia, in brevissimo tempo arrivò al
massimo grado della sua carriera.
«Oggi che
la Federazione fa sul serio, ed è una forza non
addomesticabile, nè facilmente distruggibile, oggi che la
Federazione dei Lavoratori del Mare funziona in modo da impedire
qualunque tentativo di tradimento tra le sue file, oggi che il
proletariato marittimo è già entrato in lotta con la
Compagnia di Navigazione sovvenzionata la «Italiana» e
perciò ha bisogno di tutte le forze federali per riuscire
vittorioso, perchè dall'esito di questa lotta dipendono le
sorti degli equipaggi di tutte le altre Compagnie; oggi, momento
delicato e decisivo pel divenire economico di tutta la Gente di Mare,
il Capitano Zitelli, benchè avvertito e messo al corrente
della situazione, innalza un bandierone giallo per dividere le forze
marinare. Costui si è finalmente rivelato; si è tolta
la maschera di sul viso e apertamente dichiara che gli armatori
vedono di buon occhio un'organizzazione di Ufficiali distaccata da
quella del basso personale.
«Il
Capitano Zitelli è alto, magro, ha la testa ottagonale, gli
occhi tagliati a biscia, toccandogli la mano sentite il bisogno di
pulirvela con il fazzoletto; è viscida e flaccida; vi dà
l'impressione del rettile e del cadavere.
(Vedi sonetto di
Tanini. Pag. 206 dell'opera «Exigua Ingentis»).
«Capitani e
macchinisti!
«Non
tradite i vostri modesti ma onesti generosi compagni del basso a
prua! Non distaccatevi dalla vostra gloriosa e benemerita
Associazione per entrare in un'altra che sorge sotto la tutela e
l'incoraggiamento del capitalismo marittimo!
«Chi, in
questo momento di lotta, contribuisce, direttamente o indirettamente,
a dividere le forze che costituiscono la vostra Federazione, rende un
prezioso servizio alle Compagnie di Navigazione, ai trust
siderurgici-navali, e colpisce alla schiena il proletariato
marittimo.
«Nessuno
tradisca!
«Ognuno
compia il suo dovere!».
Genova, settembre
1913.
IL
RETTILE
Eccolo
lì, studiatelo nel viso.
non
è sbagliata mica le misura!
non
per disceso giù dal paradiso?
è
un aborto feroce di Natura
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . .
Lungo,
strutto, sparuto, ha sempre un riso
falso
e bugiardo in su la bocca impura;
con
l'occhio a terra, mai ti guarda fiso;
è
il ritratto sputato d'impostura.
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . .
Se
volete conoscerlo nel fondo
senza
manco guardar la gialla faccia
e
sviscerargli il cuor, giù, del profondo,
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . .
(ma
badate è un rimover la limaccia
di
tutte le viltà di questo mondo);
toccategli
la mano: il cor vi diaccia.
Bastò questo
messaggio per stroncare ogni tentativo scissionista. Gli ufficiali
isolarono il traditore unendosi più di prima alla loro
Federazione.
Mentre si faceva
questa lotta tra la Federazione e le forze indirettamente maneggiate
dal capitalismo marittimo, proseguivano su altro piano le trattative
sindacali tra la «Italiana» e noi. Questa Compagnia
tirava a portare le cose in lungo; ma ormai la preparazione da parte
nostra era ultimata. Avevamo dovuto lottare per persuadere gli
equipaggi a non fermare tutte le navi in una volta. Il piano di
Giulietti fu questo: fermare progressivamente tutte le navi
dell'«Italiana» (quaranta) e far navigare tutte le altre.
Gli equipaggi, che non parteciperanno direttamente alla lotta,
verseranno una parte della loro paga e per ogni mese, per fare avere
la paga agli equipaggi che, partecipando direttamente alla lotta,
saranno probabilmente sbarcati.
Occorse un certo
tempo per preparare questo piano. Mentre la lotta si preparava, si
rovesciarono gli ostacoli innalzati sul nostro cammino dagli
armatori, da politicanti invidiosi e da criminali assoldati.
Arrivammo così alla fase decisiva.
Giulietti disse
all'«Italiana»: «O ci date tutto quello che la
Federazione domanda, o passiamo alla agitazione immediata.
Il Governo si
mantenne neutrale.
L'«Italiana»
rispose con un rifiuto. Incominciò la lotta, che fu magnifica,
caratterizzata da episodi di stupendo valore sindacale. Appena
iniziata l'agitazione, Giulietti lanciò il seguente manifesto:
«Marinai,
italiani!
«Questa,
che si combatte a Venezia dal personale navigante per il trionfo dei
diritti alla vita e per la rivendicazione del decoro di classe, non è
una semplice battaglia in cui le forze poste di fronte combattono ad
armi uguali e con pari lealtà. No! Questa meravigliosa e
gigantesca agitazione, che sconvolge l'attività di tutto un
versante italiano, è qualche cosa che esce dai limiti usuali
di un conflitto in cui l'uomo lavoratore si trova tra il capitale e
il lavoro schiacciato, annichilito, è un fatto storico di una
gravità eccezionale che fa appello, non solo alla compattezza
e all'onore di tutta l'Italia, ma anche alla situazione politica
della patria che desidera che i suoi marinari ottengano giustizia. I
marinai adorano la patria e vogliono che la Marina si sviluppi e che
i traffici procedano tranquilli e siano liberi e indipendenti da
qualsiasi soggezione straniera. I marinai stanno però male,
sono malamente trattati.
«Scendono
in lotta compatti per ottenere giustizia, e la otterranno!».
Genova, 16 ottobre
1913.
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