Cap.
X
LUNGA ED ASPRA
LOTTA PER GLI EQUIPAGGI
DELLE «CARRETTE»
dal Febbraio '14 al maggio
'15
I risultati,
conseguiti nella lunga battaglia per gli equipaggi della marina
sovvenzionata e della marina da passeggeri, erano stati veramente
notevoli.
Giulietti ha il
sistema di non dire mai che vince, perchè, secondo lui, i
lavoratori, finchè saranno dei salariati, saranno alle prese
con il bisogno; ma questa volta ottenne il cento per cento come nella
lotta contro la «Puglia».
Di fronte a questi
risultati la Federazione dei Marittimi diventò di una saldezza
incrollabile. I federati non videro più in Giulietti il loro
Segretario ed il loro rappresentante, ma il loro fratello, il loro
migliore amico. Giulietti frequentava ogni giorno a bordo delle navi
gli equipaggi. Si erano stabiliti vincoli naturalmente spontanei ed
affettuosi tra lui e la Gente di Mare. Il risultato delle belle
vittorie aveva sprofondato tutte le velleità avversarie. Un
accanito avversario politico esclamò: «Non c'è
più niente da fare; Gulietti ci sbaraglia tutti con le sue
strabilianti conquiste».
Restava da regolare
il settore più difficile, quello delle «Carrette»,
cioè delle navi da carico. I viaggi di queste navi non sono
disciplinati da speciali orari, da norme obbligatorie derivanti da
capitolati d'appalto. Un Armatore di una «Carretta» può
far partire la sua nave quando gli pare e piace, e, se i noli sono
bassi, disarmarla a piacimento gettando a terra alla fame
l'equipaggio.
Giulietti fece bene
ad attaccare prima la «Puglia», poi le Sovvenzionate, poi
le Compagnie con navi da passeggeri.
Preparò così
l'ambiente adatto per gli equipaggi delle navi da carico e, appena
pronto, attaccò. I noli erano bassi, ma lasciavano ancora un
certo margine. Poi scesero ancora. Gli Armatori ne approfittarono per
proclamare la serrata.
Giulietti lasciò
fare. Non poteva fare diversamente. Attese il rialzo dei noli. Aiutò
gli sbarcati, imbarcandone molti su navi non partecipanti alla
serrata. Intanto divampava un'accesa polemica fra i giornali
armatoriali e quelli di parte social-democratica. Giulietti tentò
di dividere gli Armatori. Non tutti erano irragionevoli. Riuscì
a fare qualche accordo separato.
Franamento armatoriale.
La Ditta «Peirce
Brothers» di Napoli, diretta da uomini intelligenti, comprese
che l'ostinarsi a respingere le nostre richieste, non le avrebbe
recato nessun vantaggio, e s'accordò. Il 14 aprile 1914 fu
stipulato il nuovo contratto di arruolamento e il nuovo regolamento
organico per tutto il personale di questa brava Ditta, che aumentò
le paghe del 20%, migliorò il vitto e dichiarò di
volere risolvere equamente tutte le vertenze sindacali.
Accettate dalla
«Peirce Brothers» queste condizioni, le altre Ditte
armatoriali cominciarono a tentennare. La «Veneziana»
tentò di far partire i suoi piroscafi «Barbarigo»
e «Loredano» con personale racimolato tra i crumiri, ma
non vi riuscì.
Contro la «Peirce
Brothers» protestarono le organizzazioni armatoriali. «Peirce»
respinse sdegnosamente gli attacchi, dicendosi lieto che l'incidente
dimostrasse in qual modo egli avesse sempre rispettato i suoi
equipaggi e come fosse sempre disposto ad accogliere le loro giuste
richieste senza essere fuorviato da preconcetti, e senza prestarsi a
servire da strumento ai rancori ed alle rappresaglie altrui.
È facile
immaginare come s'inviperì la classe armatoriale.
La «Gialla»
Avendo bisogno di
qualche diversivo, si slanciò dalle colonne dei suoi fogli
contro la Federazione Marinara, accusandola di fomentare
l'indisciplina sulle navi, tenendo negli stessi quadri sindacali
Ufficiali e Marinai.
Era un diversivo col
duplice scopo di attenuare la crepa sorta tra la compagine
armatoriale e di tentare la scissione delle Forze Marinare.
Poichè
Camogli, cittadina rivierasca vicina a Genova, è una vera
culla di ufficiali di marina, l'avversario tirò il colpo di
trascinarli con inganni molteplici e sottili in un'azione contro la
Unità Sindacale dei marittimi. Fiduciari particolari di questo
o di quell'Armatore lavorano a Camogli a tutta forza per indurre
quella Società di Ufficiali a rinforzare l'«Associazione
Gialla», a far causa comune per creare un Ente Nazionale fra
tutti gli Ufficiali della Marina Mercantile Italiana, completamente
separato dalla Federazione dei Lavoratori del Mare.
Lo scopo era chiaro:
fare prima l'Associazione separata degli Ufficiali per poi farla
agire contro la Federazione della Gente di Mare. Giulietti reagì
a dovere. Andò diverse volte a Camogli, si lavorò
l'ambiente, ed in breve mandò all'aria il tentativo
avversario.
Gli armatori offrono di vendere
a Giulietti le loro
navi, ma, presi in parola,
scappano.
La lotta contro gli
Armatori delle «Carrette» continuò senza posa. La
situazione era difficile per tutti. Non restava che battere il passo.
Ad un certo momento gli Armatori, credendo di mettere nell'imbarazzo
Giulietti, presero l'ardita determinazione di offrirgli in vendita le
loro navi.
La cosa poteva
sembrare incredibile, invece si è avverata! Tra gli Armatori
delle navi da carico vi erano uomini molto intraprendenti e
intelligenti: Menada, Emanuele Parodi, Viale, Gavarrone, Bozzo,
Corrado e tanti altri, uomini di coraggio, uomini che erano riusciti
a farsi una posizione aprendosi la strada tra grandi difficoltà,
uomini abituati a comandare e ad essere sempre obbediti.
Questi uomini, di
fronte alla crisi dei noli e di fronte alla battagliera
organizzazione sindacale dei marittimi, presero la determinazione di
offrire pubblicamente in vendita le loro navi a Giulietti, certissimi
di metterlo in disagio.
Ecco il documento
comparso sui giornali e su riviste dei primi di maggio del 1914:
«Il
Capitano Giulietti, che è un uomo pieno di audacia e di grandi
risorse, ha fatto balenare alle ciurme la speranza di una grande
Cooperativa marinara, magari per espropriazione, che dovrebbe essere
l'inizio di un'era di prosperità e di benessere per i
lavoratori. Orbene, il momento è favorevole per la
costituzione della grande Cooperativa. Gli armatori sono felicissimi
di disfarsi delle loro navi alle più modeste condizioni. Si
faccia dunque avanti il Capitano Giulietti con i denari o anche con
delle buone garanzie e l'affare sarà presto concluso.
Interpretiamo con questa proposta il desiderio della massa degli
armatori, i quali non cercano di meglio che liberarsi di un materiale
che è ormai per essi origine di amarezze quotidiane e di
passività».
Giulietti, senza
alcuna perplessità, prese in parola gli Armatori. Poichè
qualcuno obiettò che Giulietti non aveva i mezzi per
effettuare l'acquisto, egli rispose pubblicamente sui giornali:
«I 20.000
organizzati marittimi sono prontissimi ad acquistare un'azione di
1.000 lire ciascuna in 40 mesi, versando 25 lire al mese, somma
facile a pagarsi, perchè rappresenta ancora una parte degli
aumenti paga fatti avere ad ogni navigante dalla sua Federazione.
Dopo 40 mesi la Cooperativa disporrà di un capitale di
20.000.000. Intanto, l'organizzazione marinara possiede i fondi
necessari per fare i primi acquisti».
Gli Armatori si
guardarono in faccia esterrefatti, e dissero: «Vedete se
avevamo ragione, quando dicevamo che Giulietti voleva diventare
padrone della Marina Mercantile Italiana? Questo uomo è il
Corsaro Rosso del porto di Genova! Bisogna assolutamente
distruggerlo!». L'offerta era stata fatta da loro,
evidentemente per provocarci. Intanto, per sfuggire alla risposta di
Giulietti dissero che egli non doveva pubblicarla, e con questa scusa
ritirarono le proposte.
Per rimettere le
cose a posto, Giulietti così rispose sui giornali:
«La lettera
che stamane avete pubblicata sul «Caffaro» mi ha
sorpreso. Gli affari sono affari. Pubblicando la vostra lettera di
ieri l'altro, con la quale mi avete offerto dei vapori, ho fatto
l'interesse dei miei compagni naviganti.
«Ho
dimostrato che voi, armatori, dopo 60 e più giorni di serrata,
mentre avete sempre disdegnato di trattare con la Federazione dei
Lavoratori del Mare circa i miglioramenti d'accordarsi ai vostri
equipaggi, veniste poi nella determinazione di trattare direttamente
colla medesima per vendere le vostre navi. Come potevo non rendere di
pubblica ragione questo vostro documentato omaggio alla forza della
organizzazione marinara, la quale, da oltre due mesi, lotta contro la
vostra prepotenza, i vostri minacciosi propositi di boicottare gli
Ufficiali federati e di equipaggiare le vostre navi con personale
straniero e segnatamente cinese?
«Ho fatto
il mio affare così come voi credeste di fare il vostro
offrendomi per burla le vostre navi, e dico per burla perchè
appena vi accorgeste che io accettavo sul serio la vostra offerta,
prospettando in modo semplice e chiaro la facilità con cui
posso costituire quella Cooperativa Marinara che tanto vi spaventa,
vi affrettaste a scrivere sui giornali che non intendete più
trattare con me.
«Dunque,
battete in ritirata! Una ritirata, permettete che ve lo dica con
tutta franchezza, rumorosa e puerile. Rumorosa perchè è
la conseguenza del grido con cui bandiste ai quattro venti, credendo
di cogliermi in fallo, che eravate pronti a vendermi la vostra
flottiglia; puerile perchè il pretesto, col quale non volete
più continuare le trattative circa la vendita della vostra
proprietà navigante, non è serio.
«Dunque,
pel semplice fatto che ho reso di pubblica ragione la vostra offerta
ritirate la medesima? Ma a chi lo volete dare ad intendere?
«Ai gonzi!
Voi vi ritirate perchè avete avuto la prova che vi prendevo in
parola e perchè vi ho dimostrato che, se i marinai vogliono,
possono dare vita ad un organismo marinaro che sostituirà in
breve tempo, le vostre carcasse stravecchie, buone solo per essere
demolite e per screditare all'estero la potenzialità economica
della marina mercantile italiana.
«Prendendo
dunque atto della vostra offerta e fretta con la quale la ritirate,
non mi resta che ringraziarvi d'avermi detto che uso poco riguardo
alle consuetudini dei vostri commerci.
«Favorite
prendere nota dei miei cordiali saluti».
Genova, 21 maggio 1914
G. Giulietti
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